Charles de Jacques

Barnes, il fratello e la vestaglia rossa

Julian Barnes: NIENTE PAURA. Einaudi, 2022 | Julian Barnes: L'UOMO CON LA VESTAGLIA ROSSA. Einaudi, 2020

Non era passato molto tempo da quando avevo finito di leggere L'uomo con la vestaglia rossa quando un nuovo libro di Barnes (in realtà più vecchio, risale al 2008) mi è venuto sotto gli occhi (e fra le mani). L'uomo con la vestaglia rossa è la storia di Samuel-Jean Pozzi, un chirurgo e ginecologo di provincia finito nelle grazie dell'aristocrazia culturale parigina, così da essere ricordato da Proust e ritratto da John Singer Sargent, il pittore americano (ma nato casualmente a Firenze, e all'Italia rimasto sentimentalmente legato diventando amico, fra gli altri, del pittore e grande fotografo Francesco Paolo Michetti e di Mariano Fortuny, pittore e geniale decoratore ispano-italico-veneziano. Sargent fu assai stimato da impressionisti come Degas, Monet e il suo connazionale Whistler). Ritrattista di grande importanza il suo "Dottor Pozzi a casa" è l'uomo con la vestaglia rossa del titolo del libro (un parigino che si vestiva a Londra). Non si tratta però di una vera biografia, quanto piuttosto di un pretesto per incrociare, letteralmente, una considerevole quantità di altre storie artistiche e intellettuali (Flaubert, Wilde, Rossetti, Alma-Tadema, Robert de Montesquiou, Conan Doyle, Jean Lorrain, Rostand, la comtesse de Noailles, Sarah Bernhardt e diverse altre, fra grandi e piccole a illustrazione della società colta di fine Ottocento).

Una sorta di saggio a incastri.

In parte lo è anche Niente paura che è autobiografico alla stessa maniera che l'altro è la biografia del dottor Pozzi. Ci sono abbozzati vari personaggi della famiglia di Barnes in schizzi delicati resi affascinanti da tratti di pastello colorato più che di penna, con palpiti di sottile umorismo che fanno capire cosa sia "l'umorismo inglese", non il gusto puro e semplice della battuta, fosse anche una freddura, bensì il ricorso alla situazione particolare in una particolare flessione di dettagli. Già il primo di questi schizzi, imperniato sulla nonna, incanta con ingredienti che sfiorano la nostalgia. Ma il succo del libro si presenta presto come il confronto dello scrittore col fratello maggiore Jonathan, grande studioso della filosofia greca, professore a Oxford, Ginevra e Parigi-Sorbona. E da qui quello coi genitori specialmente la mamma (chi sarà il preferito?). A un certo punto si domanda se i figli allunghino la vita ai genitori e se lo facciano in maniera tale da avvicinarsi a ciò che avrebbero voluto avvicinare. Di questo prolungamento intergenerazionale, dice Barnes, lui e il fratello sono due pessimi esempi.