Giampaolo Gandolfo

la famiglia Senkov, da Vjazniki a Rapallo

 “Quando si taglia il bosco, volano le schegge” (Les rubjat, ščepkiletjat) è un vecchio adagio russo che si applica ampiamente anche alla storia dell’Unione Sovietica. Gli storici hanno indagato le vicende che hanno portato alla sua nascita, la successione degli eventi che l’hanno preceduta, i costi enormi, per la Russia, il suo impero e il mondo intero, il numero delle vittime di carestie, repressioni, terrore politico; così dei fenomeni che essa indusse, primo fra tutti l’imponente flusso migratorio che  riversò in Occidente i russi che fuggivano miseria, fame e persecuzioni: le innumerevoli schegge che la scure nel bosco faceva volare attorno, lontano e vicino. Primo approdo furono Berlino, Praga, Parigi, e poi gli Stati Uniti. La quantità e la qualità di questa intelligencija diede in seguito sufficiente fondamento a chi si chiede se si potesse ancora parlare di una letteratura russa, o non piuttosto di due, una rimasta in terra russa, forzatamente succube e vittima della cultura di regime, e un’altra libera, all’estero, senza condizionamenti politici, in naturale circuito con la letteratura e la cultura del resto del mondo.

Più recentemente l’attenzione degli storici ha incominciato a mettere a fuoco le vittime fin qui rimaste in ombra, quelle che non furono tra i protagonisti dei grandi processi o della Grande Storia. Le vittime che bruciarono nel silenzio di esistenze umili e dimesse, di drammi contenuti nella dimensione familiare. Ma è un capitolo di cui si vanno scrivendo adesso le prime pagine, aperto alla curiosità e all’impegno di un’altra generazione di storici. 

Risultato significativo di questa nuova prospettiva è il libro The Whisperers. Private Life in Stalin’s Russia (Quelli che mormoravano. La vita privata nella Russia di Stalin), uscito due anni fa, di Orlando Figes, lo storico inglese già noto in Italia per la sua giustamente famosa La danza di Nataša. Storia della cultura russa (XVIII- XX secolo), così tradotto da Einaudi nel 2004, di cui una larga parte tratta della emigrazione intellettuale russa.

Nel suo nuovo libro Figes mette a fuoco le vite personali di tanta gente, quello che è stato chiamato “lo stalinismo che è entrato dentro ciascuno di noi”. Figes ha potuto consultare un gran numero di archivi privati prima sepolti e nascosti tra le masserizie di famiglia, e il suo libro rivela per la prima volta il mondo interiore di cittadini sovietici che cercano di sopravvivere in mezzo alla diffidenza, alla paura, ai compromessi e ai tradimenti che pervadono la loro esistenza.

Partendo dalla Rivoluzione del 1917 fino alla morte di Stalin e oltre, Orlando Figes ricrea il labirinto in cui vennero a trovarsi i russi, dove una mossa maldestra o casuale poteva distruggere una famiglia, o magari anche salvarla (Ehrenburg scrisse che in Russia la vita in quei tempi, piuttosto che a una partita a scacchi, assomigliava a una lotteria). Egli ci porta dentro appartamenti stipati dalla coabitazione, dove piccoli battibecchi potevano portare a denunce fatali. E scende nel cuore di tanti comunisti ingenui e in buona fede, che arrivavano a spiegare anche il proprio arresto, attribuendolo a un errore anagrafico, gettando una luce umana anche sugli informatori, dimostrando come in un regime repressivo chiunque poteva diventare un informatore. E’ un vasto ritratto panoramico di una società dove tutti parlavano sottovoce, per proteggere le loro famiglie e  i loro amici, o denunciarli, in un racconto di esistenze vissute in tempi impossibili.

A questo ambito va riferito in senso lato anche il libro che ripercorre le vicende di una grande famiglia, i Sen’kov, industriali del lino che emersero da una società russa ancora legata a schemi arcaici di sviluppo  fino ad approdare tra noi, nella Riviera del Levante Ligure. Nel cimitero vecchio di via Carisola a Rapallo sono sepolti Sergej Ivanovič Sen’kov, la figlia Lidia con il marito Guido Cecchini. Nel reparto acattolico del cimitero sono sepolti, anche i membri cattolici: così la pietas famigliare volle tutti vicini e ricomposti in unità. A raccontare la storia della famiglia e l’approdo di essa tra noi (una scheggia tutt’altro che minuscola per importanza del grande bosco russo tagliato) è oggi Ludmila Cecchini Corradi, autrice del volume I Sen’kov. Una storia di famiglia. Dalla servitù della gleba al capitalismo, dal capitalismo alla rivoluzione. Le vicende di una famiglia russa attraverso cinque secoli di storia, MEF Firenze Libri, 2008 (1).

Il libro nasce dalla tesi di laurea all’Università di Genova dell’autrice, che poi riprese l’argomento, completando le proprie ricerche anche a Vjazniki, nella regione di Vladimir, sulla sinistra del fiume Kljaz’ma, non lontana da Mosca (conta oggi attorno ai 45.000 abitanti). Dopo il crollo del comunismo Ludmila Cecchini tornò in Russia, a compiere altre ricerche, a scandagliare archivi e musei, a conoscere altri studiosi e custodi di memorie, e a incontrare membri della famiglia rimasti in patria, che avevano avuto altri destini e vicende.

Ne è venuto fuori un volume che in dimensione e ambito ha superato il nucleo originario, inquadrando la vicenda famigliare sullo sfondo dello sviluppo storico ed economico della Russia, con particolare attenzione a quello dell’industria del lino, campo dell’attività dei Sen’kov. Il diario del nonno Sergej costituisce il centro da cui si irradia il racconto, e la sua vicenda potrebbe di per sé dare esca ad un romanzo. Esso venne scritto in Italia: le pagine ancora leggibili iniziano nel gennaio 1925 per interrompersi nel 1933, anno della morte. Il quaderno si trovava in un baule, in una cantina allagata durante l’esondazione del torrente Boate a Rapallo. Tutto il contenuto del baule, considerato irrecuperabile, venne gettato. Del naufragio rimase soltanto questo quaderno azzurro piuttosto malconcio, che l’autrice ha trascritto e tradotto, e infine donato al museo di Vjazniki, cui esso idealmente appartiene. La posizione dei Sen’kov in questa città è analoga a quella che la famiglia Olivetti ha nei confronti di Ivrea, ed esce quindi idealmente dall’ambito strettamente privato. Qui essi prima della bufera bolscevica avevano realizzato iniziative sociali a protezione dei lavoratori, tra queste un ospedale. Sia detto questo a refutazione di quanto andò affermando la storiografia e la propaganda sovietica, tesa a dare del capitalismo russo un’immagine truce e primitiva.

Il libro è arricchito di un ampio corredo di illustrazioni fotografiche: entriamo nell’album di famiglia dei Sen’kov, una serie di gustosi e spesso commoventi dagherrotipi, che hanno il fascino dei vecchi film muti: volti, gruppi, classi di educande e di collegiali in uniforme, come usava allora: o la famiglia seduta sui gradini della villa di Čičagovo, luogo di vacanza e ritiro dell’anima, nella tradizione russa dell’usad’ba. Le immagini sembrano icone di una felicità borghese perduta. Il pensiero va ad altri luoghi, come il giardino dei ciliegi della commedia di Čechov, dove si recitano prologhi felici di tragedie incombenti.

Una storia russa che viene da lontano, che si innerva e si articola in tanti personaggi, molti ancora vicini al nostro tempo, che non pochi forse ancora ricordano di avere salutato incontrandoli per le vie di Rapallo o di Santa Margherita (2).

“Il Mare”, ottobre/novembre 2009

        

(1)L’opera è esaurita nelle librerie, ma può essere richiesta a Maremmi Editori, Firenze Libri (www.firenzelibri.com).

(2)La Pescheria a Corte di Santa Margherita Ligure, tuttora in uso, fu un progetto di Guido Cecchini, allora geometra di quel comune, padre dell’autrice. Nella sua attività di libero professionista, dopo aver lasciato il suo incarico presso il comune, si era specializzato nella costruzione di oleifici. Costruì fra l’altro l’oleificio Sanguineti a Rapallo. La figlia lo ricorda, pendolare in bicicletta, durante la seconda guerra mondiale, tra Moncalvo Monferrato, dove la famiglia era sfollata, e Sarzana, per seguire la costruzione di un altro oleificio.