Carlo Romano

Bertoldo in profondità

 

Roberto Bertoldo: LA PROFONDITÀ DELLA LETTERATURA. Trattato di estetica estesiologica. Mimesis, 2016 | Marcello Fois: MANUALE DI LETTURA CREATIVA. Einaudi, 2016 | Harold Bloom: IL CANONE AMERICANO. Lo spirito creativo e la grande letteratura. Rizzoli, 2016 | Bruno Cavallone: LA BORSA DI MISS FLITE. Storie e immagini del processo. Adelphi, 2016

Seguire l'attività letteraria di Roberto Bertoldo nel campo degli studi è infilarsi in un percorso affascinante quanto accidentato, qui e là ostacolato da impenetrabili grovigli nei quali, fra l'altro, si intrecciano quelli che per me suonano come sibillini neologismi che se tali anche non fossero mi si presentano come parole composte che solo a fatica riesco a interpretare - ma l'autore, giudizioso, ne fornisce in appendice un provvidenziale glossario, ancorché "minimo. Fatto sta che mi verrebbe da parafrasare per Bertoldo quel che Agostino di Ippona andava dicendo del tempo: se lo leggo so di cosa parla, se mi chiedono di parlarne non lo so più.

In qualche misura mi è accaduto lo stesso leggendo La borsa di miss Flite di Bruno Cavallone - storico traduttore dei Peanuts e di Pogo - nonché professore di Diritto, ma senza che i neologismi si mettessero di mezzo. Si è trattato in questo caso di uno spirito finissimo che applicato al tema giudiziario in letteratura mi ha costretto a giocare d'astuzia per afferrarne le flemmatiche arguzie. Niente di tutto questo è accaduto affrontando pressoché contemporaneamente il Manuale di lettura creativa di Marcello Fois che, dico subito, a niente mi è servito in quanto libretto di istruzioni ma ne ho apprezzato diverse facezie intorno alla letteratura con un bel tono leggero che mi ha rammentato quello, comunque più impegnativo, del James Wood di Come funzionano i romanzi (Mondadori, 2010).

Certo che tanta leggerezza collegata a un libro come quello di Bertoldo che ragiona su La profondità della letteratura apparirà fuori luogo. Più congruo è con ogni evidenza il Canone americano di Harold Bloom, che poi di "canone" come ci aveva abituato a ragionare l'autore non si tratta e il titolo furbescamente allusivo lo si deve soltanto all'editore italiano, mentre Bloom vi si è impegnato a disquisire di dodici scrittori rappresentativi del "sublime americano", espressione che va riferita "allo sforzo incessante di trascendere l'uomo senza rinunciare all'umanesimo". Canone o meno, la prosa di Bloom anche in questo libro è quella un po' roboante e gonfia, anche di intuizioni per fortuna, della maggior parte della sua ricchissima produzione, ad ogni modo eccessiva (per non dire boriosa nella difesa a oltranza delle scelte personali) rispetto a quel geniale e inatteso capolavoro che fu tanti anni fa L'angoscia dell'influenza (Feltrinelli ).

Ne La profondità della letteratura Roberto Bertoldo cita Bloom una sola volta, e neanche con particolare rilievo, ma mi sento di dire che i due, stilisticamente e culturalmente assai dissimili, condividano un'idea politica della letteratura (ma in Bloom si chiama "universalità") che li porta a considerare l'una la parte migliore dell'altra, dove "l'una" è la letteratura. Niente a che vedere, ovviamente, con quell'uso strumentale alla propaganda che ne fecero i politici soprattutto nel secolo scorso o con quella fantasia necessaria per tenere insieme le masse e governarle della quale vaticinava il Bonaparte. Il primato nel nostro caso è esistenziale, non politico.

Si sente affermare che l'arte è ciò che socialmente viene riconosciuta come tale, lo sosteneva pure un grande estetologo come Dino Formaggio e Roberto Bertoldo lo cita. Lo stesso concetto si può applicare alla bellezza. Bertoldo a tutta prima sembra volerne cercare il significato costruendo un ampio trattato di estetica, nel quale per altro la specificità accordata alla letteratura si confonde con la trattazione generale. Che ci siano Kant, Hegel, Husserl o anche Bachtin, Lukacs e Mukarovsky fa solo parte del gioco. In realtà Bertoldo se ne fotte di trovare un significato a ciò che, con o senza fondamento, di per sé accetta nella sua evidenza e su tanta metafisica, della quale riporta accuratamente le argomentazioni, fa prevalere un atteggiamento insieme materialista e scettico. E se guarda a qualcuno è casomai a Leopardi che guarda.

“Fogli di Via”, novembre 2016