Carlo Romano

il corpo di Crevel

René Crevel: IL MIO CORPO E IO. Elliot, 2016

Ciò che l’Italia in materia di letteratura e cultura francese in genere deve come giornalista, traduttrice s studiosa a Paola Décina Lombardi ha un'importanza che mi pare fuori discussione. Quando negli anni Settanta uscirono per Einaudi le traduzioni (e la cura complessiva) della bretoniana Antologia dell'umor nero e il Locus Solus di Raymond Roussel furono fra gli eventi che ebbero l'effetto, volendo anche "politico", di ampliare la visione, fin lì angusta e di malintesa radicalità, di tanti fra quei giovani (suoi coetanei) che dopo aver sognato l'assalto al cielo si erano ritrovati intruppati in vecchie e scellerate abitudini. Basterebbe questo a conferirle quel ruolo di rilievo che non ha mai cercato nella cultura del nostro paese, dedicandosi viceversa con entusiasmo a recensire libri sui giornali, ad approfondire Balzac (Mosaico balzachiano e il collettaneo Balzac e l'Italia) e a dare una più marcata consistenza in Italia a quel fenomeno letterario d'oltralpe che mischiò classico e avanguardia, raffinatezza e villania, elevato e popolare, sentimentalismo ed erotismo in una prima grande sintesi alla quale, volenti o nolenti, ci si continua ad abbeverare: il Surrealismo e i suoi paraggi (in primo luogo Surrealismo . 1919-1969 ribellione e immaginazione oltre a svariati saggi su protagonisti o anche discussi affini come Cocteau e Bataille).

Con uno zelo che non ha eguali in Italia (e che spicca anche sul piano internazionale) la recente pubblicazione di una monografia su André Breton da Castelvecchi e la versione italiana di Mon corps et moi ("il mio corpo e io", Elliot 2016) di René Crevel, al quale aveva dedicato nel lontano 1988, con l'editore svizzero SlatKine, la monografia René Crevel o il Surrealismo come rivolta, dà la misura di un volgersi più ai grattacapi che alle regole, e ciò lo evidenzia la scelta di un libro come quello di Crevel nel quale la tematica dell'autoanalisi sarà poi reindirizzata con esiti più maturi in Èté-vous fous?, ma che proprio perché più acerba (si fa per dire) appare in questo caso spietata e senza compiacimenti.

Il percorso di Crevel è noto: gli snodi famigliari - col padre militare, assente dongiovanni e suicida, il fratello morto di tubercolosi, affezione dalla quale lui stesso fu colpito - e in particolare i difficili rapporti con la madre bigotta. E rapporti non semplici furono anche quelli col Surrealismo e col Partito comunista. C’è, di sicuro, l’amicizia con Breton, Tzara e Dalì ma anche quella con uno scrittore ambiguo in più d'un senso come Marcel Jouhandeau. Klaus Mann scrisse che Crevel fu forse "l'uomo più dotato di fascino" che avesse conosciuto. Lo stesso Klaus Mann gli presentò "Mopsa", la scenografa alla quale si legò. Ma Crevel (come il figlio di Thomas Mann) figura come un'icona omosessuale e si ricordano soprattutto i vagabondaggi a tre con la ricca Nancy Cunard e il pittore e musicista negro-americano Eugène McCown, col quale ultimo ebbe una relazione decisiva quanto tempestosa. E poi l'ultima lettera a Tzara, la fallita mediazione con Ehrenburg per l'esclusione della delegazione surrealista al Congresso Internazionale degli Scrittori per la Difesa della Cultura, il suicidio.

“Fogli di Via”, novembre 2016