Per il libro Sous le signe de l’Ange  (ed. Images & Mots, 2012) Alberto Terrile chiese a diversi amici, fra i quali Carlo Romano, di commentare le foto che vi pubblicava, tutti ritratti di persone a mezz’aria, nell’intento di saltare. Terrile (Genova, 1961) è uno dei migliori fotografi della sua generazione. Si può dire che sia conosciuto più negli USA e in Francia che in Italia.

Carlo Romano

salti per Alberto Terrile

 

1 Ritratto di Ilaria P.

La ragazza non aveva i piedi per terra. Io nemmeno, se è per questo. Quella che poteva far pensare a una cosa in comune rivelava, nel più attento esame, delle sensibili differenze. Balzava agli occhi, d’altra parte, che lei saltava per raggiungere un simile risultato, mentre per me si trattava di una caratteristica peculiare, connaturata, a tutti gli effetti mia, ancorché, pensandoci bene, non fossi il solo a possederla. Certamente non era la conseguenza di uno sforzo fisico, perlomeno non di uno sforzo fisico personale. Con questo non voglio dire che mi fosse vietato saltare, o che ignorassi le diverse forme attraverso le quali detta consuetudine ginnica si manifesta. Credo sia sufficientemente noto che il salto può essere in lungo e in alto. Più raro è quello laterale, ma non impossibile, seppur manchi di un’olimpionica codificazione. C’è inoltre quello che si dice “salto della quaglia” che in certe zone d’Italia corrisponde a un gioco che dalle mie parti è più noto come “cavalli marci”, al quale mi sono in effetti dedicato da fanciullo. Non posso per giunta negare che mi sia dedicato (e mi ci dedichi ancora, quando capita) a un’altra accezione della stessa espressione, decisamente meno ludica e, per i più, sospetta. Altrettanto mi sembra che non si possa dire della ragazza, la quale, casomai, annuncia una condivisibile allegria che dà risalto alla bellezza delle gambe.

 

2 Ritratto di Howard M.

Lui saltellando sembrava accennare un sorriso. Lo accennava soltanto, del resto sarebbe ben strano dover saltellare per sorridere. Francamente io non ne ho bisogno, benché mi sia difficile negare che possa sorridere con un saltello. A me capita di farlo nelle più disparate occasioni e in alcune di esse il sorriso si spinge fino alle risate a squarciagola. Non mi è sconosciuta la differenza fra il primo e le seconde, direi piuttosto che è quasi di genere. Fra le pagine dei grandi teorici del riso, del motto di spirito, dell’umorismo, la differenza è per certo rilevata. Meno scontato è che si siano attardati a mettere in relazione i saltelli col sorriso, che d’altra parte sorriso potrebbe non essere, bensì una semplice smorfia determinata dallo sforzo e dall’attrito. Più ci penso e più mi vado convincendo che il tipo non stesse affatto sorridendo. Una volta distolta l’attenzione dall’espressione del viso, noto che l’indice della mano destra di detto signore è alzato come ad indicare qualcosa o qualcuno. Probabilmente chi lo ritraeva, così da generare uno scambio che solo la fotografia è in grado di lasciare intatto in tutto il suo mistero. Cerco di figurarmi cosa stava accadendo in realtà, ma non mi spingo troppo avanti per non rimanerne deluso. Mi chiedo solo: è tutto casuale?