Massimo
Bacigalupo
ho ritradotto Pound
I “Cantos”
di Ezra Pound sono una delle opere leggendarie del Novecento, come “La terra
desolata” di T.S. Eliot e l’“Ulisse” di Joyce, di cui nel 2012 è uscita una
nuova traduzione a cinquant’anni da quella precedente. Così dei “Cantos” Guanda
ripropone la prima massiccia cantica (XXX
Cantos), cinquant’anni dopo la traduzione dovuta a Mary de Rachewiltz in
collaborazione col padre Pound. Ho intrapreso l’ardua impresa ricordando che
già Giovanni Raboni
auspicava
una nuova traduzione del poema, che ne desse una lettura diversa e aggiornata.
Del resto lo stesso Pound era un sostenitore della necessità di tradurre e ritradurre
incessantemente, convinto che la “forma” insita nell’opera emergesse dal flusso
delle riscritture come Venere dalle onde. Ogni traduzione è una rilettura, con
i suoi pregi e difetti, ma ha comunque il merito di rimettere in discussione il
testo, di consentirne una visione per così dire stereoscopica. Sbagliando si
impara, e questo vale anche per il lettore.
Nella
mia nuova versione ho cercato un linguaggio colloquiale che pure rispettasse le
impennate epiche del poema, che passa volentieri dal quotidiano al visionario. Ecco
ad esempio come Pound, studioso in gioventù di poet iprovenzali, racconta nel
canto 20 la sua visita a un professore:
“E
andai dal vecchio Lévy, / erano ormai le 6.30 / di sera, e lui si trascinò per metà
Friburgo/ prima di cena, per vedere i due foglietti copiati, / di Arnaut, all’Ambrosiana
(71 R. superiore), / non che sapessi cantargli le note./ E mi chiese: Dunque, c’è
qualcosa che posso dirle? / E io: Non so, professore, o piuttosto: / Sì,
dottore, cos’è che vogliono dire con noigandres?/ E lui: Noigandres! NOIgandres!
/ Sa, per sei mesi della mia vita/ Tutte le sere andando a letto mi chiedevo: /
Noigandres, eh, noigandres,/ Ma che DIAFFOLO può voler dire! / Vento sull’uliveto,
ranuncoli ordinati, /Accanto al chiaro spigolo
delle
rocce / L’acqua corre, e il vento profuma di pino/ E di campi di fieno sotto la
falce del sole.”
Emil
Lévy era appunto un’autorità sul provenzale, Pound aveva sempre ammirato
Arnaut, l’inventore della sestina che Dante incontra nel Purgatorio. Qui i due
discutono del significato di una parola oscura. Il senso dell’episodio è che
dove il filologo deve arrendersi il poeta arriva con l’intuizione, sicché Pound
passa dal dialogo a una scena che evoca direttamente il mondo dei poeti
provenzali come lo vede lui. I “Cantos” sono un poema basato sulla traduzione che
va continuamente ritradotto.
Questo
brano dimostra come Pound prenda il lettore in confidenza, come gli piaccia scherzare
(quanto imita l’accento tedesco di Lévy), e come poi si lasci andare in una
delle sue romanze visionarie pensando di condurci a suo seguito come
altrettanto bambini dietro al pifferaio. I “Cantos” sono proprio questo:
un
racconto interminabile di avventure e scoperte compiute da un poeta eccentrico ed
eclettico nel corso di una vita piuttosto movimentata, fra Londra, Parigi e Rapallo.
I punti
fermi sono l’amore per i grandi modelli letterari, la passione per i solari
paesaggi mediterranei, l’invettiva contro gli sfruttatori occhiuti che corrompono
il nostro paradiso terrestre. Sicché alcuni di questi canti disegnano un
inferno moderno piuttosto londinese:
“Sopra
il marciume infernale/ il grande ano, / costellato di emorroidi, / stalattiti appese,
/ viscido come il cielo sopra Westminster, / gli invisibili, molti inglesi...”
Pound
non è secondo a Dante nelle sue rampogne contro gli odiati benpensanti che l’hanno
ostracizzato:
“professori
barbogi... monopolisti, strozzatori della conoscenza, / strozzatori della distribuzione”.
Infatti
oltre che di provenzali e condottieri rinascimentali, che hanno ampio spazio nei
XXXCantos, Pound si appassionava
anche di economia, dei rimedi alla crisi del primo dopoguerra, e auspicava una
maggiore “distribuzione”: cioè sarebbe stato contro Angela Merkel ma con Paul
Krugman. Come possano stare insieme i codici provenzali e le controversie con
John Maynard Keynes, contestato nel canto 22, può parere un mistero. Ma i “Cantos” raccolgono tutto ciò di cui
Pound si appassionava. Il comun denominatore è appunto l’entusiasmo, il vitalismo,
la forza prorompente di quel che il poeta sente di dover dire con urgenza. E
alla poesia chiediamo intensità. “il Secolo XIX”, 30 ottobre 2012