Charles de Jacques
Duprat
Nicolas Lebourg – Joseph Beauregard: FRANÇOIS DUPRAT. L’homme qui inventa le Front National. Denoël, 2012
Il 18 marzo del 1978, non lontano da Rouen, con un
volo impressionante, l'automobile di un professore di storia, una Citroen GS
blu, trasformata in una palla di fuoco, saltava letteralmente per aria. Al
volante c'era la moglie del docente la quale, dal disastro, uscì ancora viva,
ma dovette sottoporsi a un intervento chirurgico durato diverse ore. Il marito
morì invece sul colpo. Ci fu chi ventilò la possibilità che a commettere
l'attentato, considerato anche il sofisticato ordigno che l'aveva provocato,
fossero stati agenti del Mossad, il servizio segreto israeliano, ma ancora oggi
i responsabili sono ignoti. Il morto, François Duprat, era uno dei principali,
più creativi e culturalmente preparati artefici dei gruppi neofascisti
francesi, attorno ai quali scrisse un libro assai interessante Les
Mouvements d'Extreme Droite en France depuis 1944 (Albatros, Paris, 1972).
Nato ad Ajaccio nel 1940 in una famiglia di
radicali, col padre attivo nella Resistenza, Duprat, benché ancor giovanissimo
si fosse avvicinato a gruppi come Jeune Nation e fosse cofondatore della Fédération
degli studenti nazionalisti, dimostrò sempre un singolare attaccamento per il
trotzchismo, nelle cui fila si vantava di aver militato da ragazzino (tendenza
"Lambertista"). Gli stessi suoi camerati della Droite
estremista testimoniavano la sorpresa che generava nell'ambiente la sua
scrupolosa conoscenza del marxismo, dell'anarchismo e di tutte le correnti
radicali nelle loro diverse incarnazioni e sfumature. Era d'altronde un uomo di
vasta e anche raffinata cultura, appassionato alla lettura e sensibile alle
sollecitazioni che gli erano venute fin da bambino in famiglia.
La vicenda di Duprat è un po' quella del neofascismo
francese nella sua espressione meno volgare. Va anche aggiunto che Duprat fu un
po' l'anello di congiunzione fra le opere di Rassinier - uomo della Resistenza
vicino ai socialisti, sopravvissuto "ai campi" - e quelle di Faurisson
- studioso di Rimbaud - e quindi di quella corrente cosiddetta
"negazionista" (delle camere a gas naziste) che in Francia (ma non
solo) attecchì, tramite Paul Guillaume e la Vieille Taupe, anche negli ambienti
della critica radicale all'autoritarismo. Sicuramente antisionista - e, con
qualche franchezza, antisemita - Duprat rifiutava tuttavia l'idea di una
nazione costituita su basi "razziali" e vedeva nella cooperazione
organica il suo collante. Ciò nondimeno fu suo uno degli slogan più efficaci che
fece la fortuna del Front National di Le Pen (oggi si può dire "dei"
Le Pen, padre e figlia): "un milione di disoccupati significa un milione
di immigrati di troppo". Del Front National, Duprat fu del resto un
cofondatore - e prima ancora lo fu di Occident e di Ordre Nouveau.
Nella sua attività pubblicistica, Duprat collaborò a
"Défense de l'Occidente", la rivista di Mauriche Bardeche,
partecipando fra l'altro attivamene alla redazione dei numeri monografici
dedicati a Les Fascismes inconnus (tradotto in Italia da Il Borghese nel
1970) e Le Fascismes dans le Monde. Su uno storico settimanale
della Droite, "Rivarol", tenne una rubrca che si occupava dei
gruppi nazionalisti e neo-fascisti e, più tardi, personalmente creò la "Revue
d'Historie du Fascisme". Nel 1968 fu tra i fondatori de "L'Elite
Europèenne". Coi "Cahiers Européens" - quale organo
di un'altra organizzazione, quella dei Groupes Nationalistes Révolutionnaires,
creata nel 1976 insieme a Alain Reanult - pungolava invece il FN, del cui
Ufficio Politico era comunque membro. Sempre nel 1976 pubblicò anche il Manifeste
Nationaliste- Rèvolutionnaire. Duprat si interessò con continuità al
Movimento Sociale Italiano e, nel 1972, gli intitolò anche un libro pubblicato
da Le Sept Couleurs: "L'Ascension du MSI" .
La figura di Duprat ha stimolato solo adesso la
ricostruzione del suo percorso politico-intellettuale (più che la biografia in
senso stretto) attraverso l'opera, assolutamente raccomandabile, di Nicolas
Lebourg (autore anche di Le Monde vu da la plus Extreme Droitee,
pubblicato nel 2010 dall'Università di Perpignan) e Joseph Beauregard (un
documentarista che su Duprat ha realizzato per "Le Monde" un
film con la collaboazione ai testi di Lebourg). La parte finale del libro è
ovviamente incentrata sulle circostanze ancora misteriose dell'attentato che
uccise Duprat, sulle ipotesi formulate nel tempo e sulla "fabbrica del
martire", ma nulla è concesso al facile scandalismo di tipo giornalistico
che ci si potrebbe aspettare. La storia è qui, e lo è fittamente, storia
culturale, che piaccia o meno ciò di cui si racconta. “Fogli
di Via”, Novembre 2012