Traiamo questa conversazione dall'indispensabile Bernardo Bertolucci . Cinema la prima volta. Conversazioni sull’arte e la vita curato da Tiziana Lo Porto per Minimum Fax nel 2016. Si tratta di una raccolta di interviste , divise per decennio, rilasciate da Bertolucci a diversi autori che vanno dai critici cinematografici (Ciment, Rondi, Gili, Aprà e altri) a vari letterati (Arbasino, Gideon Bachman, Dacia Maraini) fino a Andy Warhol. Quella con Robert Aldrich fu in origine pubblicata nel 1974 su "Action" la rivista della Directors Guild of America, l'associazione dei registi americani creata nel 1915 a tutela della professione.

Bertolucci e Aldrich con la redazione di "Action!"

Alcune questioni riguardanti la censura

Poco tempo fa Action! ha messo insieme due registi di provenienza diversissima: Robert Aldrich, venuto fuori dalle file degli studi hollywoodiani, passato da assistente alla regia a regista di film come Vera Cruz, Il grande coltello, Che fine ha fatto Baby Jane?, Il volo della fenice, Quella sporca dozzina, L’assassinio di Sister George; e Bernardo Bertolucci, nato a Parma e figlio di un poeta, un filmmaker che al quinto film, Il conformista, si è imposto come uno dei più importanti giovani registi d’Europa. Bertolucci ha raggiunto fama e notorietà internazionali con Ultimo tango a Parigi, per cui è stato processato a Bologna per oscenità. I due registi, entrambi preoccupati da questioni riguardanti la censura, si sono incontrati nel quartier generale della Directors Guild a Hollywood e ciò che segue è parte della conversazione che hanno avuto.

BERNARDO BERTOLUCCI: In Italia c’è un tipo assurdo di censura. A farla sono i magistrati, i preti e gli educatori. Un film può essere proiettato solo se passa la censura, ma anche in quel caso un cittadino può denunciarlo e portarlo in tribunale. Per cui la censura non conta nulla.

ROBERT ALDRICH: Una domanda: se un film viene proiettato a Milano, perché hanno dato il permesso, poi però a Roma può essere bloccato, giusto?

BERTOLUCCI: Il processo non viene fatto nel posto dove il film è stato denunciato, ma dove è stato proiettato la prima volta. Il nostro produttore ha cercato di trovare una città in Italia dove i giudici fossero più liberali. Ma ha fatto un errore: Ultimo tango è stato proiettato per la prima volta a Bologna, e ci sono state un sacco di denunce. Abbiamo vinto il processo, ma il Pubblico Ministero ha fatto appello. Abbiamo perso in appello, e siamo stati condannati a due mesi di prigione, Marlon Brando incluso... La Corte di Cassazione ha cambiato la sentenza della Corte d’Appello e adesso il film può essere proiettato liberamente. Solo che dobbiamo tornare in appello. In teoria il film è libero, ma di fatto è vietato.

ALDRICH: Non è vero che in Italia, a differenza della Francia, i produttori meno seri scelgono città dove sanno che un film verrà vietato così da avere un maggior ritorno pubblicitario? Poi possono portarlo in città più grandi dove passerà la censura e verrà proiettato, così da sfruttare la pubblicità ottenuta.

BERTOLUCCI: Certo. Quando ci sono problemi del genere, la pubblicità è enorme. Ma se un film viene vietato nei centri più piccoli, può restare bloccato per sei mesi. Il rischio è grosso. Per cui cercano sempre di fare la prima proiezione di un film nei centri dove i magistrati sono più aperti.

ACTION!: E invece qual è stata la tua di esperienza con L’assassinio di Sister George, Robert?

ALDRICH: Per Sister George non si è trattato di censura politica, ma di un’industria che non aveva mai avuto un sistema di valutazione prima di allora. Niente G, GP, R O X*. Ti dicevano soltanto a posteriori, quando il film era già uscito, se era stato etichettato come un film X, ovvero vietato ai minori. E non c’era modo di fare appello, se non rivolgendosi al pubblico. Non c’era un posto dove andare. Non potevi rivolgerti alla Corte, potevi andare solo dal pubblico e chiedere di sostenerti. E questa censura non-politica è diventata potere economico. Mettiamo per esempio che volevi fare un film significativo come Ultimo tango. Quelli della United Artists ti dicevano: «Bene, vuoi fare un film importante come Ultimo tango? Se prendi Marlon Brando ti becchi una X; ma se non prendi Brando, e riduci così il dibattito sociale, politico ed economico, possiamo passare a una R».

BERTOLUCCI: Ma per fortuna ho scelto Brando prima di andare a parlare con la United Artists.

ALDRICH: Era per fare un esempio di come userebbero il sistema di valutazione senza tribunali e come condizione per finanziare un film.

BERTOLUCCI: Quindi una forma di ricatto.

ALDRICH: Esatto. Ed è molto sottile, molto sofisticata nel controllarti.

BERTOLUCCI: Posso dirti che questo tipo di censura da parte delle case di distribuzione non riguarda solo il sesso e l’erotismo, ma ogni tipo di storia creativa.

ALDRICH: C’è una differenza. Prendi la Francia. I problemi di censura che in Francia ha avuto La battaglia di Algeri da noi non li avremmo. Nel ’56 ho fatto un film che si chiamava Prima linea, e l’esercito non collaborava, e hanno provato a negarci le uniformi e la loro disponibilità. Oggi, con il sistema attuale, da noi non c’è più modo di impedirti di fare un film del genere. Mentre in Francia se uno volesse fare La battaglia di Algeri, terrebbero il film fuori dal paese così a lungo da fargli perdere impatto. Ci sono diversi tipi di sottile censura politica.

BERTOLUCCI: Alla fine credo che le case di distribuzione siano complici nella censura. Per esempio, non capisco perché nei film United Artists di solito c’è un marchio registrato che dice «An Entertainment from Transamerica Corporation», un intrattenimento fornito dalla Transamerica Corporation. L’ho cercato nel mio film. Non c’era. Diceva solo «United Artists».

ALDRICH: Be’, c’è una teoria, di cui io e te non saremo mai informati, per cui non puoi mettere il nome Transamerica su un film categoria X, perché la Transamerica ha interessi in altri settori.

BERTOLUCCI: Ma loro non ci guadagnano?

ALDRICH: Certo che no.

BERTOLUCCI: Io sono contrario a ogni forma di censura. Penso che ognuno dovrebbe avere il diritto di scegliere il tipo di intrattenimento che vuole. Gli adulti non andrebbero precettati, dovrebbero poter guardare quello che vogliono. Credo che la censura abbia sempre una base politica. Per esempio, in Italia ci sono un sacco di film osceni, ma non vanno incontro a problemi. Mentre Ultimo tango è stato condannato. Credo perché fossero convinti che Ultimo tango avesse un impatto politico maggiore rispetto a qualunque altro film osceno.

ALDRICH: Lo sai che ci sono diverse opinioni riguardo le nuove regole sull’oscenità? Per esempio, l’industria dice: «Troveremo un modo per rispettare la nuova legge». La Directors Guild dice: «No, non vogliamo nessuna censura, che siano libri, riviste, dipinti o film. Questo sindacato è contro l’industria e sostiene che non ci debba essere censura; se vuoi vedere un brutto film sono affari tuoi. Non sono affari dell’industria, o di un conglomerato di industrie. È un tuo diritto in quanto cittadino di vedere il diamine che vuoi vedere». Ma al momento siamo regolamentati dalla Corte Suprema e forse dovremo vivere con quelle leggi ancora per qualche anno. Adesso riguardano l’oscenità, domani potrebbero riguardare la politica.

ACTION!: In passato, Bertolucci, lei ha fatto dei film politici.

ALDRICH: Il conformista è stato censurato?

BERTOLUCCI: No, perché anche se mi riferivo al presente, la storia era ambientata negli anni Trenta. Non li riguardava.

ALDRICH: In Italia c’è una censura da parte della Chiesa, oltre che della legge?

BERTOLUCCI: Non in modo diretto, ma nella commissione c’è un esemplare di ogni tipo di potere. Per cui la Chiesa non è rappresentata in modo diretto, ma indirettamente sì.

ACTION!: In Italia la Chiesa condanna i film?

BERTOLUCCI: Sì, se vai in chiesa c’è una lista di film per adulti e una per bambini.

ACTION!: Ma li condanna di fatto?

BERTOLUCCI: Sì, ma non in modo ufficiale.

ALDRICH: Succede anche qui; i cattolici fanno una lista di film condannati.

ACTION!: I cattolici gestiscono una forma di autocensura a Hollywood?

ALDRICH: Sì, i cattolici hanno avuto una posizione singolare nell’industria cinematografica, a partire dai primi scandali riguardanti Hollywood. L’industria si rivolse ai cattolici e chiese loro: «Aiutateci a ripulire la nostra industria». Una volta entrati, nessuno è mai riuscito a mandarli via.

BERTOLUCCI: Hai avuto problemi con Quella sporca dozzina?

ALDRICH: Abbiamo avuto problemi per via della violenza, perché non c’era ancora un sistema di valutazione alfabetico. Quando è uscito Quella sporca dozzina, c’era un codice che potevi rispettare o meno. Secondo quel codice alcune scene di violenza nel film non andavano bene. Ma poi i cattolici hanno fatto una cosa strana. Nei loro trent’anni di gestione della censura, hanno sostituito la violenza con il sesso. Per cui ti dicevano, «Usa la violenza se vuoi scuotere il pubblico, ma lascia che sesso e matrimonio siano sacrosanti». Così per molti anni ti permettevano di essere violento quanto ti pareva. È solo negli ultimi dieci anni che la violenza è diventata un problema. Prima, se non potevi far vedere due persone a letto, potevi quantomeno farle vedere mentre si ammazzavano a vicenda. Il che è molto meno umano, certo, ma per loro era più pratico.

ACTION!: Ma c’è gente convinta che la violenza sia più oscena del sesso.

ALDRICH: Trovo sia un punto di vista ragionevole.

BERTOLUCCI: Sì, ma non credo sia vero. Perché quando ero piccolo giocavo con le pistole, ma non è che crescendo abbia mai ucciso nessuno. Guardando la violenza nei film sopprimi i sentimenti aggressivi.

ALDRICH: Sai che ci sono studi straordinari che dicono entrambe le cose: che la violenza crea violenza, o che la violenza elimina indirettamente la violenza. La televisione in questo paese è molto attenta alla violenza, e forse è un bene, perché non possiamo controllare a che ora i bambini vanno a letto. Dici che ogni paese dovrebbe stabilire un’età minima per vedere un determinato film?

BERTOLUCCI: Sì, è l’unica censura che condivido. In ogni paese c’è un’età diversa in cui diventi adulto. Non credo che Ultimo tango sia un film per bambini.

ALDRICH: È la stessa posizione del sindacato. Ci dovrebbe essere un unico tipo di censura. Dopo quella determinata età, l’accesso dovrebbe essere del tutto libero. Il che è una scappatoia per la tv, perché non c’è modo di controllare l’età degli spettatori. Forse è sano che ci siano delle limitazioni.

BERTOLUCCI: La responsabilità però dovrebbe essere dei genitori.

ALDRICH: Ma i genitori potrebbero non essere a casa quando il bambino vuole accendere il televisore.

BERTOLUCCI: In generale trovo che la censura sia peggio che mostrare qualcosa di brutto a un bambino, perché la censura è sempre una forma di oppressione politica.

ALDRICH: Sono d’accordo. Ma guardando all’aspetto economico, diciamo che la tua posizione è diversa rispetto a quella della United Artists, così come la mia posizione per Sister George era diversa da quella della ABC, che lo ha prodotto. Potrebbero toglierti i soldi, a me è successo. La United Artists non vuole battersi contro la censura, e non può restare senza soldi, mentre io e te sì, se insistiamo nel batterci.

ACTION! (interprete): Penso che la censura nel cinema sia molto più politica in Italia che in questo paese.

ALDRICH: Sono d’accordo. Se uno avesse i soldi, potrebbe fare un film radicale quanto vuole e in cui può dire tutto tranne «sparate a Nixon», e nessuno andrà mai a dirgli: «Non puoi fare un film del genere». Potrebbe dire: «Nixon è un imbroglione», e potrebbero al massimo fargli causa, ma nessuno gli impedirà di proiettare il film.

ACTION!: Uno di voi due potrebbe definire cos’è la pornografia?

ALDRICH: Io personalmente non so qual è la definizione di pornografia.

ACTION!: Esiste anche la libertà di fare pornografia?

BERTOLUCCI: La pornografia è una bomba lanciata in Vietnam. Non credo che la pornografia sia Gola profonda. Non sono un moralista. Non ci trovo nessuna pornografia nel sesso. Mai.

ALDRICH: Ma anche se ci trovassi della pornografia, non pensi che ogni adulto abbia il diritto di vederla?

BERTOLUCCI: Certo. Posso trovarci volgarità e oscenità, ma ho comunque il diritto di sentirmi offeso o di non sentirmi offeso.

ALDRICH: Sono d’accordo. Assolutamente. Sta allo spettatore. Se sei offeso o turbato, te ne vai. Basta che non disturbi il vicino di poltrona, e lo spettatore ha il diritto di andarsene.

BERTOLUCCI: Tutti gli enormi palazzi e il cemento sulla riviera italiana mi disturbano, ma Gola profonda non mi offende.

ALDRICH: Un’ultima domanda. C’è una soluzione che gli artisti e i registi di tutti i paesi possono proporre affinché i governi non intervengano in termini di censura? È ipotizzabile?

BERTOLUCCI: (Lunga pausa) È molto idealistico. Credo che dobbiamo batterci in ogni paese. È una lotta particolare e non puoi scinderla da quella generale. I moralisti hanno un loro punto di vista, e non si rendono conto di essere moralisti. Non parlo solo dei censori, ma di molta gente comune. Ci sono un sacco di moralisti in giro. Ho ricevuto una quantità incredibile di lettere di insulti.

ALDRICH: Ma i russi con la loro censura non sbagliano quanto gli italiani con la loro, e gli americani con la loro? Non è la censura in generale a essere sbagliata?

BERTOLUCCI: Io sono contrario a ogni censura. Ma non credo che possiamo fare una sorta di Nazioni Unite contro la censura. L’unica ragione per cui la censura esiste in tutti i paesi è la repressione. Ma la censura è diversa in ogni paese.

(Conversazione pubblicata sul periodico della Directors Guild of America Action!, vol. 9, n. 2, Hollywood, marzo/aprile 1974.)

*G sta per «General Audiences», ovvero adatto a un pubblico di qualsiasi età; GP, «Parental Guidance Suggested», è un film per la cui visione viene consigliato di chiedere il permesso ai genitori; R, «Restricted», è vietato ai minori di sedici anni; X è vietato ai minori di diciotto. [n.d.c.]