Antonella
Viale
Massimo Carlotto, Il maestro di nodi
L’attesissimo Il
maestro di nodi (edizioni e/o, 209 pag. 212, € 13.42) di Massimo
Carlotto arriva oggi in libreria dopo due anni di silenzio. Carlotto scrive tre
tipi di storie, tutte indiscutibilmente nere. Scrive romanzi reportage come
quello sui desaparecidos argentini come la sua autobiografia di latitante. Poi
scrive i romanzi interpretati dall’“Alligatore”, un detective per forza che ha
una grande dimestichezza con il mondo del crimine e affronta i casi con scarso
rispetto per le prassi e le figure istituzionali. Infine descrive il volto più
nero dell’Italia contemporanea. Sempre e comunque però pone l’accento sulla
denuncia sociale e politica, conficcando la lama dritta nelle (tante) piaghe. Il
maestro di nodi fa parte della serie con l’Alligatore e indaga
nell’ambiente spaventoso del sadomasochismo. Insieme con lui, altri due
personaggi fissi, Max la Memoria ex detenuto politico e Beniamino Rossini,
che è
invece un malavitoso della vecchia scuola, crudele ma rispettoso delle
regole del suo mondo. I tre danno la caccia ai criminali che, guidati dal
maestro, girano e vendono video sadomaso, compresi gli snuff (quelli in cui la
vittima viene uccisa sul serio, in diretta, molto richiesti da una parte del
mercato). E, ad un certo punto, Max decide di tralasciare il mestiere di
detective per andare a manifestare a Genova contro al G8 insieme ai No Global.
Parecchie sono le pagine del libro dedicate a quei giorni del luglio 2001,
condite di fatti e riflessioni di Max e del suo amico Alligatore. Come sempre
in Carlotto, il thriller è anche un pretesto per mettere in luce la nuova e la
vecchia violenza istituzionale che lo scrittore veneto (classe 1956) ha incontrato
durante il G8 a Genova e conosciuto durante la lunga detenzione per un delitto
dal quale in seguito è stato completamente scagionato.
È vero che aveva finito il libro e lo ha riscritto dopo il
G8?
“È vero, l’ho riscritto
a fatica, ma ho messo dentro delle storie che mi sembravano importanti. Mi
interessava molto approfondire un tema trascurato: il rapporto tra la violenza
del G8 e quella carceraria: la violenza esercitata a Genova, è la stessa che ho
visto nelle carceri italiane, una violenza di tipo squisitamente penitenziario
- nel senso di identificare le persone come detenuti- completamente diversa da
quella che c’è stata nelle piazze negli anni ’70”.
Spieghi meglio.
“Quando ho visto le
immagini e i film, ho visto la stessa violenza che i poliziotti usano, per
esempio, nelle carceri in rivolta. È un fatto di potere, di accanirsi in tanti
su una persona sola, picchiare tutti indiscriminatamente, obbligare la gente a
tenere le mani alzate”.
E l’argomento del nuovo romanzo?
“Sono stati alcuni
lettori a indicarmi l’ambiente del sadomasochismo e una serie di persone
scomparse, tutte legate al mondo del sadomaso italiano. E dopo due anni di
inchiesta sono arrivato a scrivere questo libro”.
Che tipo di inchiesta ha fatto?
“Attraverso interviste a
persone che frequentano l’ambiente. In questi anni ho monitorato 30.000
persone. Non ho giudizi morali da dare, ma la doppia vita che conducono mi
sembra una follia”.
Come si collegano la violenza tra adulti
consenzienti e quella istituzionale?
“La mia è una
riflessione complessiva sulla violenza all’interno della società, in cui
l’istituzione totale - come il carcere - obbliga la gente a una doppia vita,
cioè a nascondere ciò che pensa. Come accade ai sadomasochisti. La società è
sempre più violenta, oggi chiunque non sia d’accordo viene trattato da
marginale”.
Le è costato mettere nel libro una parte
dolorosa della sua vita?
“Non ragiono mai in
questi termini, perché allora tutto mi costa. L’importante era raccontare
queste cose: c’è un aspetto del mondo carcerario che non viene mai raccontato.
Tutti i fatti che ho descritto nel libro sono assolutamente veri, sono
successi, non importa se li ho visti coi miei occhi o se appartengono alla
memoria collettiva del carcere”.
“Il secolo XIX”, 2 Ottobre 2002