Massimo Bacigalupo
i poeti americani di Roberto Sanesi
Roberto Sanesi pubblica nel 1958
da Feltrinelli Poeti americani. Da E.A.
Robinson a W.S. Merwin, un libro di 1028 pagine con ampie scelte dei poeti
della prima metà del Novecento accompagnate da concisi ritratti critici e
biobibliografici. È un lavoro ingente per un critico e traduttore di soli 28
anni, che alle capacità direi quasi atletiche di lavoro e traduzione aggiunge
una ammirevole acutezza critica. Ottima dunque l’idea di riproporre
quell’antologia come ha fatto nel 2014 Bompiani, in forma necessariamente
scorciata (610 pagine: non sono più tempi di signori editori mecenati come
doveva essere il Feltrinelli del 1958) e con opportuni aggiornamenti di Guido
Carboni. Parrà strano, ma mentre nel 1960 il lettore italiano disponeva di
almeno cinque cospicue antologie di poesia americana curate da Gabriele
Baldini, Carlo Izzo e Sanesi, oggi questa riedizione col titolo Poeti americani (1950-1956) è la sola antologia dei maggiori poeti
primonovecenteschi (se non addirittura di poesia americana) disponibile in
libreria. Sicché il lettore farà bene a procurarsela. Anche nella sua forma
ridotta è uno strumento insostituibile. Dove altrimenti potrà trovare riunite a
prezzo modico una quindicina di pagine (affiancate dalla traduzione) di Robert
Frost, Wallace Stevens, W.C. Williams, Ezra Pound, Marianne Moore, T.S. Eliot,
E.E. Cummings, Hart Crane, Robert Lowell -- tutte figure memorabili, più
un’altra decina di nomi significativi?
Quella di Sanesi è un’antologia
che si ferma al 1956. Dopo sarebbero accaduti altri eventi nel giardino
botanico della poesia: Allen Ginsberg, John Ashbery, Sylvia Plath, il Lowell
maggiore, Elizabeth Bishop... Ma in fondo nulla di cospicuo come l’infornata
modernista. Sicché l’antologia di Sanesi rappresenta effettivamente gli autori
americani indispensabili che hanno mutato le sorti letterarie dello scorso
secolo, cioè, come dice Sanesi nella premessa, “i momenti maggiori di un
paesaggio poetico che riteniamo forse il più ricco e pregnante di tutte le
lettere contemporanee”.
Sembra incredibile che a mezzo
secolo e più di distanza le parole di Sanesi siano ancora in buona misura da
sottoscrivere. Tanto più colpisce l’acutezza delle note critiche di questo men
che trentenne, che di ognuno dei poeti antologizzati coglie senza incertezza i
tratti fondamentali. E’ vero che Stevens Eliot Pound e compagni nel 1956
avevano già dato il loro meglio (e Sanesi offre persino una traduzione del
Canto 90 di Pound, pubblicato da Scheiwiller nel 1955), sicché si aveva a
disposizione di che valutarli e conoscerli. Ma per questo occorre tempo e familiarità, e mi
chiedo come Sanesi abbia fatto a padroneggiare con tanta maturità tanto
materiale.
Le traduzioni sono sempre
notevoli, grazie anche all’esperienza di Sanesi poeta. Qualche errore di stampa
della prima edizione è rimasto, e altri se ne sono aggiunti. Per esempio I panfili di Williams “slip through they take in canvas” (p.
136), comprensibile errore del proto del 1958 visto che nell’originale essi “slip through, though they take in canvas”.
La traduzione, peraltro, è perfetta: “Le onde li percuotono ma essi / son
troppo ben formati, vi guizzano in mezzo, seppure a vele ridotte”.
Di Stevens, Sanesi offre fra
l’altro le ipnotiche variazioni di Sea
Surface Full of Clouds, titolo che traduce finemente Nubi sulla superficie del mare (mentre la traduzione da me
pubblicata si accontenta di un calco: Superficie
marina piena di nuvole):
In quel novembre al
largo di Tehuantepec,
Una notte i marosi
s’acquietarono
E nel mattino estivo
tinsero il ponte
E parve lo mutassero in
rosa cioccolata
E ombrelli d’oro.
Il lettore potrà confrontare le
traduzioni, ma quelle di Sanesi meritano sempre attenzione, e cantano.
Rileggendo i poeti nelle sue pagine ho
riscoperto l’incredibile Vachel Lindsay, il menestrello che scrisse il primo
libro (1915) di teoria del cinema (vedi L’arte
del film, a cura di A. Costa, Marsilio 2008), e la sua straordinaria Pista di Santa-Fé, con quel bellissimo
distico:
Hail to Kansas, land that restores
us,
When houses choke us, and great
books bore us!
E ho ammirato la sua scelta di
Cummings, che ne coglie l’erotismo goliardico. Cummings ha scritto tanto e
ripetitivamente che ci vuole un antologista capace per farcelo di nuovo
apprezzare:
Quando irritati ce ne
andiamo a letto
con queste gambe inizia
a ondeggiare e s’avvinghia
a me e mi bacia sul viso e sul capo.
Head rima
con bed, perciò codesta amante si
limita a baciare il capo del poeta... (Forse con un po’ di libertà Sanesi
avrebbe potuto scrivere “sul viso e sul petto”!)
Dispiacciono alcune esclusioni.
Già nel 1958 Sanesi aveva snobbato Chicago,
la più famosa poesia di Sandburg, e la sua scelta mi sembra meno
rappresentativa di altre. (Su Sandburg segnalo una buona rivalutazione
recente: Franco Lonati, I am the people. C.S. e i Chicago Poems,
Aracne.)
Della Moore (unica donna, ahimé,
nell’antologia, dove certo H.D. e forse la Millay non avrebbero sfigurato) era
presente nel 1958 In Distrust of Merits
(In sfiducia dei punti di merito),
che è la sua dichiarazione dei diritti universali in tempo di guerra, e la
mancanza nella nuova edizione è una perdita, tanto più che nella sua nota
Sanesi conclude che nell’opera tarda la Moore si è “avvicinata sempre più alla
vita”.
A Eliot nel 1958 erano dedicate
oltre 50 pagine fra testi e traduzioni, qui ridotte a 25, ma la scelta rimane
rappresentativa (c’è tutto il quartetto The
Dry Salvages: un bel regalo), e la lunga e penetrante nota critica di
Sanesi è riproposta integralmente. Nella nuova edizione i profili degli autori
sono collocati in fondo al volume, con utili bibliografie e gli aggiornamenti
di Carboni, che fornisce anche una sobria introduzione.
Questo nuovo Poeti americani è dunque anche un bel prodotto editoriale, che si
sfoglia volentieri, e in cui nessuno mancherà di fare delle scoperte e di
trovare, grazie a un geniale giovane critico-traduttore, una guida autorevole a
poeti di cui un secolo di storia e storia letteraria ha confermato l’assoluta
centralità.
“Poesia”, ottobre 2015