Mario Graibanous

Jesse James e Sante Pollastro: due biografie

(con un po’ di Girardengo)

Chi ha letto “Uomini disperati”, il vecchio libro di Horan pubblicato in Italia da Longanesi, o ha conosciuto Jesse James attraverso il cinema (con le opere dirette da Henry King, Friz Lang, Nick Ray, Gordon Douglas, Ray Enright, Walter Hill,  e tante altre) e le ballate (Bob Dylan, Johnny Cash ecc.) uscirà magari perplesso dalla lettura della biografia che T.J. Stiles ha dedicato al bandito ribelle del Missouri (T.J. Stiles, Jesse James. Storia del bandito ribelle, Il Saggiatore, Milano 2006) ma avrà più di un motivo per compiacersi. Innanzitutto non si tratta solamente di una biografia in senso stretto e le imprese banditesche della banda James occupano una parte sicuramente inferiore alle aspettative ancorché equilibrata nell’economia generale dell’opera. Il cruccio di Stiles è stato prima di tutto quello di fornire uno sfondo storicamente fondato ed emotivamente attendibile alle azioni e ai pensieri di Jesse James, di suo fratello Frank, della loro madre e dei fratelli Younger prima al seguito dei ribelli filo-confederati e poi nella banda di rapinatori che in un certo senso “inventò” un genere ripreso nel Midwest dai banditi della prima metà del XX secolo (Dillinger, Pretty Boy Floyd ecc.). Con una documentazione ineccepibile, Stiles ci addentra nella storia del Missouri, uno stato “di confine” che come tale era profondamente diviso al proprio interno fra la fedeltà all’Unione e una gran quantità di agricoltori sensibilmente prossimi alla causa meridionale. Si ebbe dunque nei territori dello stato, fra vicini di casa, una “guerra civile” che si sommava al più generale conflitto fra Nord e Sud. Stiles, comunque la pensi, se si dilunga sulle terribili azioni dei guerriglieri sudisti – da quelle della banda di Bloody Bill Anderson, alla quale si unì un giovanissimo Jesse James, alla carneficina attuata dai guerriglieri di Quantrill nell’escursione in Kansas – non esita a ricordare ciò che fecero gli Unionisti, e non solo in termini di efferatezze – tante e in genere precedenti - ma in termini di sradicamento, allontanamento dalle loro fattorie degli agricoltori di simpatie confederate e confisca dei beni. Fin qui, nonostante gli eccessi, l’idea della banda James come un gruppo di ribelli “banditi sociali”, quali sono considerati in una visione alimentata da storici del calibro di Eric J. Hobsbawm, non sembrerebbe intaccata. Ma ciò, intaccare questa visione, è quel che vuol fare proprio Stiles argomentando su una tipologia di banditismo troppo colta ed evoluta, oltreché venale, per esprimere la rude spontaneità del “vendicatore dei poveri”. La parte dedicata alle rapine, cioè l’ultima della breve vita di Jesse James, documenta molto bene il “dialogo” intrattenuto epistolarmente dal bandito con la stampa e l’appoggio che ebbe dal “Kansas City Times” nella persona del suo direttore John Newman Edwards, di fatto colui che per primo forgiò la leggenda del vendicatore del Sud, la quale tuttavia rimarrebbe cosa diversa dal “Robin Hood” che si vuole sia stato James e che Stiles contesta. In realtà, quantunque il libro sia ciò che di meglio venga oggi offerto, la questione non mi pare veramente chiarita.

Su un piano diverso si muove Marco Ventura nell’affrontare la figura del bandito anarchico Sante Pollastro, questa volta più che in altre visto in parallelo al suo concittadino e campione di ciclismo (il primo a fregiarsi del titolo di “campionissimo”) Costante Girardengo (Marco Ventura, Il campione e il bandito, Il Saggiatore, Milano 2006) ma anche questa volta come in altre tratteggiato con incedere romanzesco, benché il ricorso alla documentazione sembri essere più ampio. Particolarmente efficaci mi sono parse le descrizioni di Novi Ligure (la città del campione e del bandito) ai primi del XX secolo. Non mi sembra inutile a questo punto suggerire anche la lettura del libro di Franco Monteverde che si cura del carattere peculiare di questa città, delle altre vicine e del loro territorio (Franco Monteverde, L’Oltregioco, De Ferrari editore, Genova 2006).