Charles
de Jacques
Non è una filastrocca M. Doré
Alix Paré - Valérie Sueur-Hermel: FANTASTICO
GUSTAVE DORÈ: l’Ippocampo, 2022
Ci fu un tempo nel
quale molte delle famiglie italiane dei differenti ceti custodivano, eredità
dei nonni – spesso mal ridotte per le continue compulsazioni
delle immagini più che dei testi - opere illustrate da Gustave Doré, specialmente la Divina
Commedia. Non c’era bisogno di tanti giri di parole, rappresentavano “il
massimo”. Seppur al vertice, non era infrequente trovare a prezzi stracciati e
in condizioni pietose, queste opere sulle bancarelle. Quel tempo è finito ma
due anni fa le editions du Chêne, solitamente graficamente molto attente,
fecero uscire Fantastique Gustave Doré con
un impianto di libro assai manierato, cosa che poteva far storcere il naso a
quei puristi che adorano la cosiddetta “pulizia” (polizia) così da pregiudicare
ai loro occhi perfino i contenuti. In realtà non c’era niente di frivolo e le
due autrici, solidissime nella formazione artistica a biblioteconomica, avevano
edificato una superba monografia facendo selezione fra migliaia di immagini.
L’anno dopo, conservando l’impianto grafico originale, le edizioni L’Ippocampo
(milanesi ma, a quanto si racconta, vagheggiate durante un pranzo in riva al
mare di Genova) hanno proposto questa meraviglia in lingua italiana.
Il libro comprende quattro sezioni: le tecniche di stampa, l’illustratore,
il caricaturista e il pittore. Ognuna di esse, ricca di esempi, è accompagnata
da apprezzabili elementi didattici che oltre ad informare sulle opere ci
ragguagliano sul come Dorè vi si sia avvicinato. Per la Divina Commedia fece un tentativo di illustrazione fin
dall’adolescenza. Dopo l’inutile ricerca di un editore fu Hachette nel 1861 che
decise di stampargli L’Inferno
ottenendo un insperato successo e assicurandogli il posto fra due grandi
illustratori della Commedia dantesca,
Blake e Dalì.
Divisa fra Romanzi, Poesia, Favole, Bibbia, Racconti di Guerra e Viaggi la
sezione sul Dorè illustratore comincia con l’Atala di Chateaubriand del quale
sottolinea soprattutto l’aspetto esotico-americano con le imponenti foreste, la
fauna selvaggia, le rocce, le vestigia e insieme alle vicende dei nativi
protagonisti (Atala e Chactas) appare la figura
ieratica del missionario (Atala, figlia di un capo indiano è stata convertita
al cristianesimo). Seguono Balzac, Cervantes e Gautier
per passare alla poesia inaugurata con Milton e proseguita con Ariosto, Tennyson, Dante, Hood, Coleridge
e Poe (una possente Ballata del vecchio
marinaio finanziata personalmente dall’artista e un suggestivo il Corvo, ultimo progetto letterario nel
1882 di Dorè che morirà nel gennaio del 1883). Con le fiabe ci muoviamo fra La Fontaine, Perrault, Raspe, Saintine, Galland (Simbad) e Mary-Lafon (poco noto da noi, fu uno dei grandi cultori della
lingua e delle tradizioni del Midì).
Pur senza recarsi sul teatro dell’azione, Doré
realizza per “Le Monde Illustré” trentun disegni
sulla Seconda Guerra di Indipendenza italiana (1959). Quasi in presa diretta
anni prima aveva realizzato dei servizi sulla guerra di Crimea. Ma nella
sezione delle guerre spiccano i disegni sulle Crociate, brulicanti di particolari, a illustrazione dell’opera di
Joseph-François Michaud. Notevoli e assai note anche
le illustrazioni (brulicanti anche queste, ma soprattutto brumose con toni di
drammaticità sociale) per la Londra di Blanchard Jerrold, un giornalista col quale il disegnatore lavorò
fianco a fianco. Rammentano in qualche modo le foreste americane di Atala i disegni per i Pirenei di Taine (amico personale di Doré).
Più rapida è la sezione consacrata al caricaturista (in ogni caso ne Il Serraglio Parigino Doré ritrae con metamorfica ironia la
variegata fauna del popolo di Parigi, con ogni ceto o singolo personaggio
associato a un animale, un po’ come fece il più vecchio Grandville).
L’ultima sezione, quella sulla pittura, ci rivela un gigante dell’arte fantastica.
Quadri come Cristo esce dal Pretorio, Il
Paese delle Fate, l’Enigma o l’Oceanine potrebbero costituire una sorpresa per
molti. Alcuni li dipinse da
giovanissimo. La voce relativa dell’ Enciclopedia Italiana del 1932
osservava: “Non apprese mai il disegno, non ebbe maestri, non frequentò alcuna
scuola; il Louvre e la sua memoria sono stati i soli maestri di cui ebbe
bisogno” (Daria Kamenka).