Si è tenuta quest'estate a Bassano del Grappa (17 giugno-20 agosto 2.000) una mostra che avremmo voluto maggiormente segnalata, ripresa e discussa, tanto la sua concezione ci sembra rientrare in una sfera di desideri più volte manifestati, e apparentemente facili da realizzare, che un insieme di circostanze ha spinto continuamente a dilazionare. La mostra si è chiamata Sentieri Interrotti-crisi della rappresentazione e iconoclastia dagli anni cinquanta alla fine del secolo. L'esplicito richiamo ad Heidegger del titolo non deve trarre in inganno e far pensare a qualcosa di imbarazzante e tedioso. Ancora una volta per definire una mostra si è prediletta la denominazione allusiva, ma nel nostro caso perlomeno non ci si è trascinati troppo in là nell'astruso. Molto meglio il sottotitolo, anche se qui era probabilmente sufficiente limitarsi alla "crisi della rapresentazione" essendo, a nostro parere, l'iconoclastia un problema più remoto e non del tutto pertinente. Si è trattato in ogni caso, nel concreto, di una vasta documentazione intorno a quelle tribù dell'arte (Co.BR.A., Lettrismo, Movimento Nucleare, Patafisica, Internazionale Situazionista, Spur, Gutai, Fluxus, Poesia Visiva, Arte Postale, Art & Language, Neoismo, Luther Blisset e nomi collettivi) che negli ultimi cinquant'anni hanno portato, in termini più o meno radicali, quanto avevano ricevuto in eredità dalle avanguardie a delle conseguenze di fatto tutte logiche anche se non sempre così vicine come potrebbe talvolta sembrare. A questo ragguardevole corpo dominante (nel quale ha trovato posto, peraltro, la sistemazione della celebre "caverna dell'antimateria" di Pinot Gallizio) sono state aggiunte due sezioni di cui una, imperniata sull'Art Brut, sicuramente "pensabile", e un'altra, dedicata alla pittura delle scimmie, di buon effetto spiazzante quanto congeniale. Un'altra cosa originale della mostra è che l'imponente catalogo (pubblicato da Charta) è stato preceduto da un "pre-catalogo" (pubblicato da Derive-Approdi). Da quest'ultimo, per gentile concessione degli autori, abbiamo tratto il testo riguardante il Lettismo.
Sandro Ricaldone-Carlo Romano
Lettrismo
Quando ad Isidore Isou chiesero come mai scelse di trasferirsi a Parigi dalla Romania, rispose di aver esitato fra il soggiornare in Russia, andare a Berlino o rimanere in patria a fare lo scrittore yiddish. Ma Parigi era Mallarmé e l’avanguardia. Se voleva diventare scrittore, affermò con massima naturalezza, la doveva raggiungere. Tanto fece che nel giro di poco tempo fondò il Lettrismo, pubblicò chez Gallimard e divenne, con l’aiuto, inizialmente, soprattutto di Pomerand e di qualche discepolo che declamava suoni senza senso al Tabou e al Vieux Colombier, una figura caratteristica di Saint-Germain-des-Prés.
Collocato usualmente entro il vasto raggio della seminagione surrealista, il movimento di Isou, a onor del vero, col Surrealismo aveva poco o nulla da spartire. Ciò non toglie che dopo il 1945 fosse diventato naturale rivendicare l’eredità d’un movimento ancora vivo e vegeto del quale, contro quella che è diventata una fin troppo scontata evidenza, sarebbe bene, di tanto in tanto, ricordare anche qualche positivo incremento. Per certi versi, anzi, il Surrealismo del dopoguerra era migliore di quello degli anni eroici ma, per l'appunto, aveva perduto ogni eroismo, tanto valeva, col beneplacito di Jean-Paul Sartre, dichiararlo morto e riconoscergli, con la dovuta mestizia, quel destino dei grandi patrimoni che porta ad uno scadimento dell’iniziativa in chi si trova a spartirne l’eredità. Estranei che fossero a queste vicende notarili, i lettristi fecero comunque un inutile terntativo di sostituirsi al gruppo bretoniano. Se, in forza dell’episodio, un qualche ruolo all’interno di una discendenza già allora assai ramificata glielo si volesse proprio dare, i lettristi non sarebbero i peggiori, benchè poi siano rimasti i più trascurati, il che, tutto sommato, avrebbe dello stupefacente se non si sapesse fin troppo bene come vanno le cose fra chi si occupa di arte e letteratura. E’ poco chiaro, d’altronde, perché Pollock o Montale debbano esser ritenuti più importanti, grandi, apprezzabili e irragiungibili di Isou, ma così si è voluto che fosse.
Tutta l’energia posta dai lettristi a fare del loro capo un dio in terra è servita a poco. A Isou è riuscito comunque di guadagnare l’attributo di "papa" che a suo tempo certi maliziosi avevano riservato a Breton, e ciò, in fin dei conti, è già qualcosa, pur dovendo ammettere che l’assegnazione sia avvenuta in un contesto di ordini, regole ed obbedienze dissomiglianti. In termini di equità e moderazione, il suo ruolo nel lettrismo è da collocare nel novero dei fondatori di quelle religioni laiche e positive che essendosi giovate del contributo di Auguste Comte e John Stuart Mill ottengono di essere osservate quali bizzarrie piuttosto che venir deplorate come, ad esempio, succede alla Dianetica. I lettristi, che amavano definirsi "anarchici", si sforzavano in tutti i modi di spiegare che questo ruolo niente avrebbe avuto a che fare coi rapporti che intercorrono fra maestri e discepoli. Il loro scopo era di far sì che tutto quanto nella soggettività risultava un’incombenza potesse alfine disperdersi nella creatività e nel piacere. Offuscati da un simile e trito fourierismo, i lettristi rimanevano disarmati rispetto al loro capo e non mostravano di avvertirne il peso della soggettività. Pomerand, il fedele discepolo degli inizi, dopo avergli consacrato i verdi anni si sentì tradito e si dedicò alla morfina. Morì suicida, ma fu un caso. Nell'insieme, i lettristi, finchè rimanevano tali, erano felici di esserlo e, quando non lo erano più, erano ben felici di esserlo stati. Come un padre confessore, Isou sapeva qual tipo di rassicurazione impartire, e poteva così proclamare al suo uditorio di essere un messia facendo capire che chiunque poteva aspirare ad altrettanto avendo davanti a sé la confortante prospettiva di un mondo fatto di artefici-maestri che predicano l’un l’altro le virtù delle rispettive forze creative. Che nessuno si preoccupasse dunque se lo scampolo principale della futura divino-umanità era lui, prima o poi sarebbero stati tutti, se non Cristo, Zaratustra. Per il momento, tuttavia, restava suo il compito di aggregare un nome ad un messia, portare la buona novella e prendere perfino contatti con i sionisti sulla base della convinzione che l’ebraicizzazione fosse un viatico alla felicità.
A questo punto dovrebbe essere chiaro che per un lettrista era sufficiente fare il cretino per equivalere al vate. La prospettiva non dispiaceva. Isou concepiva la propria predicazione come un sistema che capovolgeva la negatività delle avanguardie in gioia. Ai giovani come lui, che in anticipo su chiunque altro considerava l'autentico soggetto rivoluzionario, offriva una nuova opportunità di avvicinarsi facilmente all’arte e alla rivoluzione, proposta tutt’altro che disprezzabile. L'avanguardia (con il suo bagaglio di trovate e clowneries) non aveva più il significato di una provocazione demolitrice ma quello di un primo consapevole approccio alla vera e costruttiva creatività. Sul filo del tempo, la resistenza delle buone intenzioni non è superiore a quella delle cattive e accumulare sempre nuovi "apporti", quale ne sia la reale misura, non è più facile del darsi a nuove provocazioni. Via via che perdeva i vecchi apostoli Isou trovava nuovi seguaci e, detta la sua intorno ad un argomento, ne affrontava un altro stabilendo ogni volta i parametri di un’ accezione superlativa. Anche l’ebraismo d’origine, una volta ripudiato, veniva superato nella nuova fede "Iperteista". Nè deve stupire che anche la ricerca scientifica abbia, secondo lui, acquisito un indirizzo lettrista, quando numerosi ed esimi professori di varia umanità s'appigliano a rade cognizioni orecchiate in quell'ambito per conferire alle solite idee sull’arte, la letteratura, la verità, una veste che impressioni il lettore. Isou non è meglio né peggio di loro come non lo è di Pollock o di Montale. E i loro devoti, probabilmente, li ritengono "dio in terra" più di quanto effettivamente i lettristi abbiano ritenuto esserlo Isou.
Nonostante tutto, c’era nei lettristi qualcosa di troppo spregiudicato perché fossero dei veri allocchi e quando rovesciavano le loro pretese totalitarie sul système des Beaux-Arts, potevano lasciar intendere di volerne mantenere gli argini interni mentre, in qualche modo, nei fatti, li stavano sommergendo. Della loro frenesia d’inglobamento e d’innovazione Guy Debord sottolineerà l’importanza rimarcando che si trattava di una ricerca condotta non per gusto maniacale dell’originalità ma per investigare "i meccanismi dell’invenzione". Accanto ad essa, e alla presa di partito a favore della gioventù, altro aspetto decisivo del Lettrismo era la sua carica aggressiva nei confronti delle "avanguardie formaliste" che ne fecero, si può dire, la sola tendenza realmente iconoclasta dell’epoca, seppure gli argomenti dai quali Isou ha sviluppato il movimento non smettano di lasciar perplessi.
Com’è ovvio, in principio era la lettera, "un materiale" che consentiva di integrare le discipline poetiche, musicali e plastiche. Con un processo di espansione condotto su due linee: interna la prima, basata sull'utilizzo di tutti i segni possibili (Ipergrafia), di tutti i supporti esistenti (Mecaestetica integrale), sulla sostituzione dello svolgimento mentale alla realizzazione concreta (Estetica immaginaria); esterna la seconda, fondata sull’innesto di pratiche di performance, teatro, cinema, danza, design ecc. Isou ha dato vita ad una scuola che attivava la dimensione multimediale non come risultato di interazioni fra specialisti ma attraverso la polivalenza del singolo autore. Una polivalenza che doveva nutrire poi la diaspora del lettrismo, le cui inevitabili diramazioni centrifughe si sono indirizzate verso molteplici filoni: la "poèsie sonore", anzitutto, indirizzata alla sperimentazione delle nuove tecnologie di registrazione ed elaborazione del suono, ma che conta fra i suoi elementi costitutivi la Megapnéumie (1951) di Wolman (ove le consonanti vengono disintegrate per approdare ad una pura materia sonora) e i crirythmes (1953) di Dufrêne; l'affichisme novorealista, nato nella cerchia ultra-lettrista di Villeglé, Hains e ancora di Dufrêne; lo Schematismo di Robert Estivals. E che doveva fissare, con la séance de cinema, escogitata da Lemaître per "Le film est dejà commencé?" (1951), uno dei prototipi delle tendenze poi associate sotto l’etichetta dell’happening. L'analisi isouiana degli svolgimenti letterari e musicali condensata nella "Introduction à une nouvelle poèsie et à une nouvelle musique" (1947) ipotizzava il passaggio da una "fase di ampiezza" ad una "di cesello", dalla creazione monumentale al frammento e quindi all'unità elementare, una dissoluzione totale (ricercata attraverso la politanasia estetica) che avrebbe dovuto aprire la via ad un nuovo ciclo. In quest'ottica si collocavano la poesia impostata su unità infraverbali, il montaggio discrepante (che dissociava la colonna sonora dall'immagine filmica), le aggressioni alla pellicola con macchie, abrasioni, segni e finalmente il cinema senza immagini ("L'anti-concept" (1951) di Wolman e "Hurlements en faveur de Sade" (1952) di Debord).
Ma anche queste "provocazioni insopportabili" non erano sufficienti per la "frazione estrema", il gruppo che darà vita all'Internationale Lettriste (Debord, Wolman, Brau, Berna, quest'ultimo in realtà senza un ruolo effettivo, ma ispiratore - nel 1950 - dello scandalo di Notre-Dame, in cui Michel Mourre travestito da domenicano aveva proclamato dal pulpito, nel giorno di Pasqua, la morte di Dio). Consumata alla fine del 1952, dopo una disputa originata dalla contestazione promossa da Debord e compagni nei confronti di Chaplin in visita a Parigi, la frattura nasce sul terreno dell’insoddisfazione esistenziale, dell’"urlo e del furore" proclamati in uno dei primi numeri di "Potlach". Il rimprovero mosso alla "componente retrograda" di Isou, consisteva in sostanza nella incapacità di rendere "la vie passionnante". Non che i membri ufficiali e ufficiosi dell’I.L. andassero allora, sotto questo profilo, molto al di là della mera rivendicazione e di una sorta di bohème che aveva al suo centro l’ebbrezza alcolica perseguita con accanimento nei locali del Café Moineau o qualche liaison con minorenni fuggite di casa.
E’ comunque riappropriandosi delle tematiche surrealiste (e prima ancora rimbaldiane) del riscatto della vita quotidiana e delle passioni che l’Internationale Lettriste si differenzia dall’impostazione isouiana, centrata sulla novazione creatrice. Il duplice riferimento si ripercuote anche sul piano dell’attività più schiettamente artistica che, come le conseguenti elaborazioni di poetica, appare in qualche modo scissa. Da un lato la pratica della dèrive di ascendenza surrealista, dall’altro il detournement che al di là dei richiami lautreamontiani e brechtiani e il possibile riferimento al ready made si presenta fin dalla sua stessa definizione come procedimento di nitida seppur dissimulata impronta lettrista. Gli sbocchi successivi dell’esperienza dell’Internationale Lettriste, l’urbanismo unitario e la costruzione di situazioni, sviluppano in maniera più originale la sorgente surréalisante dell’ispirazione del gruppo, ponendo le basi per l’incontro con il M.I.B.I., che attraverso Jorn e Cobra, attingeva alla medesima fonte. I nuovi obiettivi, sottolineati dall’adozione di un’altra sigla, introducono - ancora con qualche ritegno - le problematiche dell’inflazione e del superamento dell’arte. Ma il passaggio dall’estetico al sovversivo, sul finire dell’esistenza anagrafica dell’I.L., si profila appena sullo sfondo.
Si può discutere su cosa Debord potesse immaginare nel 1957, ma è difficile credere che sapesse allora di dover pubblicare la "Societé du Spectacle" dieci anni dopo. Isou sapeva invece già nel 1946 quali sarebbero state le opere che avrebbe scritto. Naturalmente per una questione di cocciutaggine non di profezia -e non c’è ragione di pensare, nonostante le apparenze, che avendo suppergiù l’età degli UFO, il Lettrismo abbia avuto anche un lontano rapporto con essi. Sta di fatto che non è venuto meno alla parola data ma, anzi, l’ha arricchita strada facendo, coerente, in un certo qual modo, col principio che ha lasciato in sorte ai suoi lettristi di superarsi costantemente. Più che un augurio sembrerebbe una maledizione, anche se, a fronte di un movimento tanto preoccupato di migliorarsi, gli unici che avrebbero da prenderla sul serio sarebbero gli storici, privati della comodità di poterne isolare, a rigore, il momento focale. Consuetudine vuole che quest’ultimo sia tuttavia riconosciuto agli anni che coincidono con le battaglie per un’affermazione che nello specifico è stata assai relativa. Il problema, comunque, non è decisivo: in più di mezzo secolo di vita, il Lettrismo ha operato senza neppure avvertire la tentazione di riciclarsi altrimenti. La sua indifferenza a quanto avveniva ed avviene, nelle arti, fuori dal suo ambito è pari alla presunzione di aver anticipato tutto. Che in ciò ci sia del vero lo si è visto, tuttavia l’indifferenza dei lettristi è stata ripagata con un’abbondante indifferenza delle arti nei loro confronti. Forse anche per questa singolare circostanza la giovinezza è divenuta per i lettristi la condizione definitiva della vita. Ma anche se più sopra abbiamo loro riconosciuto un qualche primato in materia è doloroso dover ammettere che su questo piano aveva forse più vigore Benito Mussolini e che, cronologicamente, altri sono stati più tempestivi, Bertrand de Jouvenel (il nome era già un programma) ad esempio.
Su un punto non si può tuttavia transigere, ed è quello delle immediate conseguenze della loro predicazione. Si è riscontrato come, a dispetto di ogni velleità antagonistica, Isou rimanesse paradossalmente una presenza indifferibile tanto per Debord e Wolman, ai primi vagiti dell’Internazionale Lettrista, quanto per Estivals e gli ultra-lettristi al momento dell’uscita di "GRAMmeS" (1958). Asger Jorn, ai tempi dell’Internazionale Situazionista, pur critico verso il "sistema di Isou", ebbe modo, in svariate occasioni, di celebrare il Lettrismo come gruppo d’avanguardia anche a scapito di quello dal quale lui stesso proveniva, vale a dire CO.BR.A. Una buona dose di fascino, il Lettrismo e il suo capo devono dunque averla esercitata in una chiave che non sempre è rinvenibile con facilità partendo dai documenti espressi. Michèle Bernstein riteneva il giovane Isou capace di soggiogare attraverso la bellezza. Mettendo a confronto delle fotografie, e riconoscendo ad Isou tutto quel che merita, non è tuttavia difficile intuire perchè poi i giovani gli abbiano preferito Elvis Presley, ma che sia lui stesso (più verosimilmente che sia stato) il documento più espressivo del Lettrismo potrebbe esser vero sotto diversi aspetti. Nei manuali scolastici francesi è entrato nel 1968.
SR-CR
Vedi anche la locandina e un fotogramma del Traité de Bave et d'eternité in archivio