Charles de Jacques

Céline al piano di sopra

Andrea Lombardi (a cura di): CÉLINE CONTRO VAILLAND. Eclettica, 2019 | Jean Pierre Richard: NAUSEA DI CÉLINE. La condizione umana nell'immaginario e nelle opere di Louis-Ferdinand Céline. Passaggio al Bosco, 2019

Jean Wahl diceva che Jean Paul Sartre con La Nausea aveva "metafisicizzato Céline". Jean Pierre Richard (da poco defunto) sosteneva invece che Céline aveva reso fattuale la metafisica. Giubilo dei céliniani, naturalmente, ai quali Sartre non va proprio a genio. Franco Fergnani per parte sua, dal grande studioso di Sartre che fu, ricordava "il forte influsso che sulla composizione del romanzo ebbe l’acquisizione di Kafka da parte dell’autore negli anni 1933-1934 e la compresenza di suggestioni letterario-filosofiche le cui fonti vanno da Valéry a Lévinas e a Proust, da Céline a Baudelaire e al surrealismo" (La cosa umana. Feltrinelli, 1978). Che nelle fonti di Sartre ci fosse proprio il loro idolo ai céliniani interessa ben poco. La loro non è d'altra parte una vera valutazione critica, a loro interessa solo il biasimo nei confronti di uno scrittore che può darsi non capiscano o non vogliano capire o anche capiscano fin troppo bene tanto magari da generare in loro l'angoscioso sospetto che un romanzo come quello di Sartre fosse il romanzo che Céline avrebbe voluto scrivere.

I céliniani - e non intendo ovviamente i semplici e appassionati lettori di Céline, che spero lo siano anche, se non di più, di Sanantonio - si trovano in una posizione che non ammette altri capolavori rispetto a quelli che hanno deciso siano capolavori insuperabili. Se a uno di loro, anche fascisticamente orientato, chiedete se Céline fosse un fascista comincerebbe a fare dei distinguo a meno che, in diverso e favorevole contesto, il fascisticamente orientato non lo rivendichi orgogliosamente al proprio ambiente. Roba da paraculi, direbbero i romani. Lo stesso vale per l'antisemitismo: ma come, Céline era contro tutti e tutto volgeva al comico e al grottesco, come fare confusione? Un anarchico, ecco cos'era, e "anarchico", a meno di non essere un militante dell'anarchismo, è un termine buono per tutto, di fondo assolutorio, affare che Céline stesso ha manovrato con cura malgrado qualche "heil Hitler" di troppo. Probabilmente non piacerà a taluno dei suoi più accalorati partigiani ma penso che Céline non fosse altro che un brav'uomo tentato dal mettere in evidenza la porzione di cattiveria che capita in dote a ognuno. Non aveva forse scritto che gli mancava ancora qualche motivo per odiare?

Questa riflessione - personalissima e senza pretese - mi è suggerita, più che dal libello di Richard, dal libriccino che Andrea Lombardi (certamente attivista cèliniano ma con sicuro impegno di studioso) ha allestito mettendo insieme pezzi vari attorno a un articolo di Roger Vailland del 1950 motivato dall'uscita di Casse Pipe e riprodotto dallo stesso Céline, prima dei suoi commenti, su un supplemento dell'eroico "Crapouillot". Un testo di Giampiero Mughini, tratto da un suo libro del 2012 e generosamente concesso, ripercorre l'intera vicenda col sopracciglio alzato della parrocchia intellettuale. In questione c'è l'edificio di Montmartre dove a un piano risiedeva lo scrittore e a un altro un membro della resistenza che riceveva compagni di lotta e ascoltava radio Londra. Che avrà fatto Céline? Vailland non ha dubbi e "il più grande scrittore francese del XX secolo dopo Proust" si offende, scomoda i tribunali e il vicino resistente prende le sue difese poiché all'epoca dell'occupazione le confidenze di Céline, a conoscenza di quel che si svolgeva nell'appartamento sottostante, l'avevano rassicurato. Il brav'uomo Céline, senza dubbio, che non aveva esitato a medicare uno degli ospiti del suo vicino di casa. Onore a lui.

Roger Vailland proveniva dal Grand Jeux, dove si sperimentavano i bordi del surrealismo, le religioni orientali, la patafisica e le droghe, droghe alle quali rimarrà fedele, compresa quella stalinista fino al '56. Cosa colpisce in questa querelle è che il testo più "céliniano" sia il suo mentre il titolare dello stile, sebbene con i banalmente consueti fuochi d'artificio, non vada al di là del voler dimostrare quella bontà d'animo, quell'onestà, quell'indulgente comprensione degli uomini che gli si vorrebbero negare. Qualche tempo dopo non nasconderà la sua irritazione per vedere Vailland vincere quel Goncourt che lui non aveva vinto. Ah, gli scrittori!

Voglio infine segnalare a Lombardi - se non ne fosse al corrente - che in una situazione analoga a quella di Céline si era trovato, in un'edificio della rue Saint-Benoît in Saint-Germain-des-Près, anche il doriottista Ramon Fernandez che al piano sottostante del suo appartamento trovava Marguerite Duras, Robert Antelme e Dionys Mascolo, entrati nella Resistenza. Materiale per un prossimo libriccino?

da “Fogli di Via” gennaio 2020