Luigi Corvaglia
Le
scienze psicologiche sono l´abito che ammanta il mondo odierno fornendogli lo
stigma della modernità. Non esiste nulla che oggigiorno non venga letto
attraverso tale filtro. Eppure, se prendiamo per buona la definizione della
modernità come l´acquisizione del disincanto a discapito del mondo incantato e
magico che associamo all´oscurità dei tempi pre-moderni, ci accorgiamo che il
peso di tale abito rischia talvolta di zavorrare l´uomo moderno ad una modalità
psichica arcaica. Si potrebbe altrimenti dire che un certo preponderante modo
di indagare la realtà psichica è la spia della sopravvivenza di un
"habitus" ancestrale nell´ uomo odierno. Ciò almeno fino a che non si
riuscirà a superare Cartesio.
Ciò,
infatti, non significa esclusivamente lasciarsi indietro il dualismo fra res
cogitans e res extensa ma, tramite ciò, operare il superamento di molte gabbie
culturali che grande influenza hanno avuto nel plasmare l´idea occidentale del
mondo. Innanzitutto, significa oltrepassare
tanto il determinismo che è il portato delle letture materialistiche da
Democrito in poi, quanto il razionalismo che in Cartesio ebbe appassionato
partigiano - la sua res cogitans è anima razionale nel senso più banale del
termine, cioè "ragiona" - quanto perfino, paradossalmente ma non
troppo, lo spiritualismo non indagabile e non descrivibile, cioè la tendenza
che caratterizza chi si concentra solo sull´anima a scivolare in un mondo delle
idee autonome, sganciate da qualunque estensione fisica. È l´idealismo che origina in Platone e
fra rami principali e rigagnoli giunge
fino alla pozzanghera new age. Il dualismo cartesiano, in altre parole,
affiancando due monismi, cioè due riduzioni del molteplice ad un´unica forma di
esistenza, non contribuisce affatto a costruire l´unità dell´individuo che
Aristotele aveva abbozzato (poi avremmo dovuto aspettare Spinoza), ma delimita
ulteriormente due campi separati, ne sottolinea la differenza e li rende
incomunicabili, al di là dell´escamotage dell´influenza reciproca tramite la
ghiandola pineale; quindi un corpo
democriteo e un´anima platonica. Ciò è il motivo, ad esempio, del ritardo della
psicologia rispetto alla fisiologia ed alla medicina, perché la macchina
corporea non era soggetta ai veti e ai timori reverenziali che circondavano l´"anima".
All´interno, poi, delle scienze psicologiche e della psichiatria, ciò è alla
base della contrapposizione fra pratiche di modificazione del comportamento che
arrivano a chiudere la mente in una scatola nera (Watson, Skinner, ecc.) e i
mentalismi privi di qualunque aggancio organico, talvolta perfino di rigore,
epistemologicamente infalsificabili nel senso di Popper. Questi ultimi, non di
rado, si manifestano nell´avversione per
principio di certi psicoterapeuti per le pratiche psichiatriche che hanno il
corpo quale terreno privilegiato, prima fra tutte la psicofarmacologia (non che
non esistano i motivi per diffidarne, ma tali motivi non dovrebbero essere di
carattere pregiudiziale, basati cioè
solo sul principio dell´immaterialità della psiche). La stessa psicosomatica,
che in teoria dovrebbe permettere il rincontro delle due entità cartesiane, è
più un modo molto "a la page"
di esprimere giudizi che una scienza dell´uomo ritrovato . In gran parte delle
sue manifestazioni, infatti, la cosiddetta psicosomatica studia il rapporto
"fra mente e corpo", ma lo fa ora con una griglia per cui i sintomi
fisici sarebbero il linguaggio per esprimere ciò che la res cogitans detta (non
si sa come, senza neppure l´ausilio delle ghiandola pineale), ora limitandosi a
studiare i canali fisici attraverso cui le emozioni, biologicamente intese, si
trasformano in sintomi organici. Bertand
Russell, più modernamente, ci ricordava
invece che "mentre la materia nella fisica moderna è divenuta meno
materiale, la vita dell´anima è divenuta nella moderna psicologia meno
spirituale". Una forma di "monismo neutrale", né mentalistico né
materialistico.
Di più, andare oltre Cartesio significa
rivedere la contrapposizione fra empirismo e razionalismo. Cartesio, col suo
"Cogito ergo sum", fu partigiano di quest´ultimo. La ragione è "
il potere di giudicare rettamente distinguendo il vero dal falso" in modo
intuitivo più che logico, aristotelico (cioè per sillogismi); intuito e
deduzione ci portano alla verità. Questo apre un grosso problema, quello dell´
"errore". Perché dunque si sbaglia? La razionalità della res
cogitans può quindi fallire? Questo quesito ha grande importanza per lo
psicoterapeuta e per lo psichiatra. Qui Cartesio attribuisce la colpa al corpo
i cui umori influenzerebbero lo spirito creando le passioni ubriacanti. Le
emozioni, prodotti del corpo, influenzano il pensiero. Del resto, la
psicoanalisi incrina la nostra fiducia nella razionalità e lo fa con
argomentazioni invero non lontanissime da quella di Cartesio ( che invece della
razionalità si fidava eccome). Il "replicante" di Blade Runner, il
film tratto dal romanzo di P. Dick (Do androids dream of electric sheeps?)
in cui si immaginano degli androidi che, forniti di logica, autocoscienza e
falsi ricordi, non sanno di esserlo, se privato dei chips emotivi, sarebbe
dunque infallibile? Egli è sicuramente essere in condizioni da recitare il
"cogito" cartesiano (è dunque essere "umano"?) pur essendo
esclusivamente res extensa. Ben prima di Freud e di Dick, in pratica in
contemporanea con lo svolgersi della vita
del francese, gli empiristi inglesi erano già andati "oltre
Cartesio" quando analizzarono le motivazioni nascoste dietro gli errori
sganciandole dai fattori "animali" e collegandole, invece, ai processi
insiti alla mente stessa, una mente che può essere indotta nell´errore dai suoi
stessi procedimenti logici. Qui, al limite, è l´emozione ad essere un prodotto
dei processi di pensiero. È impossibile per lo psicologo non cogliere la
similitudine fra questa concezione dell´errore e la teoria cognitivista della
genesi dei fenomeni psichici disfunzionali. Quando Francis Bacon parla
degli "idola", i pregiudizi che inducono l´uomo all´errore come
deformazioni personali (idola specus) e collettive (idola tribus),
dipendenti da vari fattori culturali e di vita, la mente non può non andare a
quelle che la scuola cognitivista definisce
"distorsioni cognitive", "deduzioni arbitrarie",
"assunti di base", ecc. Bacon inaugura la stagione del dubbio sulla
coscienza razionale dell´uomo e mette in luce la costruzione personale del
mondo e dell´esistenza. Il replicante di Blade Runner, sarebbe fallibile anche
senza chips emotivi? Ma se fosse dotato di circuiti studiati in modo da non
produrre distorsioni cognitive? Del resto, esse stesse sono prodotte anche da
processi emotivi.
La
via per la conoscenza e la verità, dunque, dov´è? Bacon, e con lui gli
scienziati occidentali, rispondono che è nell´induzione, cioè nell´astrarre
regole generali dall´osservazione di fatti particolari. I fatti precedono le
teorie. D´altro canto, l´empirismo induttivista di Bacon e degli altri inglesi
su cui si basa la conoscenza scientifica è stato messo in crisi dalla
riformulazione di detti principi da parte degli autori del "circolo di
Vienna" (Popper) che ci mostrano
che la conoscenza aumenta con un sistema ipotetico-deduttivo, cioè osservando,
strutturando ipotesi che orientano nuove osservazioni; la teoria, insomma,
precede i fatti e ne guida l´osservazione. Questo modo di conoscere
contraddistingue anche la mente del singolo uomo - ognuno è uno scienziato
popperiano - ma un sistema
ipotetico-deduttivo non produce verità indiscutibili, bensì visioni
"verosimili", reali perché utili e solo fino a prova contraria. Una
teoria è buona, cioè, solo se falsificabile. Se manca di elementi
falsificabilità, non ha niente di "scientifico". La teoria della
terra piatta, dunque, era una buona teoria, perché, una volta invalidata dal
viaggio di Colombo, è stata abbandonata e sostituita da altra più verosimile. E´
qui il criterio di demarcazione fra la salute e la patologia psichica, cioè nei
processi epistemologici. I deliri (e le fedi che ne sono il risvolto
collettivo) sono infalsificabili secondo il principio di Popper, impermeabili,
inattaccabili. Perché? È frutto del "diavoletto cartesiano" che si
diverte a creare un mondo irreale? O forse il frutto di sillogismi errati
(sarebbe la risposta di uno scienziato
aristotelico)? Forse perché gli umori del corpo influenzano il funzionamento di
ciò che appare come spirito (la risposta dell´organicista cartesiano)? Forse
per una dinamica tutta interna all´anima (la risposta dello spiritualista
cartesiano)? È su questo punto, io credo, che la psichiatria abbia difficoltà
ad andare oltre Cartesio, sul doppio piano delle dicotomia
spiritualismo-meccanicismo e
razionalismo-empirismo. Chi scrive ritiene valida la visione del
cognitivismo più avanzato, cioè che il delirio sia una strutturazione mentale
in risposta alla invalidazione di costrutti fondamentali su cui si regge l´identità
della persona. Il delirio, l´errore massimo, cioè, riguarda i processi
cognitivi e metacognitivi che concorrono a dare un senso, tramite vari
"idola", a eventi interni ed
esterni altrimenti non catalogabili le cui origini - intendo dire tanto dei
processi cognitivi quanto degli eventi -
è comunque nella estensione materiale del corpo dell´uomo e del
mondo; uomo, si badi bene, comunque in relazione dinamica con un mondo a sua volta materiale, emotivo, culturale;
uomo che è elemento di un sistema che è
prodotto, a sua volta, dalla interazione di tutti gli uomini. Ciò ricostruisce l´ unità di un individuo
biologico-ipotetico-deduttivo. Il monismo neutrale di Russell. Detto ciò, i
costrutti che questo uomo (o androide) scienziato-popperiano produce rischiano
di esser squalificati a deliri o eletti a verità inconfutabili sulla base di un
meccanismo "di mercato" che premia alcune ipotesi a discapito di
altre concorrenti, in "belle indifference" nei confronti della logica
dell´infalsificabilità e sulla semplice scorta degli "idola tribus"
di cui gli uomini, psichiatri inclusi, sono devoti. Come ci ricorda Szasz, se
noi parliamo con Dio, stiamo pregando, ma se Dio parla con noi, siamo
schizofrenici.
PS
Do androids pray an electric
God?