Andrea
Lombardi
il massacro
delle bagatelle
Ieri, giovedì 11 gennaio, l’editore Antoine Gallimard
ha posto la parola fine con un comunicato alle agenzie di stampa francesi alla
querelle che agitava il demi-monde delle
lettere e l’establishment politico francese ai primi di dicembre del 2017,
ossia da quando erano trapelate le prime indiscrezioni, poi confermate dagli
interessati, della volontà di Gallimard, della ultracentenaria vedova di Céline Lucette Almansor e del
legale rappresentante e biografo céliniano avvocato Francois Gibault di ristampare
per la prima volta dal dopoguerra gli aborriti cosiddetti “pamphet”
di Céline, Bagatelle
per un massacro (1937), La
bella rogna(1941) e La scuola dei
cadaveri (1942).
Alle prime obiezioni e
richieste di spiegazioni, l’avvocato Gibault aveva
risposto abbastanza ingenuamente che “i tempi gli sembravano maturi”, e che non vi era stato un gran che di scandalo nel 2015 alla
ripubblicazione – e al successo di vendite – de Les Decombres di Lucien Rebatet, scandaloso pamphlet-mattone collaborazionista, se
possibile ancor più antisemita delle Bagatelles. L’ingenuità
dell’avvocato Gibault è stata non tanto quella di
sottovalutare l’impatto di un nome come quello di Louis-Ferdinand
Céline e dei suoi pamphlet, quanto non rendersi conto
che in questi ultimi anni la corsa al politicamente
corretto e l’ascesa al potere della dittatura
della mediocrità stiano crescendo esponenzialmente mese per mese,
settimana per settimana ovvero financo giorno per
giorno, e ciò che poteva sfuggire agli inesausti e penetranti occhi delle
Grandi Vestali della “Coscienza Universale” ieri, non lo sarà più l’oggi…
E l’avvocato della vedova Céline, qualunque siano le motivazioni della decisione di
quest’ultima dell’andar contro la volontà del defunto marito di non vedere più
ristampati Bagatelle e company
– si è parlato dei costi delle cure mediche H24 della 105enne Lucette –
probabilmente ha sottovalutato l’impatto non tanto delle lamentele delle
Associazioni ebraiche e contro le discriminazioni, prevedibili e incarnate
dall’usuale volto di Serge Klarsfeld,
lancianti strali contro “il ritorno dei populismi e le violenze antisemite” (come se gli attentati di Parigi o le violenze contro gli ebrei francesi
delle banlieue fossero stati fatti
da fini connoisseur delle opere di Céline), ma dell’imprinting pavloviano
lasciato sui mediocri – la maggioranza – degli intellò,
vuoi stampati, vuoi televisivi, vuoi di pixel, vuoi riscaldatori di poltrone
IKEA accademiche, e commentatori assortiti, del mediocrissimo
libro di una schieratissima sinistrorsa coppia, Annick Duraffour
e Pierre-André Taguieff,
autori del libro a tesi Céline, la race et le Juif, uscito nel febbraio 2017. In
questo ponderoso volume, accompagnato da una campagna mediatica senza
precedenti per un testo accademico così di nicchia, il dinamico duo cerca di
dimostrare questi ameni punti:
– Céline era un rabbioso antisemita (che originalità),
peraltro ripubblicando come frutto di ricerche originali materiale arcinoto: dai
suoi scritti e lettere comparsi sulle riviste di destra francesi nel 1940-1944
alla testimonianza parigina di Ernst Jünger
dipingente Céline come un “maniaco introvertito”
farneticante di epurazioni anti ebraiche. La qual cosa, più che scorretta
scientificamente raggiunge vertici di ilarità quando i due si fanno riprendere
dalle TV francesi mentre compulsano le lettere di Céline
alla stampa collaborazionista negli archivi della Biblioteca Nazionale di
Francia – il che fa molto “topo d’archivio” – quando le stesse lettere sono già
state comodamente rilegate in volume e pubblicate nel 1994 in Lettres des années noire dell’accademico
Alméras, studioso non tenero con Céline,
peraltro, e in altri testi (e tradotte in italiano in Céline ci scrive, Le lettere di Louis-Ferdinand Céline alla
stampa collaborazionista francese, 1940-1944, a cura di Andrea Lombardi e
con prefazione di Stenio Solinas,
Roma 2011), o quando in ogni loro singola intervista, appello, manifesto e
tazebao riprendono l’apocalittica citazione di Jünger,
non considerando come Céline stava semplicemente
recitando la parte del perfido nichilista, come suo solito con gli
interlocutori che meno gradiva. Céline sarà stato senza dubbio sempre più soddisfatto di
abbindolare l’altezzoso boche, e di suscitare la
crescente indignazione dell’algido e aristocratico intellettuale ed esteta
tedesco, combattente come lui nella prima guerra mondiale. Avvenimento
del quale Jünger, a differenza di Céline
che ne narrò soprattutto gli orrori, fu glaciale e appassionato cantore nelle
sue prime opere, evocando la grandezza del combattente che si ergeva contro le
tempeste d’acciaio degli scontri di materiél.
– Céline era pagato dai nazisti, riprendendo la nota – e
falsa – accusa di Sartre, signorilmente rivolta dal filosofo esistenzialista e
ex primo fan di Céline quando
sul primo pendeva una comoda condanna a morte in comtumacia
da parte della “giustizia” francese, occupata dal 1944 a far cadere più teste
francesi piccolocollaborazioniste possibili per far
dimenticare Vichy a Alleati occidentali e russi. Come mirabolante pezza
d’appoggio, Duraffour e la Taguieff
tirano fuori un verbale di interrogatorio di un agente della sicurezza tedesca
(SD) che cita il nome di Céline in un elenco di
personalità francesi attenzionate. Più che una
pistola fumante, una pistola ad acqua.
– Céline, alla fin fine, oltre che a essere un poco di buono
e un antisemita non è poi manco sto gran scrittore, ed è
tale solo grazie a una consorteria di céliniani, célinofili e célinisti – segue
nel libro radiografia antropologica-comportamentale
delle suddette categorie – che si dividono grossomodo negli ingenui traviati e
nei fiancheggiatori Collaborazionisti, comprendendo i critici letterari e
biografi céliniani, tutti ritenuti troppo poco abili
e troppo abbindolati da Céline per essere
“scientifici”. Al contrario ovviamente di loro due fenomeni, ca va sans dire.
Ovviamente
tutte queste chiacchiere di portinaia e rimasticature di altri lavori
originali, come i
fondamentali Les
idées politiques de Louis-Ferdinand Céline di
Jacqueline Morand-Deviller e Relevé des sources
et citations dans Bagatelles pour un massacre di Alice Kaplan
(in italiano segnaliamo il bel lavoro di Riccardo De Benedetti Céline e
il caso delle “Bagatelle”, Milano 2011), sono però condite da un
formidabile apparato di note, utili a abbagliare i ghiozzi e a dare dignità
accademica a un’opera faziosa, dove tutto è piegato al dare una pseudo
struttura scientifica alle opinioni preconcette degli autori. Ebbene, in questo
meraviglioso Brave New World, un libro così, che in tempi normali avrebbe avuto la triste sorte del
macero per mancanza di vendite a parte le copie acquistate dagli autori per
amici e parenti, è invece divenuto un testo di riferimento, e Duraffour e Taguieff osannati
come “esperti di Céline”, oscurando nei media autori
al di sopra delle parti come Éric Mazet,
Henri Godard, i céliniani e ebrei Emile Brami e
Pierre Assouline, Régis
Tettamanzi (la sua curatela della edizione canadese dei
pamphlet lì uscita nel 2012 grazie al differente diritto d’autore, viene
ovviamente stroncata dalla coppia come “insufficiente”, d’altronde, solo 230 e
passa pagine di note di un professore universitario che si dedica a Céline da decenni…), Jean-Paul Louis, esperto e magnifico editore céliniano, Gibault stesso… E, prima che Antoine Gallimard si tirasse indietro,
dopo aver dapprima apparentemente tenuto botta a decine di lettere di richiesta
di “rassicurazioni” del Governo francese e israeliano e di una pletora di
personaggi spazianti dai ministri della République ai pigliainculo e quaqquaraqà
commentatori da operetta blog, segnaliamo che c’era stata infine una piccola
apertura accademica per una edizione “contestualizzata da una ampio impianto di
note smententi le tesi antisemite di Céline”, che NON
poteva però essere lasciata ai soli “esperti céliniani”
(d’altronde inadatti, perché gabbati da Céline o
conniventi antisemiti tout court sotto
sotto, vedi supra),
ma che doveva essere condotta nei tempi dovuti solo da una “équipe
multidisciplinare”. Seguivano poi una sfilza di paludati signor nessuno, e,
ohibò! – tra i nomi chi ci troviamo? Ma la Duraffour
e Taguieff, ovviamente! Abbastanza triste, nevvero?
Quello che succede poi è
appunto notizia di ieri, Antoine Gallimard si tira indietro, e l’edizione è
sospesa. E direi che se il rischio era di trovarsi Bagatelle
per un massacro, opera violenta come le
contemporanee poesie di Aragon inneggianti alla GPU e
Stalin e al massacro dei “borghesi” – ma d’altronde i morti dei
Gulag e dell’olocausto ucraino hanno avuto solo un Šalamov letto
da centinaia e non uno Spielberg visto da milioni – ma molto più complessa e geniale nel suo forsennato delirio di
sottocapitoli di dialoghi dell’assurdo, balletti e invettive non solo contro
gli ebrei ma anche contro la chiesa, il comunismo, il fascismo e il nazismo,
per poi contraddirsi e ricontraddirsi, contro la
stupidità e vigliaccheria di governanti e governati francesi del primo
dopoguerra, e da studiare anche come tratto d’unione tra
la sperimentazione dell’argot dei
primi romanzi e la petite
musique degli ultimi, con la prefazione di sti due poveracci, allora meglio così, che non se ne parli
più.
“lf-celine.blogspot.it”,
13 gennaio 2018