Wolf Bruno

Bloy, Costantinopoli

Figlio di un massone anticlericale, Léon Bloy (1846-1917) divenne un sulfureo cattolico. Discepolo di Barbey d’Aurevilly, del quale condivideva il fascino satanista non meno dell’oltranzismo votivo, si trascinò poveramente coi proventi di collaborazioni giornalistiche che la sua virulenza verbale gli faceva regolarmente perdere. Scrittore straordinario, romanziere, libellista, e inaudito credente, ciò che riversava sul mondo contemporaneo gli ritornava sotto la specie di svariate accuse: ignoranza, brama di successo, scatologia, esagerazione, semplicismo, violenza, ingratitudine.

In Costantinopoli e Bisanzio (Medusa Edizioni, Milano 2003, prefato da un altro devoto eccellente d’oltralpe, Olivier Clément, e curato nell’edizione italiana da Graziano Lingua, coadiuvato da Anna Maria Brogi) Bloy si scatena nel demolire l’illuministica convinzione di una Bisanzio “decadente” esaltando viceversa la città come il confine posto ad arginare “le terribili passioni degli asiatici” attraverso l’azione di autocrati come Basilio, lo sterminatore dei Bulgari che fece strappare gli occhi a 15.000 prigionieri. Alla faccia dei moderni “eunuchi” del cristianesimo, Bloy esalta un regno “divertente” dov’era “impossibile annoiarsi” dal momento che quando non si compivano “massacri in Armenia, si faceva a pezzi la gente del Danubio”.   Bestia nera dello scrittore è il patriarca Cerulario, sotto il cui magistero si consumò lo scisma d’oriente. A suo carico Bloy lancia l’accusa di “aver strappato alla Chiesa milioni di anime per consegnarle al Demonio” per cui “avviene quello che succede per Lutero, Calvino o qualsiasi altro eresiarca, la cui bruttura morale è nota a tutti gli uomini colti” – ancorché il crimine di Michele Cerulario facesse “impallidire tutti i loro peccati”.

In origine il saggio di Bloy fu pubblicato in quattro parti nel 1906 sulla “Nouvelle Revue”. Si trattava, per buona sostanza, di un ampio commento ai volumi del bizantinista Gustave Schlumberger che lo avevano fortemente impressionato: “Tutti sono membri dell'Istituto”, diceva Bloy alludendo all’Acàdemie Française, di cui lo studioso era membro, ma “solo Gustave Schlumberger è autore dell'Epopea bizantina”.