Carlo
Romano
fotoromanzi e film-romanzi
Il fotoromanzo
- inteso nella sua produzione industriale fatta di collane e riviste periodiche
interamente o parzialmente coinvolte - è un prodotto squisitamente italiano.
Piuttosto uniforme nella confezione e nelle tematiche passionali rivolte a un
pubblico fondamentalmente femminile, ha vissuto la sua lunga stagione, durata
decenni, circondato - quando andava bene - da forme di sufficienza che erano
anche, se non soprattutto, manifestazioni socialmente discriminanti espresse da
chi o pretendeva di vivere secondo un tradizionale decoro che lo vedeva a sua
volta inibito dall'alta erudizione o da chi provava il sentimento di uno
sviluppo inarrestabile anche in direzione delle acquisizioni culturali. I suoi
successi (centinaia di migliaia di copie vendute settimanalmente) sembrerebbero
tuttavia raccontare un'altra storia e più che a quella singolare forma di
sociopatia cui lo si voleva esiliare si sarebbe dovuto pensare - andando oltre
alla pur ovvia, ma anche questa abbondantemente disattesa, riflessione su un
prezioso indicatore pubblico - a un prodotto esteticamente significativo,
seguendo la lusinghiera sorte toccata al suo parente stretto, il fumetto.
La
letteratura in proposito rimane ancor oggi scarsa e come trattazioni di ampio
respiro si possono registrare soltanto pochi libri: Fotoromanzo: fascino e
pregiudizio di Anelli, Gabrielli, Morgavi e Piperno, edito da Savelli, Roma
1979; Le carte rosa. Storia del fotoromanzo e della narrativa popolare di
Ermanno Detti, edito da La Nuova Italia, Firenze 1990; Il fotoromanzo di
Anna Bravo, edito da Il Mulino, Bologna 2003. Cenni al fotoromanzo si
raccolgono tuttavia in varie trattazioni e in autori - a cominciare da Umberto
Eco - che si sono dedicati all'analisi della "paraletteratura" ("i
generi"). Saggi specifici si devono a Vittorio Spinazzola, Alberto
Abruzzese e qualche altro. Ancora una volta il taglio privilegia però le
connessioni sociologiche su quelle estetiche e storico-estetiche, se si esclude
per un verso l'analisi delle ricorrenze narrative e dall'altro il ricordo delle
testate periodiche principali, quelle di "Grand Hotel" (editrice
Universo di Del Duca), "Sogno" (Novisima), "Bolero
Film" (Mondadori) - che costituiscono le origini del genere - e quelle
della casa editrice Lancio che si dedica al fotoromanzo a partire dal 1961 con Letizia",
senza contare le altre, numerosissime, dai contorni editoriali meno precisi.
Da
tenere presente - forse un tentativo per migliorare la reputazione del genere -
è anche la scoperta ambizione pedagogica di quei fotoromanzi che presentavano
le "riduzioni" di celebri romanzi (dai Promessi sposi
manzoniani a L'uomo che ride di Victor Hugo) con la stessa cura, anche
scenografica, che sarà tipica della televisione italiana - ancorché senza
raggiungerne nemmeno lontanamente l'impatto, ciò è ovvio. Di particolare
attenzione hanno goduto poi i fotoromanzi di ispirazione erotica, frutto dei
cambiamenti del costume avvenuti negli anni Sessanta (il celebre "Supersex"
e il "Killing"* che, presentandosi in formato "a
libretto", scimmiottava i fumetti "sadico-criminali" dell'epoca)
e quelli utilizzati come propaganda politica.
Come
insieme di registi, soggettisti, scenografi, attori ecc. ecc. dediti a
un'espressione d'arte il fotoromanzo rimane comunque in larga parte
inesplorato, fatte salve le carriere di chi - come un giovane Damiano Damiani
fresco di studi a Brera - vi si dedicherà prima o contemporaneamente alle
attività per cui viene solitamente ricordato.
La
tecnica del fotoromanzo è utilizzata anche nei "fotofilm", vale a
dire quei veri e propri fotoromanzi che ricostruiscono la trama dei film
attraverso i loro fotogrammi e l'inserimento, negli stessi, di dialoghi
adattati per l'occasione. Questo prodotto non va confuso con creazioni editoriali
che, per quanto affini, sviluppano le stesse premesse sgombere del fumetto ma
riportando in didascalia parte dei dialoghi originali e anche spezzoni di
sceneggiatura. In alcuni casi raggruppati in collane specifiche, si preoccupano
per giunta di fornire solidi apparati informativi e critici. All'incirca quando
nasce il fotoromanzo, era presente in Italia la raffinata collezione della casa
editrice Domus e la Poligono ne includeva alcuni esemplari fra i suoi libri di
cinema, una delle prime collane del genere (vi uscì il volume di Chiattone
dedicato all'western che insieme a quello di Kezich è considerato
pionieristico) alla cui redazione partecipava anche Aldo Buzzi, il singolare
scrittore la cui scoperta sarebbe avvenuta decenni dopo .
Il
fotofilm in senso stretto non si distingue dal fotoromanzo e anzi, spesso viene
accorpato nelle sue collane. Non a caso, soggetto a sfruttamento in questo
senso fu il filone melodrammatico italiano degli anni Cinquanta legato
soprattutto ai nomi di Raffaello Mattarazzo, Amedeo Nazzari e Ivonne Sanson. Ma
c'erano pure collane specifiche dove uscivano molti western, Tarzan, film di
guerra (più tardi l'horror, con serie, come "Malia" che
usufruivano della popolarità che negli anni Sessanta ebbero i film di Corman e
i vecchi mostri della Universal riproposti dalla Hammer film). Alcuni erano
fascicoli "pinzati" del tutto identici alle collane del fotoromanzo,
ma altri utilizzavano i formati in voga per i fumetti: le "strisce"
e i "libretti".
Un'ultima
ragguardevole esplosione, i fotofilm (o “cineromanzi”) l'ebbero al seguito dei
filoni erotici degli anni Sessanta-Settanta ("Cinesex", “Top
Film”, “Big Film”...). A fianco di questi, va segnalato, uscivano
varie testate "critiche" ben realizzate e zeppe di foto. Non
mancarono esperimenti che si rifacevano palesemente ai libri francesi di Lo
Duca (ed. Pauvert) di dieci-quindici anni prima.
* Al personaggio è stato dedicato
un documentario (The Diabolikal Super Kriminal, 2007, regia di SS Sunda).
“Fogli di Via”, marzo 2010