Charles de Jacques

french theory

François Cusset: FRENCH THEORY. Il Saggiatore, 2012

Penetrati i loro nomi nelle Università americane, alcuni campioni della cultura francese si ritrovarono a impersonare un ruolo di primattori paragonabile a quello delle leggende locali del cinema e della musica. Derrida, Lyotard, Deleuze, Baudrillard, Foucault, Lacan, Virilio, Barthes e qualcun altro intellettuale che in patria fu fra i protagonisti delle caratteristiche dispute parigine di quarant'anni fa e oltre, ottennero negli Stati Uniti una reputazione da vette del pensiero che si mantenne inalterata fino ai nostri giorni. "Decostruzione", "biopolitica", "simulacri", "narratologia", "differanza" divennero parole che conferivano un vantaggio sociale a chi le pronunciava e intimoriva lì per lì chi faticava, o resisteva, ad assimilarne la bizzarra gergalità e il fumoso radicalismo che suggeriva: "tutto è testo" e nient'altro che testo.

Il fenomeno era sorprendente pensando all'impermeabile tradizione accademica americana. Benchè col formalismo dell'ormai defunto "new criticism" si potesse azzardare un raccordo, quella che si sarebbe chiamata "French Theory", diffondendosi fra l'altro attraverso inizialmente marginali quanto intimidatorie riviste come "Semioext(e)", incrociò un gravoso spirito del tempo col quale in gran parte si confuse, si trattasse di orgoglio omosessuale, femminismo, o correttezza politico-lessicale. Nel libro che fa il racconto di questa riuscita infiltrazione francese d'oltre oceano, François Cusset, badando a non fare dell'ironia, che del resto è nelle cose, ne ricostruisce ogni aspetto, ne indica ogni intermediario e di questi ne abbozza il pensiero e gli eventuali scontri con gli avversari. A Paul De Man, per esempio, vennero rimproverati i giovanili trascorsi antisemiti in Europa (ma "elegantemente" Cusset non menziona la sua stretta parentela con Henri De Man, il neo-socialista belga che passò alla collaborazione con l'occupante durante la seconda guerra mondiale).

Gli oppositori osservavano con derisione che il presunto radicalismo dei francesi era solo un modo per "dare l'assalto ai dipartimenti di letteratura". Camille Paglia decretava per parte sua che "Lacan, Derrida e Foucault sono gli equivalenti accademici di BMW, Rolex e Cuisinart". Diceva anche che chi ha avuto Jimi Hendrix non aveva bisogno di loro.

“Fogli di Via”, marzo-luglio 2013