Giuseppe Zuccarino
l’amicizia fra le lingue
Continua, presso diversi editori francesi, la
pubblicazione postuma dei carteggi di Maurice Blanchot, un narratore e saggista
che in vita si è sempre mostrato assai restio a far trapelare notizie sulla
sfera privata della propria esistenza. Va detto però che, almeno finora, le sue
missive raccolte in volume sono di carattere prevalentemente letterario1.
Non fa eccezione lo scambio epistolare, apparso di recente, con Johannes Hübner2.
A questo poeta poco conosciuto spetta il merito di aver tradotto in tedesco due
libri blanchotiani, ossia il saggio Lautréamont
et Sade e l’opera narrativa L’attente
l’oubli3. Lo scambio epistolare fra i due scrittori si estende
su un arco temporale piuttosto lungo, che va dal 1960 fino al 1973, ed è improntato
a uno spirito di vicinanza e collaborazione. Blanchot, di cui è noto che spesso
preferiva evitare gli incontri personali con i suoi corrispondenti, si mostra
disposto a fare qualche eccezione nel caso di Hübner.
Ciò dipende dal fatto che, anche se quest’ultimo è
parecchio più giovane rispetto allo scrittore francese, i due presentano non
pochi punti in comune: entrambi sono amici di René Char; Blanchot nutre grande
ammirazione per la cultura germanica e conosce bene la lingua tedesca, così che
può dare utili suggerimenti a chi sta traducendo i suoi testi; entrambi si
occupano di politica e sono vicini ai gruppi di estrema sinistra. Il periodo
coperto dall’epistolario, infatti, è quello che vede il ritorno di Blanchot a
una certa militanza, non più a destra come nel suo periodo giovanile, bensì sul
fronte opposto: contro il ritorno al potere di De Gaulle nel 1958, contro la
guerra di Algeria nel 1960, poi col tentativo di creare una rivista
internazionale e infine con l’impegno a fianco del movimento studentesco nel
19684.
Come già detto, gli scambi epistolari iniziano nel
1960, quando Hübner invia a Blanchot la traduzione di un estratto dal libro che
diverrà poi L’attente l’oubli.
L’autore francese si mostra subito attento non solo al lavoro specifico
compiuto dal suo corrispondente, ma anche alla problematica del passaggio da
una lingua all’altra. Ritiene infatti che, chiunque si trovi a confrontarsi con
un proprio testo reso in una lingua straniera abbia la possibilità di
riavvicinarsi a se stesso e di stabilire col traduttore «un rapporto anonimo di
amicizia»5. Nel caso specifico, tale rapporto si concretizza in un
primo incontro a Parigi; in esso, fra l’altro, Blanchot rende partecipe
l’interlocutore della propria passione per gli autori del romanticismo tedesco,
dai quali anche Hübner è attratto.
Qualche anno dopo, il poeta traduce la prima parte
di Lautréamont et Sade. È anche il
periodo in cui Blanchot è impegnato con altri nel progetto (che si protrarrà a
lungo e finirà da ultimo in uno scacco) di creare una rivista internazionale.
Scrive infatti al suo interlocutore: «Noi non ci rinunciamo, almeno certi
francesi e certi italiani, e se la nostra pazienza e ostinazione (senza dubbio
insensate) trionferanno finalmente sulle difficoltà, le farò sapere lo stato
delle cose, chiedendole consiglio, aiuto e appoggio»6. Nell’inviare
a Hübner qualche suggerimento riguardo alla versione tedesca del saggio su
Sade, Blanchot formula delle riflessioni sul tradurre: «La traduzione, così
intesa, è una lettura davvero critica, che rende sensibile e visibile
l’inespresso del testo, portandolo a compimento in un altro modo e lasciando
presentire che la lettera dei libri non è mai stabilita, stabilita e fissata
come quella della legge, ma sempre chiamata dal movimento di un significato
ancora privo di orizzonte, poiché sempre già dato virtualmente nella
possibilità di una lingua»7.
Più tardi, prendono corpo i progetti della versione
tedesca, effettuata da Hübner, dei due interi volumi Lautréamont et Sade e L’attente
l’oubli. In una lettera del 1964, Blanchot mostra di considerare
quest’ultima opera (che per il suo carattere innovativo è solo
approssimativamente definibile «romanzo» o «racconto») come in fieri, benché sia stata pubblicata
due anni prima: «L’attente è un testo
ancora incompiuto, forse chiamato a rimanerlo essenzialmente: piuttosto che un
work in progress, un’opera in attesa»8. Egli vorrebbe che
nell’edizione tedesca fosse mantenuta la singolarità del titolo L’attente l’oubli, con i due sostantivi
astratti senza virgola di separazione, oppure che i vari paragrafi del testo
fossero preceduti dal segno tipografico di un doppio più e meno (± ±), così da
evidenziare anche sul piano visivo la discontinuità della narrazione e il
carattere frammentario dell’opera9. In ogni caso, Blanchot ringrazia
Hübner perché la traduzione gli ha consentito di rientrare in contatto col
proprio libro, e lo fa richiamandosi a un mito greco che gli è particolarmente
caro: «Il suo testo […] mi ha permesso di leggere e rileggere il mio, e a volte
persino di apprezzarlo – così di nuovo, come Orfeo, lei ha potuto riportare per
me fin quasi alla luce un’opera già svanita»10.
Schierato a favore del movimento di protesta
giovanile manifestatosi in Francia a partire dal maggio 1968, Blanchot spedisce
al suo corrispondente un documento prodotto dal Comité d’action étudiants-écrivains di cui è uno degli animatori,
ed anche un esemplare del primo fascicolo del bollettino realizzato dallo
stesso comitato. Già l’anno dopo, tuttavia, deve prendere atto della crisi del
movimento, «benché la situazione politica continui a richiedere un cambiamento
radicale e che il potere di Maggio, quel potere infinito di mutazione, resti, a
mio avviso, intatto»11. Nella stessa circostanza, invia ad Hübner
(che lo tradurrà e lo farà pubblicare in tedesco) uno scritto sul tema del
sogno, la cui versione francese appare ora per la prima volta all’interno del
volume del carteggio. Il testo però, come notano giustamente i curatori di
esso, costituisce la variante di un saggio che era già apparso nel 1961 su
rivista, e che verrà ripreso più tardi nel libro blanchotiano L’Amitié12.
La ben nota ostilità dello scrittore nei riguardi di
De Gaulle si manifesta anche dopo le dimissioni del generale: «Le scrivo il 13
maggio [1969]. Undici anni fa, c’è stata qui l’azione di forza dell’esercito e
il primo passo di De Gaulle verso il potere; un anno fa, c’è stata, dopo la
notte delle barricate, la marcia di un milione di studenti e lavoratori
attraverso Parigi (in cui noi dicevamo a De Gaulle: «Dieci anni, adesso basta»)
[…]. In ogni modo, la sua sparizione è un grande cambiamento: finalmente, ci
siamo liberati […] di quel “tempo dell’eroe” che fisicamente ci soffocava, vera
morte politica contro cui il Maggio si è affermato in maniera prodigiosa»13.
Lo scrittore non scorge però, riguardo alla Francia, particolari motivi di
ottimismo, a meno che nuovi stimoli non provengano dall’azione dei militanti di
sinistra di altri paesi, come la Germania. Blanchot lo asserisce in frasi che
associano curiosamente lo spirito internazionalista e l’influsso delle idee di
Levinas: «Il domani rischia di essere di nuovo oscuro. Bisogna che ci aiutiamo
tutti costantemente, ricordando che nessuno di noi possiede la verità e che
questa ci viene sempre dall’altro, come se l’altro fosse sempre più vicino alla
verità di “me”»14.
E proprio su una timida luce di speranza, prodotta
dalla salita al potere in Germania del socialdemocratico Willy Brandt, si
chiude il carteggio. Siamo nel gennaio 1973, e col senno di poi va detto che
Brandt sarà costretto a lasciare la guida del governo già nel maggio dell’anno
successivo, mentre il poeta Johannes Hübner morirà precocemente nel 1977.
Nonostante ciò, il dialogo fra i due scrittori di paesi diversi conserva ancor
oggi un notevole valore e significato, come del resto la pratica, al tempo
stesso impossibile e necessaria, del tradurre. Non a caso Blanchot interpretava
come un gesto di amicizia il lavoro svolto dal suo traduttore, a cui scriveva:
«Vorrei soltanto dirle di nuovo la mia gratitudine, il mio affetto, che è come
raffigurato da questo rapporto d’intesa – in ciò che è più difficile – dei
nostri due linguaggi amici»15.
NOTE
1. Cfr. M. Blanchot, Lettres à Vadim Kozovoï suivi de La parole ascendante, Houilles,
Manucius, 2009; M. Blanchot - Pierre Madaule, Correspondance 1953-2002, Paris, Gallimard, 2012. È annunciato come di prossima pubblicazione il carteggio con Jean
Paulhan.
2. M. Blanchot - J. Hübner, Correspondance, Paris, Kimé, 2014.
3. M. Blanchot, Lautréamont et Sade, Paris, Éditions de Minuit, 1949; nuova
edizione ampliata, ivi, 1963 (tr. it. Lautréamont e Sade, Bari, Dedalo, 1974)
e L’attente l’oubli, Paris,
Gallimard, 1962 (tr. it. L’attesa,
l’oblio, Milano, Guanda, 1978).
4. Su
tutto ciò, cfr. M. Blanchot, Écrits
politiques 1953-1993, Paris, Gallimard, 2008 (tr. it. Nostra compagna clandestina. Scritti
politici, Napoli, Cronopio, 2004).
5. M. Blanchot - J. Hübner,
Correspondance, cit., p. 23.
6. Ibid., p. 34. Per
un’ampia documentazione in proposito, cfr. «Riga», 21, 2003: Gulliver. Progetto di una rivista internazionale.
7. M. Blanchot - J. Hübner,
Correspondance, cit., p. 41.
8. Ibid., p. 60.
9. Cfr. ibid., p. 67.
Qualche anno dopo, Blanchot utilizzerà il segno del doppio più e meno in certe
parti del suo libro L’entretien infini,
Paris, Gallimard, 1969 (tr. it. L’infinito
intrattenimento, Torino, Einaudi, 1977).
10. M. Blanchot - J. Hübner, Correspondance, cit., p. 66.
11. Ibid.,
p. 87.
12. Cfr. M. Blanchot, Rêver, écrire, in L’Amitié,
Paris, Gallimard, 1971, pp. 162-170 (tr. it. Sognare, scrivere, in L’amicizia, Genova-Milano, Marietti,
2010, pp. 172-180).
13. M. Blanchot - J. Hübner,
Correspondance, cit., pp. 103-104.
14. Ibid., p. 108.
15. Ibid., p. 68.