Carlo Romano

Bataille, Madame Edwarda, Zuccarino

 

Che ne è di Bataille? Manipolato in  salsa studentesca per anni e anni, cibo quant’altro mai piccante per menti il cui fremito maggiore era l’esame universitario, deve aver perso nelle attuali circostanze quella forza dietro la quale era possibile celare il nulla con l’eccesso. Cercar di far impressione discettando di sacrifici umani, d’amore dentro alla morte e di qualche altro tema ricorrente sembra aver cessato da un pezzo, pur avendo il selciato fatto di sole parole, di essere una strada percorribile. Anche se  lanciò alle volte il suo talento a seguire le orme lasciate dall’uomo delle caverne, o qualche cuore gocciolante di sangue nelle piazze azteche, Bataille stesso ebbe del resto a pestare essenzialmente i marciapiede parigini. Nei momenti propizi, quando il conforto della moda accendeva la fede, affrontandone dunque tranquilli il malsano spessore della scrittura, si poteva tentare di esserne epigoni rimanendo nella sostanza dei semplici esegeti. Ma qualche esegeta, per fortuna non semplice o intaccato dalle mode, è rimasto a tramandare un punto di vista che percepiva lontana dall’uomo non soltanto “la pura luce” dei teologi ma la stessa estremità dove, con troppa fretta e orgoglio, l’uomo ha voluto accasare l’intelletto. Giuseppe Zuccarino è uno di questi oggi rari esegeti. Appartato per scelta, da sempre confinato in una Liguria che nulla ha di lirico e della quale apparentemente gli importa poco, meticoloso fino alla mania, è riuscito a preservare dalle circostanze la sua cristallina fedeltà e di nuovo infila Bataille a puntualizzare una raccolta di saggi, Il desiderio, la follia, la morte, che a distanza di due anni dalla precedente (Percorsi anomali) pubblica ancora con Campanotto di Udine (edizioni@campanottoeditore.it). Non c’è solo Bataille, ma tutto gli gira intorno. Non per niente, il primo dei saggi, in un libro che manca di prolegomeni, è a lui dedicato. Da questo saggio, del resto, è tratto il titolo del libro, che dopo Bataille passa ad occuparsi di Leiris, Artaud, Blanchot, Barthes e Derrida, cioè amici, affini e “discepoli” di Bataille stesso. Questo saggio esemplare riguarda Madame Edwarda. Ricostruendo le vicende autoriali ed editoriali del racconto, Zuccarino prende a  sovrapporre alla trama il proprio commento critico, volto innanzitutto alla collocazione dell’opera nel “reticolo di correlazioni” di un corpo letterario che Bataille riteneva  suscettibile di  modifiche e ampliamenti. Maurice Blanchot confessò a suo tempo di aver provato “un vero spavento” quando lo scrittore volle confidargli l’intenzione di rimaneggiare proprio Madame Edwarda, cui era particolarmente attaccato, al punto di considerarlo “il racconto contemporaneo più bello”. Viceversa Zuccarino, affermando l’aperta testualità di Bataille, rivendica con pochi e convincenti argomenti la nuova compattezza che il racconto assunse a partire dal 1956 con la prefazione che l’autore vi aggiunse, corrompendo quella “specie di assoluto” che Blanchot voleva immutabile. È impossibile d’altra parte non notare che in questa prefazione Bataille rilegge l’erotismo di Madame Ewarda nella specie dell’ateismo. Ciò fa riflettere ulteriormente sull’opera di Bataille poiché se i suoi testi narrativi trasmettono una malinconia esistenziale che complica ogni altro possibile approccio all’erotismo, nell’ateismo egli rasenta qualcosa che somiglia, sia pur lontanamente, alla parodia, all’ateismo osceno e popolare di una volta. Chissà cosa pensa di Bataille Monsignor Ravasi, che proprio recentemente lamentava la scomparsa dei grandi atei.

il Secolo XIX”, 24 agosto 2005