Carlo Luigi Lagomarsino

tutti Charlie?

Lucia Canovi: LEI È CHARLIE? Edizioni Les Phares e book, 2015

Nel 2008 l'"anarcoco" (comunista e anarchico) Maurice Sinet, vulgo Bob, in arte Siné, fu cacciato in malo modo dal giornale umoristico del quale, essendo uno dei più classici vignettisti francesi, era un pilastro. La sua colpa fu di aver preso in giro il figlio di Sarkozy, Jean. Le parole incriminate furono queste: "vuole convertirsi al giudaismo prima di sposare la sua fidanzata ebrea, erede dei fondatori di Darty. Farà strada nella vita, questo ragazzo!" L'accusa? antisemitismo. Il giornale? "Charlie hebdo". Su certe cose evidentemente non si può scherzare. Il fatto mi venne in mente quando a gennaio di quest'anno 2015 successe quel che successe nella redazione di quello stesso giornale e quel che successe, si sa, fu morte. Come chiunque ne rimasi scosso. Resistetti però ai tanti "Je suis Charlie" aprioristici di quei giorni sebbene anagraficamente non mi avrebbe arrecato alcuno sforzo. La grande manifestazione che seguì ai fatti fu più irritante che altro, scontata nell'ufficialità dell'atto dovuto per un verso e fuorviante della diffusa indignazione per l'altro. Leggo che in quei giorni Nathalie de Saint Criq, giornalista di France 2, rilasciò questa dichiarazione: "sono proprio quelli che non sono Charlie che bisogna individuare, quelli che in certe scuole, hanno rifiutato di fare il minuto di silenzio, quelli che fanno la spia sui social network e quelli che non vedono in che cosa questa lotta sia la loro lotta. Ebbene, sono essi che dobbiamo individuare, trattare, integrare o reintegrare nella comunità nazionale".

Lucia Canovi ha scritto il suo libro per chiosare la suddetta affermazione: "Questo libro non è un pamphlet. Non è un attacco di rabbia. È, molto modestamente, una piccola analisi semantica di queste poche parole di Nathalie de Saint Criq". A questo punto, si chiede la Canovi, "a quale scopo individuare quelli che non sono Charlie? Un primo bilancio porta a credere che chi si fregia del motto è buono e tutti gli altri sono cattivi, probabilmente, anche se francesi, "non si sono mai integrati nella comunità nazionale, oppure l’hanno lasciata". Si è cattivi se si interpreta "trattare come un eufemismo per maltrattare e reintegrare come un eufemismo per disintegrare?"

L'autrice riporta anche una conversazione risalente al 2013 fra una presentatrice di France5 e il giornalista Patrick Cohen: "Ma insomma, abbiamo il diritto di pensare ciò che vogliamo, Patrick… " Risponde categorico il giornalista: "No! No, no, no, no, abbiamo il diritto di pensare quello che vogliamo nei limiti della legge". Roba da 1984 commenta la Canovi, "non siamo in democrazia siamo in idiocrazia". Effettivamente... la minaccia che abbiamo davanti non è alla sola libertà di espressione, ma a quella di pensiero. Come potrà realizzarsi lo sa solo Big-Brother. Ma non voglio togliere il piacere di leggere questo picolo libro costruito attorno a semplici e ragionevoli deduzioni che arrivano a sfiorare perfino certe zone d'ombra degli stessi fatti, la legge Gayssot, l'affare Siné, la direzione Charb del giornale...

Comunque, prima di concludere col poco che so di Lucia Canovi è bene riportare certi fatti di quei giorni di gennaio:

-L’arresto per apologia del terrosismo del comico Dieudonné per un tweet sarcastico dove diceva di sentirsi "Charlie Coulibaly".

-L’arresto di un giovane di 16 anni, che aveva avuto il torto di mettere on line sulla sua pagina di Facebook una caricatura di Charlie-Hebdo, con un commento ironico.

-Un minorenne di 17 anni che aveva gridato Allahou Akbar a dei poliziotti è stato chiamato a rispondere in giudizio.

-Un adolescente di 14 anni che aveva postato su una pagina Facebook "un commento ostile alla mobilitazione a favore delle vittime dei recenti atti terroristici" è stato arrestato.

-Jean-François Chazerans, professore di filosofia, poiché non avrebbe rispettato il minuto di silenzio che doveva far rispettare in classe è finito in tribunale ed è stato sollevato dall'incarico.

-Thierry Noirtault, pacifista che si "sente legato a tutti i suoi simili", è stato messo in stato di fermo perché, uscito di casa per partecipare alla grande manifestazione e testimoniare il suo "amore per la vita", portava un cartello con su disegnato un cuore e la scritta: "Io sono Charlie, io sono umano, io sono Kouachi, io sono la vita".

-Un ragazzino di 14 anni viene ammanettato perchè alla discussione proposta in classe sugli attentati dice "hanno avuto ragione".

-Un bambino diabetico di 8 anni è stato sentito al commisariato di Nizza per aver affermato "non sono Charlie", ma prima il maestro l'aveva sbattuto contro la lavagna e privato dell'insulina.

-Un altro, di 9 anni, è colpevole di aver gridato "viva il Corano".

Quando si dice "senso delle proporzioni", tutti sono stati coinvolti nell'apologia del terrorismo.

E adesso quel che so di Lucia Canovi, cioè poco o niente. Pare sia nata a Tolosa e risieda in Algeria. Dal nome, se effettivamente è il suo, sembrerebbe d'origine italiana. Ha scritto vari libri dei quali ignoro il contenuto. È tutto.

“Fogli di Via”, novembre 2015