Carlo Romano
“Corrierino”, 100
“Qui comincia
l’avventura…” Così Sergio Tofano (Sto) –
disegnatore, ma anche scrittore, regista e attore - faceva iniziare le
storielle di Bonaventura, il fortunato personaggio che dal 1917 iniziò a
comparire – e a vincere milioni, alla faccia dell’infido Barbariccia - sul
supplemento del “Corriere della Sera”
dedicato a bambini e ragazzetti, vale a dire “Il Corriere dei Piccoli” (familiarmente “il corrierino”). La testata esisteva da quasi un decennio ed è
alla sua prima uscita, il 27 dicembre 1908, che si fanno risalire le origini
del fumetto italiano. Per quanto le tavole fossero ancora prive della
“nuvoletta parlante”, l’impronta della narrativa grafica era salda. Il primo
personaggio a seguire questa impostazione fu “Bilbolbul”, creato da Attilio
Mussino, il disegnatore piemontese che da lì a poco avrebbe illustrato una
giustamente celebre edizione di “Pinocchio”.
Erano storie assai fantastiche (caratteristica seguita da molti dei personaggi
successivi) che avevano a protagonista un piccolo africano capace di scomporsi
e di mutare aspetto sulla base delle emozioni che provava e degli incidenti nei
quali incorreva. La testata del giornale, rimasta invariata per decenni, era
disegnata invece da Antonio Rubino, il grande illustratore sanremasco al quale
si devono diversi altri pupazzetti (almeno una trentina, si ricordano qui le
storie di Quadratino e Viperetta) chiaramente influenzati da uno squisito e
abbagliante gusto liberty e decò. Per altro Rubino diresse successivamente, fra
il 1935 e il 1940, il “Topolino”
mondadoriano (ma va ricordato che il primo editore italiano di Mickey
Mouse/Topolino fu Nerbini nel 1932 con la collaborazione di un altro pioniere
del fumetto: Giove Toppi). Sulle pagine
del “Corrierino” si cimenteranno
tutti i grandi illustratori della prima metà del XX secolo: da Bruno Angoletta
(“Marmittone”) a Giovanni Manca (“Pier Cloruro de’ Lambicchi”), da Carlo Bisi
(“Sor Pampurio”) a Mario Pompei (“il prode Anselmo”), da Guido Moroni-Celsi al
ricordato Sto di “Bonaventura”. Alle
origini vi collaborerà pure Umberto Brunelleschi, le cui fortune di
illustratore saranno molto presto riconosciute in Francia. Non mancheranno
nemmeno, risultando anzi numerose, le storie straniere, debitamente allineate
all’impostazione del giornale (valgano per tutte quelle di Pat Sullivan e del
suo “Mio-Mao-Felix il gatto”, e quelle di Winsor Mc Cay e del suo “Bubi-Little
Nemo”).
Quando nasce “Il Corriere dei Piccoli”, all’estero il
fumetto ha già una sua storia. Canonicamente la si fa cominciare con lo “Yellow
Kid” di Richard Felton Outcault, apparso la prima volta nel 1895 sul
supplemento domenicale di un giornale di Pulitzer, il “New York World”. L’anno seguente Outcault passò, grazie a un
contratto vantaggioso, ai giornali di William Randolph Hearst, ed è su questi
giornali che si ha l’introduzione regolare della “nuvoletta”. In realtà, a
parte ciò che canonicamente viene accreditato, le storie assimilabili ai
fumetti possono vantare diversi significativi antecedenti che coinvolgono i più
celebri caricaturisti dell’Ottocento, anche italiani, e i giornali ai quali
collaborano. Particolarmente stringenti rimangono tuttavia gli esempi della Histoire
de Mr. Jabot del ginevrino Rodolphe
Töpffer, risalente nientemeno che al 1833, e delle ben organizzate
storie dei due monelli Max und Moritz dovute, a cominciare dal 1865, al tedesco Wilhelm
Busch, in rotta con le autorità civili e gli ambienti religiosi. Ciò
nonostante, la canonizzazione delle date
e dei relativi anniversari ha una sua giustificazione nella continuità e
nel consolidamento non solo dei personaggi, ma del prodotto
tipografico-industriale che li trasforma in appuntamenti fissi, in collane
specifiche, in consuetudini che ne universalizzano il linguaggio permettendone
successive e talvolta complesse elaborazioni. Canonica dunque che sia, quella
della nascita del “Corrierino” è la
data alla quale segue efficacemente tutto questo, in un alternarsi di storie,
personaggi, albi, editori che porteranno il “giornalinismo” italiano, come
d’altra parte quello mondiale, fuori dal recinto di un genere mal considerato e
appannaggio, per giunta con varie riserve morali, dei più piccoli.
Val la pena di ricordare a
questo punto che nel dicembre 2008 non cadeva soltanto il centenario del “Corriere dei Piccoli” e del fumetto
italiano, ma anche quello della nascita di Gian Luigi Bonelli, il creatore di “Tex”, senza dubbio il più popolare in
Italia, nonché longevo, fra i personaggi del fumetto d’avventura, di quella
western in particolare, con un contributo al genere che è difficile riscontrare
altrove, anche negli stessi Stati Uniti d’America. E il contributo italiano al
linguaggio del fumetto d’avventura è stato considerevole nella sua magmatica
varietà, a prescindere perfino da quelli che sono considerati i suoi vertici
identificati in Hugo Pratt. Si pensi alle popolarissime storie, caratterizzate
da un per nulla banale eroto-sadismo, raccontate negli albi di “Isabella” (la Duchessa dei diavoli) disegnati
da Sandro Angiolini sui testi, storicamente assai accurati, di Giorgio Cavedon,
fondatore, insieme a Renzo Barbieri, della casa editrice che li pubblicava
(dapprima Editrice 66, poi RG e infine Ediperiodici).
“Il
Secolo XIX”, 2 febbraio 2008