le voci
che corrono
Lorenzo Calogero
Lorenzo Calogero: Avaro nel tuo pensiero. Donzelli, 2014
A sessant’anni dalla sua
solitaria composizione (ottobre 1955), finalmente i lettori italiani avranno
l’occasione di scoprire una delle più belle raccolte poetiche del Novecento,
rimasta sino a oggi inedita, dopo la morte del grande poeta calabrese. Pur
essendo una raccolta organica predisposta dall’autore per una pubblicazione,
Avaro nel tuo pensiero non fu, inspiegabilmente, inclusa nei due volumi di
opere edite e inedite messi insieme da Lerici e Tedeschi all’indomani della
morte del poeta, nell’effimero clamore del caso Calogero, né ha potuto essere
riesumata prima d’oggi, nonostante la puntuale e autorevole segnalazione di
Amelia Rosselli, che nel 1980 ne scelse e commentò alcuni componimenti per la
rivista «Tabula», e nonostante i molti auspici e annunci di studiosi e di
editori ad essa succeduti.
All'interno del flusso ininterrotto degli oltre 800 quaderni autografi in cui
si riversò l'intera vita del poeta calabrese, Avaro nel tuo pensiero
rappresenta un eccezionale momento di concentrazione del lavoro quotidiano di
scrittura e assume il significato di un approdo rilevante, forse decisivo,
anche rispetto alle raccolte di poco precedenti e coeve. Con un colpo d’ala il
poeta di Parole del tempo si affranca totalmente da ogni traccia di epigonismo
ermetico, e mostra una sicurezza di costruzione formale, ritmica, e una
progressività incalzante del discorso poetico, che s’impongono idealmente nel
panorama della poesia di quel tempo con una originalità e una forza singolari.
Il lavoro linguistico affina e assottiglia, sino ad esiti di sorprendente
lucidità, i materiali di un’esperienza esistenziale e umana, che in lui fu e
appare prossima al nulla. Di questo nulla, riportato in un crudo e gentile
arabesco di segni, Calogero fa dono ai lettori d’oggi come di un’eredità
impegnativa, assoluta.
l’editore
Lorenzo Calogero: Parole
del tempo. Donzelli,
2011
§
LORENZO CALOGERO biografia http://www.lorenzocalogero.it/
Lorenzo Giovanni Antonio Calogero nasce il 28 maggio 1910
nel piccolo centro di Melicuccà, in provincia di Reggio Calabria, da
Michelangelo Calogero e Maria Giuseppa Cardone. Terzo di sei fratelli, Lorenzo
inizia le scuole elementari a Melicuccà e le conclude a Bagnara Calabra, dove
vive presso gli zii materni. Nel 1922 la famiglia Calogero si trasferisce a
Reggio Calabria, dove Lorenzo frequenta prima l’Istituto Tecnico, poi cambia
corso di studi conseguendo la maturità scientifica.
Nel
1929 la famiglia Calogero si trasferisce a Napoli per avviare i figli agli
studi universitari. E’ di questi
anni la scrittura dei primi versi, che legge solo alla madre. Lorenzo inizia ad Ingegneria, ma l’anno successivo decide di
cambiare facoltà iscrivendosi a Medicina. Nel 1934, per ristrettezze
economiche, la famiglia Calogero è costretta a tornare in Calabria. Segue con profitto gli studi ma
contemporaneamente legge i poeti e scrive: in
questo periodo compone buona parte dei versi che formeranno le raccolte 25 Poesie, Poco suono e Parole
del Tempo. Comincia a manifestare le prime patofobie.
Di
formazione cattolica, segue la scena letteraria che si raccoglie intorno a “Il
Frontespizio”, di Pietro Bargellini e Carlo Betocchi, ai quali invia le prime
poesie con la speranza che vengano pubblicate. I versi gli vengono però
restituiti, allora scrive a premi letterari e riviste spurie, vuole pubblicare
ad ogni costo. Nel 1936 esce a
sue spese il primo libro, Poco
suono, presso Centauro Editore. Nel
’37 si laurea in Medicina, ma
continua la corrispondenza con Betocchi, che gli promette di pubblicarlo ne “Il
Frontespizio”; la pubblicazione non avviene ed egli ne trae la conclusione che
il suo destino non è quello del poeta. Inizia un lungo periodo di distanza
dalla scrittura, in cui non v’è traccia di tentativi di pubblicazione o
contatti con il mondo letterario. La sua salute è precaria, tuttavia consegue
l’abilitazione e nel 1939 inizia ad esercitare la professione medica in diversi
centri della Calabria. Ma tende a tornare a Melicuccà, a rifugiarsi dalla
madre, con cui intrattiene un’intensa corrispondenza. E’ sempre più instabile.
Nel 1942 tenta per la prima volta il suicidio sparandosi in direzione del
cuore. Viene salvato a fatica. I fratelli sono in guerra, fa il medico sempre
più a malincuore: “sono vissuto nella mia professione come se scrivessi versi”.
Nel
1944 inizia una lunga corrispondenza epistolare con una studentessa di Reggio
Calabria, Graziella, cui seguirà un fidanzamento di cinque anni. La sua vita è
sempre più caotica, abbandona i posti di lavoro, si rifugia dalla madre con più
frequenza. Si getta in tutte le letture: filosofia, scienze biologiche,
matematica, teologia, poesia. Rompe con Graziella ma non la dimentica, e tenta
invano di riallacciare il rapporto attraverso lunghissime lettere disperate. Ha
ricominciato a scrivere: dal 1946 al 1952 compone le poesie poi incluse in Ma questo… e Come
in dittici. Dal 1951 al 1953
invia i suoi manoscritti a molti scrittori, poeti, uomini di cultura, l’esito è
sempre negativo. Nel 1954 invia dattiloscritti all’editore Einaudi, da cui non
riceve risposta. Decide allora di partire per incontrare Giulio Einaudi
personalmente, ma va a Milano e sbaglia redazione. Giunge a Torino maEinaudi è fuori sede e i suoi
scritti non si trovano. E’sempre più sfiduciato ma continua a scrivere a
editori e riviste , che gli rispondono evasivamente. Lo stesso anno riceve
l’incarico come medico condotto a Campiglia d’Orcia, in provincia di Siena; qui
scrive in soli undici giorni Avaro
nel tuo pensiero, che rimarrà inedito. Dopo appena un anno, una delibera
del consiglio comunale lo dimette dall’incarico di medico-condotto, così nel
1955 si ritira definitivamente nel suo paese. Riscrive a Einaudi che risponde,
ma negativamente. Nel settembre, sempre a sue spese, pubblica Ma questo…, presso Maia.
Scrive
anche a Betocchi, di nuovo dopo
vent’anni, chiedendogli di pubblicare con Vallecchi. Nel gennaio del
1956 esce la raccolta Parole
del tempo, che contiene 25
Poesie, Poco Suono, Parole del Tempo. A causa di
un peggioramento delle sue nevrosi viene ricoverato nella casa di cura “Villa
Nuccia” a Gagliano di Catanzaro. Tornato nel suo paese, scrive invano a
numerosi critici e poeti per farsi recensire Ma
questo… Ne spedisce
una copia anche a Leonardo Sinisgalli, accompagnata da una lunga lettera in cui
chiede la prefazione per un nuovo libro che sta per essere pubblicato “anche se
dovesse dirne tutto il male che si può immaginare”. Inizia così il rapporto con
chi invece sarà il primo a riconoscere le sue qualità poetiche, e che gli sarà
amico fino alla fine. Nel mese di settembre esce Come in dittici con la prefazione di Sinisgalli. In
seguito alla morte della sua amatissima madre, però, avvenuta poco dopo, viene
nuovamente ricoverato per un tracollo nervoso a “Villa Nuccia”. Si innamora di un’infermiera,
Concettina. Tenta nuovamente il
suicidio recidendosi le vene dei polsi.
Nel
1957 vince il premio letterario “Villa San Giovanni”, conferitogli dalla giuria
presieduta da Falqui, e composta da G. Selvaggi, G. B. Angioletti, G.
Doria, S. Solmi. Sinisgalli presenzia alla premiazione. Nonostante il
prestigio del premio non riceve nessuna proposta editoriale, che cerca
disperatamente, sempre più stretto da una ingenerosa incomprensione.
Mangia pochissimo, sostenendosi con sonniferi, sigarette, caffè. Tra il 1956 e
il 1958 scrive le novantanove poesie della raccolta Sogno più non ricordo. Viene
ricoverato nuovamente a “Villa Nuccia”. Nel 1960 si reca per alcuni giorni a
Roma, dove conosce Giuseppe Tedeschi, che racconterà il loro incontro
nell’introduzione al primo volume di “Opere Poetiche”, pubblicato postumo. La
sua irrefrenabile necessità di scrivere si intensifica, scrive i 35Quaderni
di Villa Nuccia, così come li intitolerà Roberto Lerici, editore di “Opere
Poetiche”, che costituiscono forse la sua più alta produzione letteraria.
Trascorre
gli ultimi anni da solitario e sventurato poeta nel suo paese natale,
consacrato alla poesia, corteggiando la morte.
Il
corpo del poeta senza vita fu trovato nella sua casa di Melicuccà il 25 marzo
1961. Nell’ultima pagina di un
quaderno trovato sulla sua scrivania, è stata trovata quella che forse è la sua
ultima poesia, “Inno alla morte”. Un biglietto trovato accanto al suo corpo,
recita la frase:
“Vi
prego di non essere sotterrato vivo”.
Nel
fascicolo di aprile 1961 di “Europa Letteraria”, Giancarlo Vigorelli pubblica
alcune sue poesie con note di Leonardo Sinisgalli. Nel 1962 con l’uscita del I
vol. di “Opere Poetiche” in un’elegante edizione della collana “Poeti europei”
della casa editrice Lerici, esplode il “caso letterario Lorenzo Calogero”.
Centinaia di articoli della stampa italiana e straniera lo definiscono “nuovo
Rimbaud italiano”. Il clamore dura quasi ininterrotto fino al 1966, quando,
quasi subito dopo la pubblicazione del II vol. di “Opere Poetiche,” la casa
editrice Lerici pone fine alla sua attività editoriale. Per anni è stato atteso
l’ultimo dei volumi della Lerici che avrebbe dovuto contenere Avaro nel tuo pensiero,
ancora oggi inedito, insieme ai circa 800 quaderni manoscritti, fittissimi di
liriche, numerosi scritti in prosa e lettere con poeti, critici, editori,
intellettuali. Attualmente il corpus inedito è composto da più di 15.000 versi
che attendono un’adeguata collocazionenella più alta letteratura del ‘900.