le voci che corrono

Buscaroli: Beethoven

> Piero Buscaroli, Beethoven, Rizzoli, Milano 2004

...

Da quando Leo Longanesi gli chiese di curare un'edizione dei quaderni di conversazione che poi non si fece mai, Buscaroli il suo Beethoven l'ha meditato per cinquant'anni e scritto in cinque. Risultato: una biografia colossale (1356 pagg., 45E, ricchissima iconografia) ...

 

Come si fa a dire qualcosa di nuovo su Beethoven?

"Su Beethoven bisogna dire solo del nuovo. Perché ci sono alcune fonti che nessuno ha mai letto e molte altre che nessuno ha mai capito: le novità sono tante e clamorose".

...

"...la sordità potrà peggiorare, ma Beethoven la vince: sarà la premessa fisica alla perfezione interna del suono..."

...

Nel tuo libro Beethoven non sembra il solito buonista...

"Macché: era uno snob aristocratico e reazionario. Ed era, soprattutto, un nazionalista tedesco, anche più di quel che saranno Brahms o Wagner. Ma come Bach è stato sequestrato dalla chiesa protestante, così Beethoven è vittima di un umanitarismo buonista e grottesco. La Nona Sinfonia, quella dell'Inno alla gioia, nelle sue intenzioni era una "Sinfonie allemande", una Sinfonia tedesca. L'abbraccio che canta è quello dei tedeschi".

 

Beethoven controrivoluzionario...

"Assolutamente sì. La musicologia canaglia tiene accuratamente nascosti i bellissimi canti che, nel 1797 e poi ancora nel 1809, dedicò ai volontari tedeschi che partivano per combattere l'odiato Napoleone. Il Fidelio del resto, è un'opera controrivoluzionaria. Le prigioni che mette in scena sono quelle del terrore, i suoi eroi i nobili braccati".

...

Alberto Mattioli con Piero Buscaroli, "Il resto del Carlino", 16 maggio 2004

 

§

 

Grattar via da Beethoven l'Ottocento stupide et larmoyant, restituirgli la corona trionfale del supremo poeta classico della musica, lo splendore pagano della Quinta, della Sesta, della Settima, dell'Ottava Sinfonia, la sua età di vittoria”. E che sarà mai, infine, questa "biografia revisionista" scritta da Piero Buscaroli, se non la riproposta del primato di alcuni aspetti del compositore rispetto ad altri? Del suo torso classico, di primo esponente di quel "classicismo rivoluzionario" che l'autore ritiene l'età dell'oro della storia e della cultura europee, prima del passo falso del romanticismo e della successiva frana decadente e, poi, novecentesca. Dorato e solido come un mobile Impero, Beethoven - dice Buscaroli – ha dovuto sopportare troppi tarli e travisamenti, biografici e critici. Sua intenzione principale dunque è restituire la vera biografia perché, come scriveva Nietzsche, "tutto è biografia".Le pagine appassionanti dell'ampio volume sono allora quelle in cui questo metodo dell'andare alle fonti, di verificarle e incrociarle, di seguire le derive delle notizie e delle manipolazioni, arriva a ristabilire verità trascurate: il disperato Testamento di Heiligenstadt, quando Beethoven, trentenne e già sordo, racconta la propria solitudine e amarezza, non è mai stato spedito ai fratelli; la ricostruzione della genesi e delle riscritture del Fidelio rimarca il netto atteggiamento anti-francese e anti-rivoluzionario dell'autore: un tratto – qui Buscaroli sorvola - molto diffuso tra i giovani “germanici” di primissimo ‘800, che non per questo erano nostalgici. Importante l'accento messo sugli aspetti "fiamminghi" della famiglia di origine, che ritroviamo in tanti episodi dell'aspro carattere del musicista e nei severi passaggi contrappuntistici delle sue opere.

...

Anche Wagner è vittima del "pensiero romantico" quando definisce l'attacco del Quartetto op.131 “la cosa più malinconica che sia espressa in suoni”. Nessun sentimento è concesso al Titano, in questa rude visione pagana da considerarsi è unicamente “lo svolgersi della musica in sé”. Oggettivismo classico, o soltanto virile? Poi, splendida contraddizione, arriva la condivisa citazio-ne di Jacob Burckhardt che, ricevendo in questo il testimone da Schopenhauer, colloca la musica al primo posto fra le arti perché “esprime il cuore stesso dell'uomo”. Sì, è difficile “parlare” di musica.

L'antipatia verso Theodor Adorno, di cui Buscaroli non possiede la vastità di orizzonti e di risultati, è frequente e un po' facile. A proposito della Missa solemnis, Adorno nota - con la consueta apoditticità – “la rinuncia coerente agli elementi dell'elaborazione tematica”, che è tratto ricorrente dell'ultimo Beethoven. A questa interpretazione, l'autore contrappone dapprima le bellissime riflessioni di Giorgio Vigolo sull'umanità della Missa e sulla fede del suo autore, poi le proprie: “(nel Credo) del tutto nuova è la sprezzatura con cui il tema ancora fertilissimo è abbandonato alla sua sorte... un regime di libera successione apparentemente disarticolata si sovrappone agli ordini dialettici”. Del tutto adorniano. Il passo lungo dello storico inciampa volentieri nelle bucce della cronaca e dei privati bisticci e l'intero volume è pervaso, in misura perfino maggiore del precedente La morte di Mozart, da una prosa “alla Fallaci”, documentata e aggressiva, in cui la forza della ragione e del pensiero è più il muscolo, anche incontrollato, che il dubbio. Buscaroli - giornalista, inviato di guerra in Vietnam e Palestina - non sarebbe se stesso se rinunciasse al gusto della polemica. Molti i nemici: anzitutto i registi d'opera, definiti un "cancro" (tutti? Strehler e Wernicke, Visconti e Ronconi, Sellars e Brook?), poi  i musicologi - "l'infantile inettitudine" di una corporazione, in blocco, asfittica - e in ordine sparso i comunisti, i massoni (non manca una frecciatina contro gli "ebrei"), i sempliciotti"americani", i "bietoloni tedeschi", alcuni direttori - con Riccardo Muti deve esserci del pregresso - come tanti direttori artistici e sovrintendenti dei nostri teatri lirici (è come sparare sulla Croce Rossa), i giornalisti straccioni, i critici pappagalli. Con gli psicanalisti l'autore è meno astioso, considerandoli già morti...

...

Il libro avrà successo, premiando così il grande impegno storiografico, la febbrile alluvione della scrittura...

Sandro Cappelletto, “La stampaTTL”, 29 maggio 2004