Wolf Bruno

2 letture (Busi e Piccolo)

Francesco Piccolo : MOMENTI DI TRASCURABILE INFELICITÀ. Einaudi, 2015 | Aldo Busi : VACCHE AMICHE (un’autobiografia non autorizzata). Marsilio, 2015

Sono un misoneista, ma non in tutto. Lo sono, per esempio, coi narratori italiani. Ci metto molto, a volte anni, per provare una vera curiosità nei loro confronti. Non parliamo poi di trasformarla in attenzione. Quello di Francesco Piccolo era un nome che vedevo circolare da tempo, e l'unico vago interesse che potevo provare stava nel suo cognome, ma non ho mai creduto veramente che fosse in una qualche relazione di parentela con Lucio, il grande poeta ed occultista siciliano cugino di Tomasi di Lampedusa. Appresi invece che era uno degli sceneggiatori di Nanni Moretti, e questo non mi portava a essere compiacente. Naturalmente sbagliavo e lo capii decidendomi a leggere, attirato dal titolo, Momenti di trascurabile infelicità. Ho scoperto così uno scrittore amabilmente sciagurato, ragionevolmente minacciato nelle piccole cose dai suoi stessi famigliari, occupato da un comico soggettivismo anche se troppo ben disposto verso un mondo che finge solo di non capire - e non capisce. Pensai di non aver sprecato il mio tempo, tuttavia non sapevo - e ancora non so - se avrei voluto leggere i suoi libri passati ancorché sia un entusiasta di questo genere di "libretti cazzari" (deprecazione che è uscita dal capoccione depilato di Roberto Saviano al quale pergiunta non interessa "la letteratura come vizio" mentre a me tutto ciò che è vizio piace).

Avevo invece piuttosto fretta di passare all'ultimo libro di Aldo Busi, preso dalla voluttà della cattiva stampa ricevuta, come se si volesse ostacolare con ogni mezzo il passaggio dello scrittore fra i "venerati maestri". Ammetto che anche con Busi gli inizi non furono facili. Pare che chi se ne intende sia propenso a sistemare in quegli inizi il meglio dello scrittore e, una volta che presi a leggerlo dall'inizio, me ne convinsi anch'io. Per pigrizia, devo ammettere anche questo. Vacche amiche è arrivato al momento giusto per scrollarmi di dosso un torpore che durava da troppo tempo. E mi sono divertito. Cosa tutt'altro che scontata per un libro che a rigore non è un libro umoristico, sebbene nel sottotitolo, con umoristica insensatezza, l'autore (spero proprio che sia farina del suo sacco, ma coi titoli e i sottotili non si è mai sicuri) proclami essere "un'autobiografia non autorizzata", e non lo è, ancorchè certe pennellate autobiografiche (autorizzate o meno che siano) non manchino. È una di quelle realizzazioni che si è soliti definire "inclassificabili", il che nel linguaggio recensorio significa il più delle volte un buon risultato. Non romanzo, non saggio, non diario e nemmeno libello, ancorché in certi felicissimi momenti (il superlativo ci vuole proprio) proprio a un libello somigli nonostante la grazia dell'invettiva e la successione rapidissima delle argomentazioni (altro superlativo necessario) sul sesso, le donne scrittrici, il telefono, papa Bergoglio, l'omosessualità, il cachet, Cesare Pavese, la pornografia, la senilità, la mamma, la democrazia, i fantasmi e chi più ne ha più ne metta. Il miracolo è che tutto tiene. Miracolo di una lingua mobile che si fa beffe della trama con l'ordito e viceversa, viziosamente.

“Fogli di Via”, novembre 2015