Pubblicata in forma ridotta sul “Secolo XIX” del 29 settembre 2010, ne proponiamo qui la versione completa.   

Giuliano Galletta

intervista a Emanuele Severino

Pochi giorni fa i fisici del Cern di Ginevra hanno annunciato i risultati di un eccezionale esperimento, realizzato all’interno dell’acceleratore di particelle più grande del mondo, in cui si è riprodotto l’effetto Big Bang, riuscendo a individuare una particella mai vista prima, il “plasma primordiale”, la materia originaria, nata una ventina di micro-secondi dopo che l’universo ha iniziato ad espandersi. Uno scenario affascinante le cui conseguenze scientifiche e tecnologiche sono ancora tutte da scoprire. Ma che riflessioni può stimolare un tale annuncio , amplificato dai media, a un filosofo come Emanuele Severino, 81 anni, che da sempre ha sottoposto la Scienza, in quanto tale, alla sottile critica di un pensiero radicalmente “altro” al senso comune? «In base alle informazioni che ho letto si tratta di una scoperta iscritta nella teoria del Big Bang - spiega Severino - che è una teoria che in qualche modo ripropone in ambito fisico la convinzione di fondo del nostro tempo e che cioè l’Universo scaturisca, sì, da un evento, che a sua volta però scaturisce dal niente. È la stessa convinzione sottesa al recente libro pubblicato dall’astrofisico Stephen Hawking».

In cui dice che Dio non è necessario alla creazione?

Lo scienziato, sulla base delle sue competenze fisiche, si spinge ad affermazioni di carattere totalmente  filosofico  che sono poi l’opinione comune del nostro tempo e cioè che l’Universo è creato dal nulla senza un creatore. Sono parole che in bocca a un fisico un po’ gridano vendetta, perché la fisica eredita, senza riflettere, il significato di queste parole dal pensiero filosofico che su queste parole riflette da 2.500 anni. Il concetto di Creazione non nasce infatti con il cristianesimo, ma ben prima. La scoperta di cui si parla adesso mi sembra un tassello di questa prospettiva globale dove, in buona sostanza, si pensa quello che pensava Nietzsche e cioè che Dio è morto. La fisica si appoggia con le spalle al muro della filosofia però non vede questo muro, guarda avanti, procede per la sua strada e ovviamente cambia il mondo.

Ma lei cosa pensa di questa opinione comune?

Se a pensare queste cose fossi io come individuo non varrebbe la pena di ascoltare l’individuo, anche se si chiamasse Aristotele. Sì, sono interessanti le opinioni degli uomini quando ci si pone sul piano dello scontro, dell’alleanza, è importante sapere che opinione ha l’avversario, il nemico o l’amico. Ma la grande avventura dell’uomo è stata quella di evocare un tipo di sapere che non dicesse “io penso che...”, ma che pensi un pensiero che è così, e così determinato. C’è un detto di Eraclito che invita a non dare ascolto a lui ma al Logos. In questa prospettiva posso rispondere che questo stato di cose, in cui è maturata la convinzione della contingenza di tutte le cose, maturata nel nostro tempo, ma che ha le sue radici all’origine stessa del pensiero filosofico, è la follia estrema.

Perché una follia?

Se andiamo per strada  e chiediamo a uomo, tu credi che le cose nascano e muoiano, lui risponderà di sì. Se gli chiediamo credi che Dio esista? Avremo risposte diverse, qualche volta dirà sì, molto più spesso no. Ma è fuori discussione che la realtà nasce e muore, noi diciamo – in Occidente ma ormai nel Pianeta - nasce dal nulla e finisce nel nulla. Sempre dando ascolto al Logos e non a me pensare questo significa pensare che le cose siano nulla, che non è soltanto una follia teorica, del pensiero m a anche l’origine di ogni orrore del mondo.

In che modo?

Ogni distruzione, ogni omicidio, ogni genocidio, ogni malvagità proviene, nel profondo,  dalla convinzione che ciò che ho davanti è nulla. Quindi oggi consideriamo come verità suprema, non solo ciò che è follia estrema ma anche la radice di ogni violenza. Questo coinvolge tutte quelle concezioni che sono solidali con questo atteggiamento.

 Incluso chi crede in un creatore?

 Secondo la teologia cristiana la creazione è un atto d’amore ma  anche il Dio amoroso crea dal nulla, tira fuori il mondo da un sepolcro in cui egli stesso lo ha messo inizialmente, compiendo l’omicidio di qualcosa che considera nulla. Gesù, nel Vangelo di Giovanni, dice che il Demonio è omicida sin dall’inizio, ma anche Dio è omicida sin dall’inizio, appunto perché deve essere convinto della nullità originaria della creatura.

E’ una posizione che accomuna quindi tutto il pensiero occidentale?

Certo, e siccome il pensiero occidentale ha iniziato da millenni a conquistare il mondo – a partire da Alessandro Magno che ha portato in Oriente le categorie greche di Essere e Nulla -  ormai è il pensiero mondiale. Oggi tutti i modelli culturali non occidentali sono di origine europea. Ripeto quindi che la follia è del Pianeta.

In questa situazione cosa resta dell’etica?

La questione è molto delicata, perché  sembra che l’etica sia un valore intoccabile, ma anche l’etica è una forma della volontà di potenza e in quanto tale vuole far nascere il Bene distruggendo il Male. L’originario atto etico lo abbiamo ricordato prima quando abbiamo detto che Dio è Amore, quindi dobbiamo riconoscere a Dio perlomeno di essere etico. Abbiamo anche visto, però, che quell’amore cova dentro di sé il pericolo, la morte, la distruzione,  ciò mette in discussione implicitamente anche l’etica. L’etica è stata sempre la volontà di essere veramente potenti, l’ uomo morale non è il “buon uomo”, un po’ melenso e in fondo debole,  che oggi noi perlopiù ci figuriamo,  ma esattamente il contrario. L’uomo etico è colui che considera impotenti le potenze del mondo e oppone alle potenze mondane la vera potenza di chi è supremamente potente e che dapprima e inteso come Dio e poi è inteso come Tecnica. Essere etici significa quindi allearsi con la potenza suprema.

La Tecnica come nuova forma del divino?

Quando si crede che l’etica esita nella forma suprema del divino abbiamo quelle posizioni che si lamentano dello strapotere della scienza e della tecnica. La vicenda della Modernità è però la negazione di quell’idea di potenza, accennavo prima al concetto nicciano  della morte di Dio. Oggi, con il tramonto del divino – anche se poi le masse arrancano perché in parte sono ancora legate a quell’etica tradizionali e in parte non hanno ancora capito cosa significa allearsi con la nuova potenza -  rimaniamo sempre e comunque nell’ambito di quella follia.  All’interno di quella follia - che per me è il discorso primario - le  critiche che vengono espresse contro la Tecnica in nome dell’etica,  sono pronunciate da forme deboli e perdenti di volontà di potenza rispetto alla forma sempre più dominante di volontà di potenza che è la Tecnica.

Secondo lei un filosofo come Hans Jonas può rientrare, ad esempio,  in questa categoria?

Anche lui è un esponente di questa lamentela impropria, ma direi che lo è anche lo stesso Heidegger, che lamenta l’intrusione della tecnica nell’intimità dell’uomo e accenna a un’alternativa “umana”.

E gli scienziati?

Gli scienziati tutto quello che abbiamo detto tendono  a non saperlo. La Scienza e la Tecnica di cui parlo non sono quelle scientisticamente e tecnicisticamente intese. Una cosa è la coscienza che la scienza moderna ha di se stessa, altro è quello che stiamo dicendo sul significato della Tecnica. In genere si contrappongono pensiero scientifico e pensiero filosofico e invece c’è una solidarietà profonda.

Lei prima parlava della tendenza a considerare l’Altro come Nulla. Mi pare una pratica sempre più diffusa?

Certamente. Che cos’è Auschwitz se non questo? I nazisti immagazzinavano nei lager denti d’oro e occhiali. Il contenitore di queste povere ricchezze era considerato irrilevante, un niente.

Non solo ma gli psichiatri e gli psicologi ci hanno spiegato che la sensazione di “essere nulla” è molto diffusa. Ricordo che Laing racconta che i pazienti affetti da depressione, e anche peggio,

dicevano spesso “in famiglia sono considerato niente”. C’è quindi anche un’introiezione  nelle vittime di questa violenza che considera niente le vittime. Le vittime stesse diventano così colpevoli di quella stessa follia di cui sono vittime.

Che cos’è quindi la “non follia”?

Se è follia pensare che le cose oscillino tra l’Essere e il Nulla, che escano dal Nulla e ritornino nel Nulla,  la non follia è dire il contrario, ovvero affermare l’eternità delle cose. Questo è il punto più alto, ma anche il più difficile da comunicare. Vuol dire che le cose stanno, sono e questo stare non è provvisorio è definitivo e questo stare definitivo è l’Eternità. Plotino dava questa etimologia di eterno, che in greco si dice aion, aei/on, aei, sempre e on, essente. Sempre essente. La negazione della follia, è dire che una cosa è con una stabilità definitiva, è un essere  essente sempre.

Il Big Bang allora non è mai esistito?

La concettualità scientifica è insostituibile quando si vuole essere potenti ma una cosa è dire che una concettualità favorisce la potenza altro è dire che sia  vera. Certo il Big Bang è una delle ipotesi cosmologiche senza di  quale molte teorie in Fisica franano e con loto altrettante operatività ma ciò non corrisponde all verità.   Lasciamo alla scienza tutto quello che le compete in fatto di potenza – e anche qui il concetto di potenza andrà esplorato – ma non confondiamo la promozione della potenza, con il permanere nella verità, l’abitare la verità. “Fogli di Via”, Marzo 2011