Riproduciamo di seguito l’intervista a Marco Firinu apparsa sulla rivista milanese “Tatoolife”nel febbraio di quest’anno,
2004
“Tatoolife”
Marco Firinu,
tatuaggi in 3D
Un
vero artista è sempre in evoluzione: questo pare essere il motto che meglio si
adegua a Marco Firinu, un creativo completo che dalla pittura è passato alla
scultura e al tatuaggio fino al computer, creandosi un bagaglio di conoscenze
tale che solo a pochi si può elogiare. Un tatuatore della vecchia leva italiana
che ha creato un mix esplosivo nel tatuaggio in 3D. Lo abbiamo incontrato e la
sensazione che ci ha trasmesso è stata quella di uno che la sa lunga sulla vita
e che ha molto da insegnare ai giovani artisti di oggi.
Marco
come sei arrivato a questo genere artistico?
Mi sono sempre piaciute le contaminazioni tra
linguaggi diversi, sia che si tratti di linguaggio parlato che visivo. Anche se
questo mix può sembrare “moderno”, (dato che viviamo sommersi da comunicazioni
di tutti i tipi che si contaminano vicendevolmente – musica, cinema,
pubblicità, arte, spettacolo in genere) in realtà si tratta di un meccanismo
già presente fin dai classici (da Leonardo, a Michelangelo e Raffaello, che in
costante ricerca di un nuovo tipo di raffigurazione, si avvalevano dell’eredità
artistica e delle scoperte tecniche di chi li aveva preceduti). Basti pensare
ad un innovatore come Antonello da Messina, del quale abitando a Genova ho
potuto ammirare per anni il suo capolavoro “Ecce Homo”, custodito nella
galleria di Palazzo Spinola, proprio a due passi da casa mia; questo ritratto
ha la particolarità di essere il primo dipinto eseguito in Italia con la
tecnica “ad olio”, (carpita da Antonello ai fiamminghi), che gli dava la
possibilità di lavorare con le “velature”, avere colori più brillanti e una
descrizione dei particolari più minuziosa. Immagina che in quel periodo le
autorità genovesi, addirittura vietarono l’uso di certi rossi e azzurri “troppo
accesi” nella tecnica ad olio e non adatti alle rappresentazioni dei santi e
dei beati i quali esigevano colori più pacati e meno “eccitanti”.
Ti racconto queste storie non per accomunarmi ai
“grandi classici”, ma per dirti che nel mio lavoro è importantissimo
sperimentare soluzioni e tecniche innovative, che diano la possibilità di
giungere a nuovi territori espressivi e a contenuti che parlino in modo
differente, più adatti alla realtà in costante trasformazione che viviamo oggi,
senza per questo rinunciare ai grandi insegnamenti del passato.
Le tecniche che uso sono il frutto della mia
storia di artista. In passato ho lavorato oltre che con la matita e i pennelli
con l’incisione, pratica artistica dalla quale è nato un interesse sempre più
forte per la grafica, e verso la metà degli anni ‘70 dell’aerografo. Quando
agli inizi degli anni ’80 ho scoperto la tecnica del tatuaggio con la
macchinetta, il passaggio è stato naturale e consequenziale. C’era sempre una
mediazione “meccanica” tra me e il supporto su cui lavoravo, sia che fosse una
tela che un corpo umano.
Negli ultimi anni ho preso a lavorare anche con
il computer, che ormai da un punto di vista tecnico offre possibilità pressoché
illimitate. Si ha una gamma di programmi di tutti i tipi e con l’aggiunta della
penna e della tavoletta grafica si possono ottenere tutti gli effetti
desiderati (dalla matita all’aerografo, al pennello ecc). Per realizzare i miei
quadri parto da una foto o un disegno che lavoro a computer in 3D, modellando
il soggetto scelto e lavorando sulle texture; poi
sposto il mio “oggetto” in uno spazio virtuale al quale si aggiungono luci,
fondo e oggetti, lavorando come in un set cinematografico. Lo spazio
tridimensionale si può infine renderizzare o come
un’immagine singola o come un filmato d’animazione, dopo questa fase si passa a
ritoccare ancora l’immagine con gli strumenti della tavoletta grafica
(pennelli, aerografo ecc) per arrivare infine al risultato definitivo.
Quali
sono i soggetti dei tuoi lavori più recenti e a cosa ti ispiri?
I soggetti dei miei lavori sono principalmente
corpi femminili. Le ragioni di questa scelta sono diverse: per prima cosa le
donne mi piacciono, e anche se questa potrebbe sembrare un’affermazione da –
bruttovecchioporcomaniaco - in realtà trovo che attraverso la rappresentazione
della donna si possano veicolare contenuti di lirismo e di poesia difficilmente
ottenibili con altri soggetti (se fossi una donna probabilmente la penserei in
maniera diversa…chissà).
Quando iniziai a usare l’aerografo, ero
affascinato dal lavoro di artisti come Varga. Quel tipo di grafica anni 40 –
50, le Pin-Up dipinte anche sulle fusoliere dei bombardieri americani della 2a
guerra mondiale esercitavano su di me un fascino incredibile; già dai tempi del
liceo ero attratto magneticamente da quegli artisti accademici dei primi del
Novecento definiti in senso dispregiativo “Artisti Pompier”. Si rifacevano a
una tradizione accademica e proprio per questo vennero emarginati dalle
nascenti correnti innovative di inizio secolo quali il cubismo e l’espressionismo.
Ci sarebbe voluto Salvador Dalì per rivalutare quella forma disprezzata di
arte. Egli profetizzò con una sua famosa frase: “L’arte Pompier rinascerà bella
e fresca come una rosa”. E in effetti il Surrealismo e l’Iperrealismo fiorirono
come fresche rose proprio da quella tradizione.
Gli artisti Pompier usavano una tecnica ricca di
particolari, quasi fotografica, e l’immagine della donna era usata spessissimo
come simbolo o metafora. Era un’arte celebrativa del potere e delle istituzioni
religiose, ma era allo stesso tempo anche sensuale e pagana, e introduceva
quelle tematiche (che si sarebbero sviluppate in seguito) sull’esplorazione
dell’inconscio e di indagine dei meccanismi nascosti della libido.
Come
l’arte del tatuaggio entra in queste opere?
Era circa il 1983 quando ho fatto i primi
esperimenti con la macchinetta da tatuatore, nel’85 ho aperto il primo tattoo
studio di Genova e nello stesso periodo ho iniziato a elaborare disegni e
dipinti di corpi tatuati, la cosa mi intrigava e mi divertiva. E’ stato
nell’87, quando ho partecipato alla prima convention italiana – a Milano –, che
vidi un piccolo giapponese che tatuava vestito solo del suo perizoma, ed era
completamente tatuato: rimasi affascinato da quel corpo interamente coperto da
un unico tatuaggio, mi attirava, ne ero completamente sedotto, ipnotizzato.
Quel piccolo giapponese era Horijoshi III°. Da quel
momento ho deciso di proseguire con la mia ricerca, e di rendere quella
sensazione ipnotica che mi catturava parte integrante della mia ricerca
pittorica che si è sviluppata nel tempo con i pennelli e la tela, l’aerografo,
e infine il computer.
Negli ultimi tempi sto lavorando a
soggetti che non sono direttamente relazionati al tatuaggio in senso stretto,
mi dedico alla creazione di Cyborgs, organismi per
metà biologici e per metà macchine, nate dall’ingegneria genetica, creature
frutto della tendenza dell’uomo a imitare e ricostruire la natura in maniera
artificiale. Questa tendenza è nell’aria: sempre di più vediamo e abbiamo
notizia del tentativo dell’uomo di manipolare il dato naturale con la
bio-genetica, la modificazione degli alimenti, la clonazione di animali ecc.
Essa rivela la concezione (tutta occidentale) a considerare l’uomo un ente
separato dalla natura, verso cui esso nutre solo sentimenti di conquista e di
manipolazione e non di “parte di un tutto” dentro cui anche l’uomo è inserito.
Credo che nei tempi a venire assisteremo alla nascita di nuovi “dei”
artificiali e bio-meccanici che ci daranno la falsa illusione di essere i padroni
dell’universo…..Matrix è alle porte!
In fondo anche nel tatuaggio è presente questa
tendenza, là dove la concezione del nostro corpo e del nostro ego è quella di
un qualcosa che finisce col confine della nostra pelle e tutto ciò che ne è al
di là è un qualcosa di ostile che bisogna combattere o conquistare.
C’è poi un’altra faccia del tatuaggio, che è
quella che io prediligo, che fa del tatuaggio una pratica dell’uomo vissuta in
funzione “sociale” come un momento che può ricollegarci agli altri (penso al
valore del tatuaggio nelle società tribali) o come momento di ritualità o di
iniziazione verso valori più grandi e universali.
Certo stabilire una linea di demarcazione netta
tra le due concezioni è un’impresa ardua e io non mi sogno neanche di teorizzarla.
Parlaci
di te come artista
La mia storia di artista inizia quando ero molto
piccolo, mio padre mi lasciava spesso dei disegni sul comodino, erano dei
piccoli disegni con un piccolo messaggio dentro un ballon tipo fumetto. Mi
ricordo ancora, oltre ad una certa commozione anche la meraviglia che provavo
di fronte ai quei disegni eseguiti con pochi tratti di penna, ma che
sintetizzavano perfettamente il soggetto illustrato. Li guardavo ammirato: ero
di fronte a una magia stupefacente che scaturiva da quei segni. Essi
descrivevano la realtà ma erano qualcosa di altro dalla realtà; ecco questa
sensazione mi ha accompagnato per tutta la vita e ha influenzato le mie scelte.
Ho studiato al Liceo Artistico di Genova e
all’Accademia di Firenze e di Torino e ho frequentato i corsi estivi di incisione all’Accademia Internazionale di
Urbino.
Nel periodo che va dal ’95 al ’97 ho partecipato
a training di formazione, che mi hanno portato a fare l’esperienza di insegnare
disegno ai carcerati del carcere di Solliciano a
Firenze. Ma tornando ai tempi del Liceo, ho avuto la fortuna di avere
insegnanti eccezionali, artisti che mi hanno trasmesso soprattutto un amore
profondo per il disegno e una passione viscerale per il mestiere di artista.
Dal 1973 al 1993 ho insegnato al Liceo Artistico
(il mio liceo) tutta la gamma delle materie artistiche.
Riguardo al mio inizio come tatuatore, mi
ricordo che il primo incontro con un professionista è avvenuto a Milano ed è
stato con G. M. Fercioni. Era probabilmente il 1984, stavo continuando i miei
esperimenti con il tatuaggio e così andai a trovarlo nel suo studio.
Era un locale piccolo ma bellissimo, pieno di
foto di oggetti, strumenti, disegni, si respirava un’aria densa di sensazioni
forti ed estreme, come la vita, il sesso, la morte.
Lui poi era il tipico milanese
smargiasso e sbruffone, ma immediatamente “simpatico a pelle” e coinvolgente.
Iniziammo subito a parlare di arte e tatuaggi, e dopo poco assaporavo di nuovo
con lui quella sensazione di passione viscerale per il mestiere che avevo già
assaporato con i miei insegnanti del liceo. Uscendo da là avevo la certezza di
quale sarebbe stato il mio prossimo mestiere. A proposito… grazie Maurizio!
Progetti
per il prossimo futuro?
Adesso mi sto dedicando a un progetto molto
bello e ambizioso ossia la fondazione della “Libera Scuola del Disegno”.
I corsi inizieranno a Gennaio 2004 e spero che
possa essere l’opportunità di riuscire a trasmettere a più persone possibili
quella gioia e quella passione per il disegno che ho la fortuna di avere da
sempre.
Per il resto, beh parlare di sé come artista è
sempre pericoloso, si corre il rischio di autocelebrarsi, ma visto che sono un
inguaribile egocentrico correrò il rischio… Ti posso raccontare ancora di
quanto mi piace Genova, i suoi vicoli, dove ho lo studio, quello spirito di
vita vera e al tempo stesso sognata poeticamente, così come l’ha cantata
Fabrizio De Andrè, e a proposito, visto che siamo in periodo natalizio, io come
la maggior parte dei genovesi, ho una preghiera da rivolgere a Gesù Bambino:
Ti prego caro Bambin Gesù, riprenditi Pappalardo
e ridacci Faber….amen.