Collaboratore de “il Travaso”
e subito dopo de “il Becco Giallo” fin quando il fascismo lo chiuse nel 1926,
Alberto Cavaliere, già studente di chimica, raggiunse la notorietà con La chimica in versi (Zanicelli, 1928) ma nel
dopoguerra, poeta radiofonico, fece anche di peggio: eletto deputato col PSI
(al quale aveva aderito negli anni della clandestinità, dopo una parentesi
comunista) osava presentare le proprie interrogazioni parlamentari in rima. Il
componimento che segue lo ricaviamo da La parola a Alberto Cavaliere,
pubblicato, coi bei disegni di Franco Rognoni, dalle edizioni Avanti! (il
Gallo-Omnibus) nel 1957. Chiare allusioni sono fatte al partito della
Democrazia cristiana e alla “celere” (la polizia) di Mario Scelba. Lo stesso
anno in cui fu pubblicato il volumetto, Alberto Cavaliere perdeva la vita a
Sanremo, travolto da una motocicletta. Era nato a Cittanova (RC) nel 1897.
Alberto Cavaliere
Regime
Si
comincia così: lo sfollagente,
la
sicurezza, l’ordine, lo Stato,
la
pubblica morale; e lentamente
nasce
il regime (oppur riprende fiato).
Il
clima si fa duro, intransigente;
si
caccia dentro un primo deputato;
l’applauso
obbligatorio al Presidente
dovranno
poi la Camera e il Senato.
Messo
il bavaglio al libero pensiero,
seguon,
con un crescendo impressionante,
la
razza, il foglio d’ordine, l’Impero…
Fascismo?
Ohibò! Lontana, arcaica voce.
Questa
è “democrazia, sacra, operante
all’ombra
della mitria e della croce.