Maurizio Cabona

buon compleanno, Jerry

Ho incontrato per la prima volta Jerry Lewis quando lui aveva settantatré anni e camminava, elastico e trasognato, in camicia rossa e calzoncini neri, davanti al palazzo del cinema, a Venezia. C'era la Mostra del 1999, ma i cacciatori di autografi o non lo riconoscevano. O erano intimoriti dallo sguardo malinconico, che ne temperava il bel sorriso: la traccia di un'infanzia amara tornava ad affiorare, dopo una maturità di successi: successi tutti suoi, perché dietro la comicità di Jerry Lewis attore c'era Jerry Lewis autore.

In quei giorni, Jerry Lewis non stava bene, ma aveva rispettato l'invito a ritirare il Leone d'oro alla carriera. Era venuto ed era svenuto, però poi aveva stretto il suo primo Leone. Negli anni Cinquanta e Sessanta dei suoi trionfi, nessuna compunta giuria del Lido avrebbe premiato un suo film. Ma ormai presiedeva la giuria veneziana Emir Kusturica. Nella Sarajevo jugoslava, Kusturica bambino aveva riso coi film di Jerry Lewis; Kusturica regista di fama mondiale l'aveva così voluto in Arizona Dream (1992, dvd Bim). Alberto Barbera, direttore della Mostra, se n'era ricordato. Il seguito era stato logico e facile, perché Lewis era - è - un solitario che soffre di solitudine.

Giovedì prossimo Jerry Lewis compirà ottant'anni. L'eco del Leone veneziano s'è affievolita: prezzo della longevità è venir dimenticati già in vita. Chi oggi scrive sui giornali o parla nei telegiornali non ha visto i suoi film. Magari ha visto quelli di Jim Carrey, ma ignorando che Jerry Lewis è il suo modello Lewis; o ha visto Forrest Gump, ma ignorando che il personaggio di Tom Hanks scimmiotta quelli di Jerry Lewis; e ormai pochissimi sanno cogliere nei residui della mimica "molleggiata" di Celentano quella - più antica - di Jerry Lewis.

A proposito: figlio d'arte, Jerry Lewis sapeva anche cantare. Però con voce da mezzo soprano, un timbro poco virile. Eppure già a vent'anni era padre. Voce, andatura e smorfie avrebbero formato la sua cifra personale, complementare e contrapposta alla voce calda di Dean Martin (1917-1995), il suo partner della prima stagione, cominciata nel 1947 nei night, proseguita in tv e approdata nel cinema nei primi anni Cinquanta, contribuendo - più del cinemascope e del vistavision - a risolverne la prima grossa crisi, indotta proprio dal piccolo schermo. La loro eccezionale collaborazione è al centro dell'ultimo film di Atom Egoyan, Where the Truth Lies, interpretato da Kevin Bacon (Jerry Lewis) e Colin Firth (Dean Martin), presentato all'ultimo Festival di Cannes e inedito in Italia.

Ma il meglio Lewis l'ha dato da solo, con film da lui scritti, prodotti, diretti e interpretati. Ragazzo tuttofare (1960, dvd Paramount) è un capolavoro. Guardandolo, si capisce come possa esser bella una storia in bianco e nero che dura un'ora e dieci, soprattutto dopo tante brutte storie a colori che durano due ore e venti. Eppure la critica italiana coeva considerava Jerry Lewis il Totò di Hollywood, cioè una ricca nullità. Morti i critici seriosi, succeduti quelli non seri, Jerry Lewis è stato da loro ingorato per aderire alla causa di Alvaro Vitali.

Così, prima del Leone, la sola rivalutazione italiana di Jerry Lewis aveva coinciso con la sua interpretazione di se stesso in Re per una notte di Martin Scorsese (1985, dvd Fox). Il miglior attore comico degli ultimi sessant'anni veniva lodato solo come attore drammatico! Oppure per le interpretazioni crepuscolari, come quella di Arizona Dream? "Mi ha divertito girarlo - mi diceva con realismo Jerry Lewis - ma non nessuno è andato a  vedere quel film". Proseguì sintetizzando il segreto della comicità in un "restar bambini". Gli chiesi dell'omaggio a Stan Laurel in Ragazzo tuttofare. Mi rispose: "Lui è sull'Olimpo, io sono al Lido". Gli chiesi ancora dei suoi colleghi. Disse: "Gable, Cagney, Tracy, Bogart, Robert Taylor...". Obiettai che non aveva lavorato con loro. "Ma con DeNiro sì - rispose - ed è quasi lo stesso". Qualcuno gli domandò del tipico tormentone da Festival, il rapporto fra attori e politica? "C'è un comico - replicò - che, senza recitare, è stato rieletto presidente: Clinton".

Si era nell'anno della Lewinski, oltre che delle bombe sulla Serbia e dell'Oscar a Benigni. Dunque un altro giornalista chiese a "Jerry Lewis comico ebreo" un giudizio sulla Vita è bella. E Jerry Lewis lo gelò: "Non sono un comico ebreo, come credo nessuno si senta un comico cristiano. Si è comici o non lo si è. A sottolineare le origini è chi ha sofferto, chi discende da chi ha sofferto, ma anche chi sfrutta la sofferenza".

Buon compleanno, Jerry.

“Il giornale”, 12 marzo 2006

"Dean [Martin] e io eravamo animali da palcoscenico. Netta la differenza fra gli altri e noi: gli altri avevano un testo, noi siamo esplosi senza, come i musicisti jazz, che improvvisano". Così scrive Jerry Lewis in Dean and Me, che ora esce anche in francese (Dean et moi, Flammarion). Una parte della vicenda l'aveva già raccontata Nick Tosches in Dino (Baldini & Castoldi, 2004); nel 2005 il film di Atom Egoyan, Where the Truth Lies ("Dove sta la verità"), inedito in Italia, ha poi ipotizzanto che il donnaiolo Martin volesse sedurre Lewis. La crisi con Lewis cominciò quando Martin divorziò, perché la prima moglie di Lewis detestava la seconda di Martin. Il sodalizio familiare, che includeva anche Tony Curtis e la moglie Janet Leigh, cominciò a sfrangiarsi, lasciandosi alle spalle film parodistici, come Torna a casa, piccola shiksa (non-ebrea) prodotti nel retro di casa Lewis. In attesa che escano in dvd i film con Martin & Lewis, come Artisti & modelle di Frank Tashlin (1955), dove appare anche Anita Ekberg, la Paramount raccoglie in un cofanetto i film con solo Jerry Lewis: Il delinquente delicato di Don McGuire (1957) e Il Cenerentolo di Frank Tashlin (1961); e i film di e con Jerry Lewis: Ragazzo tuttofare (1960), Il mattatore di Hollywood (1962), L'idolo delle donne (1962), Le folli notti del dottor Jerryll (1963) e Jerry 8 e 3/4 (1964).