Massimo Bacigalupo

l’Arcadia di Sergio Ferrero

Varca il confine della colpa

e te ne andrai leggero come un sogno

per strade sconosciute, perso l’odio,

innamorato del silenzio, casto.

Federico Almansi

Il torinese Sergio Ferrero (1926-2006) è stato autore di romanzi e racconti piani e raffinati fra 1971 e 2000, quando uscì Le farfalle di Voltaire, storia di adolescenza in Riviera senza turgori ma con tante figurine schizzate che si incrociano nel teatrino della mente e del corpo. Ferrero fu amico di Saba,  che ne ammirava intelligenza e scrittura, nonché l’allora giovanile prestanza. Visse volentieri in Grecia e a lungo a Parigi. Da questa officina disincantata giungono ora tre libri degni di tanto saper vivere e scrivere, a cura di Francesco Rognoni che di Ferrero e del suo lascito si è fatto cultore, perché chi in fondo non voleva essere ricordato sia nonostante tutto collocato fra le figure che contano del nostro ultimo Novecento. Tre libri dunque, con in copertina paesaggi greci acquerellati da un amico di Ferrero e concittadino in Grecia e cultore della Torah, Enrico Thorn. Freschi acquarelli che coprono anche i risvolti dove si leggono sintetiche presentazioni.

Due dei volumi sono di Ferrero. Ed in Arcadia ero. Poesie e viaggi in Grecia (Sedizioni, 2015, pp. 139) raccoglie l’esigua produzione poetica: Quaderno della Morea (“Vivere  in Argo, via San Costantino, / una casa nascosta tra gli aranci, / i melograni, un fico, un gelsomino, / riscattare la vita che mi avanzi”), Altre poesie (fra  queste un “Ricordo” di Saba: “E’ poco dire bello, Federico, / il tuo amico è un insulto alla bellezza, / direbbero a Trieste – Si accendeva / nella penombra la voce remota…”), Light Verse (“Poveri innamorati / di fine estate / basta un giorno di pioggia / e più non v’incontrate”). Versi sempre leggibili e curiosi a cui si aggiungono una quarantina di pagine di diario greco, registrazioni rapide in  cui non mancano riflessioni rivelatrici: “Ho avuto vergogna sempre, anche scrivendo, di essere un umano, un cadavere in potenza…”. Infatti in Arcadia c’è anche la morte.

Ma di solito Ferrero non indulge alla terribilità. Scrivere era per lui un gioco attento in cui dire e accennare tutto senza sbilanciarsi. Così oltre a queste notizie dell’Arcadia Rognoni propone nel secondo dei tre libretti (Passeggero bendato tra noi sedeva Amore, Sedizioni, 2015,  pp. 179) traduzioni soprattutto di Heine, avvertendo nella premessa che oggi in libreria latitano le opere dell’arguto poeta e viaggiatore romantico, sicché questo Passeggero bendato colma un vuoto (c’è anche il testo a fronte). Già il titolo dice la sorpresa sintattica delle  semplici strofe messe in musica da Schubert e altri: “Denn zwischen uns saß Amor, / Der blinde Passagier”. Nel quaderno di traduzioni di Ferrero troviamo inoltre Corbière, Toulet (sempre memorabile), Apollinaire, Jammes con la “Clara d’Ellébeuse” cara a Pound, perfino Kuzmin che il giovane Ferrero traduceva con la russa bianca transfuga nella sua Riviera. Insomma, un quaderno di esercizi affettuosi che danno forma classica alla passione.

Il terzo dei libri proposti da Sedizioni raccoglie l’opera poetica molto notevole di quel Federico Almansi a cui Saba confermava la prestanza “insultante” dello stesso Ferrero: Attesa. Poesie edite e inedite (Sedizioni, 2015, pp. 146). Lo stesso Saba presentò il volumetto Poesie (1948) a cui qui si unisce la raccolta inedita Attesa da Almansi donata a Ferrero con la dedica: “A Sergio perché conservi  un superstite affetto per un Federico troppo ammalato di giovinezza (leggi stupidità)”. Quella di Federico è una tragica vicenda di schizofrenia, per cui rimando all’eccellente apparato del volume. Ma Almansi è senz’altro poeta da riscoprire. Ferrero e Rognoni oggi  ci fanno questo importante regalo (poco arcadico in fondo).

il manifesto Alias domenica, 20 marzo 2016