Carlo Luigi
Lagomarsino
canzoniere in fascio
C. Di Giorgi – I. E. Ferrarrio, IL NOSTRO CANTO LIBERO. Il neofascismo e la
musica alternativa, Castelvecchi, 2010
Si dice che anche i giovani neofascisti italiani
finissero contagiati da ciò che si andava diffondendo fra i coetanei di tutto
il mondo alla fine degli anni Sessanta e che senza troppi problemi
partecipassero delle medesime ventate ribellistiche, perlomeno fino all'aprirsi
di una stagione di violenze, stragi e sospetti ideologici che li costrinse
discriminati. Come spartiacque simbolico, ma nemmeno tanto, fra l'una e l'altra
fase si indica plausibilmente la disgraziata incursione di Almirante e
Caradonna nei corridoi dell'Università romana (la Sapienza). Qualcosa del primo
felice idillio giovanile dovette tuttavia sopravvivere se anche questo ambiente
prese successivamente ad aprirsi, pur nel sensibile scarto temporale, ai modi e
alle tecniche della cosiddetta "controcultura", con rivistine
ironiche e (finalmente) autoironiche, raduni avulsi dalle ritualità tramandate,
musica rock.
Questo accadeva col sentimento della discriminazione
subita, di un perdente isolamento di cui un po' ci si compiaceva, forse memori
di quegli altri giovani che dopo il 1943 si arruolavano, anche loro perdenti,
fra le "camice nere" della RSI e che per tutti gli anni del
dopoguerra avevano costituito il modello morale di tutti i giovani neofascisti
oltreché la linfa retorica del partito neofascista rappresentato in parlamento
dal Movimento Sociale Italiano. Il fatto è che quest'ultimo per quanto
dimenasse un’oratoria che rimandava al combattentismo della RSI, nei fatti era
un partito più vicino al conservatorismo bacchettone che ad altro e ciò -
dall'atlantismo, all'alleanza coi monarchici, all'essere una ruota di scorta
della Democrazia Cristiana ancora al tempo della battaglia per il divorzio - lo
rendeva contraddittorio nelle spinte ideali e manipolatorio nell'agitazione.
Una nuova leva di intellettuali - Al di là delle destra e delle sinistra si
chiamò un loro convegno - si mostrò a un certo punto disorganica al partito, il
quale del resto, riluttante a dar peso a freschi protagonisti - si pensi a
Marco Tarchi - non sembrava apprezzarne la disinvoltura e l'assoluta mancanza di paranoia. Un libro
curato da due di questi, Maurizio Cabona e Stenio Solinas, ne dette conto radunando
testimonianze sugli "anni di piombo" provenienti da fonti disparate,
diverse nell'ispirazione e nelle esperienze (C'eravamo tanto a-r-mati, Sette Colori, 1984). Solinas d'altra
parte avrebbe scritto che se non gli piaceva l'ambiente avversario non per
questo gli piaceva quello d'origine (Compagni
di solitudine, Ponte alle Grazie, 1999). Su un piano ancora
"militante" è d’altra parte assai istruttiva la lettura degli
articoli e dei saggi che Vincenzo Vinciguerra (autore reo confesso
dell’attentato di Peteano) con lucida e documentata prosa consacra alla “storia
di un inganno”, quello neofascista missino per l'appunto (Camerati, addio, Edizioni di Avanguardia, 2000).
Di ripensamenti del genere non sembra quasi esserci
traccia nelle interviste che a Di Giorgi e Ferrario hanno concesso i
protagonisti della scena rockettara legata alla “destra radicale”, nelle quali
il MSI mantiene piuttosto una centralità su quel piano di immedesimazione
cultuale/culturale (“rock identitario” viene anche chiamato il genere) affidato
alle canzoni (delle quali purtroppo non si riportano i testi). Ciò rende
ovviamente di grande interesse storiografico, generale e musicale, il libro che
le raccoglie, ma allo stesso tempo ne limita la portata estetica, ancorché in
qualche caso si assista a pieghe esistenziali più tormentate e solitarie, non
piattamente rivendicative di una differenza che suona talvolta come vera e
propria minorità invece di orgogliosa minoranza.
Interessante sarebbe stato pure comparare l’attività
pionieristica di questi gruppi e cantautori italiani, ai quali si può associare
l’eclettico francese Jack Marchal, agli sviluppi internazionali successivi di
penetrazione fra metodi e simboli della “controcultura”. A parte la variante
skin, della quale comunque si fa cenno, un ruolo di rilievo avrebbe dovuto
rivestirlo l’ambiente “black metal” attraverso i cui canali c’è stato perfino
un tentativo americano – coadiuvato dal capo della National Alliance, nonché
autore di The Turner Diaries e
vecchio collaboratore di George Lincoln Rockwell, William Luther Pierce – di annettere numerose etichette discografiche
indipendenti di ogni dove. Da tenere presente sarebbe stata anche la cospicua
attività giornalistico-musicale e l’appoggio di un musicista d’avanguardia come
Boyd Rice, benché disistimato nell’ambiente in quanto fascista puramente
estetizzante. “Fogli di Via”, Marzo 2011