Massimo Bacigalupo
“My Dearest Child”: Mary de Rachewiltz al
lavoro sui “Cantares”
Mary de Rachewiltz ha raccontato con attenzione ed efficacia la sua
storia, la sua versione degli eventi vissuti, sia nella biografia Discrezioni,
sia nel suo diario poetico, cioè nei tanti ottimi libretti da lei pubblicati in
italiano e inglese, composti di liriche per lo più brevi, spesso accorate,
sempre incisive e personali. “Nel corso degli anni la vecchia / tre vigne aveva
visto / fare e disfare” comincia la prima poesia di Polittico (Scheiwiller, 1996). La frase gira su di sé pur rimanendo
semplice, diretta ed espressiva. L’ultima breve poesia, terza di un Trittico,
inizia: “Bossolo e tasso sono / due specchi ustori / che ardono agli occhi / se
a caso li sfiori...”. Una rima felice.
Il 25 ottobre 1945, dal D.T.C. di Metato presso Pisa, Ezra Pound scriveva alla figlia
ventenne: “Le tue lettere un gran conforto... Mi piacciono le due poesie. Non
posso mandarti una ars poetica in questo poco spazio, la rima è un buon
ESERCIZIO, come pratica di diteggiatura sul violino. Non invertire l’ordine
delle parole, la rima ci sarà egualmente nell’ordine naturale della frase... se
non ti basta la prosa, è ormai tempo che tu legga Laforgue”.
La lettera è indirizzata a “Mary Rudge, Casa 60, St
Ambrogio, RAPALLO, Liguria, Genova provincia, ITALY” e il mittente è “Ezra Pound, co
Provost Office, DTC, APO 78m MTOUSA, U.S. Army Local, Italy”. La
destinataria me ne mandò una fotocopia anni or sono quando le chiesi
informazioni sulla stesura di The Pisan
Cantos.
Infatti in Pound c’è ovviamente l’affetto per la “carissima figliola”
(“My Dearest Child” dice l’avvio), ma c’è anche l’urgenza del lavoro
poetico in corso. Mary, si capisce, era stata incaricata di far copie
dattiloscritte dei nuovi canti pisani via via che Pound li scriveva e batteva a sua volta a macchina. “Hai
dattiloscritto molto bene i Canti, solo un orrore/ fountain-pen
dovrebbe essere fountain PAN (la vasca o piatto della
fontana) piena di polvere”. L’allusione è agli ultimi versi del canto 74, primo
dei pisani: “dust to
a fountain pan otherwise”.
Nella traduzione di Mary: “altrimenti è polvere sul fondo della vasca” (I Cantos, Mondadori, p. 885). La traduzione integrale dei
Cantos, uscita nel 1985, per i cento anni del
padre e i sessanta suoi, non è certo l’ultima delle sue fatiche e dei suoi
meriti.
Su certe lezioni
resteranno i dubbi su cui Mary stessa d’ogni tanto commenta: “Vai soli
/ are never alone” (canto 74, p. 850) le sembrava
dover essere “Mai soli”, ma poi ha visto che si tratta di “Vae soli” (Ecclesiaste 4.10 e Laforgue, proprio lui, secondo i chiosatori). E “Nenni,
Nenni, who will have the succession?”
(“Nenni, Nenni, chi avrà la successione?”, canto 80, p. 973) non sarà forse “Nemi,
Nemi, who will have the succession?”). A
Nemi, si ricorderà, la Nemi che apre Il ramo d’oro di James Frazer, il sacerdote nuovo doveva uccidere il suo
predecessore invecchiato e sostituirlo, in attesa di fare la stessa fine.
Il passo del canto 80 riguarda infatti la successione italiana del 1945, e
continua con la consueta degnazione poundiana, come
di colui che conosce i segreti delle stanze del potere: “in quanto al povero
vecchio Benito, / uno aveva uno spillo da balia, / uno aveva un pezzo di
spago, un altro un bottone / tutti tanto al di sotto di lui / immaturi e
dilettanti / o semplici farabutti...”. Nell’originale la rima viene appunto
nell’ordine naturale delle parole: “and as to poor old Benito, / one had a
safety pin / one had a bit of string, one had a button / all of them so far
beneath him / half-baked and amateur / or mere scoundrels”. Nenni o Nemi? Occorrerà consultare il manoscritto.
Nei Pisani Pound è al culmine della sua capacità di creare un discorso
che lo rappresenta perfettamente in tutti i suoi atteggiamenti. Sembra
immaginarsi come sovrano imparziale che alla fine della lotta fratricida fra i
popoli giudica dall’alto e compone i conflitti. E propone nel campo di Pisa le
sue sacre rappresentazioni di linci dionisiache e amplessi terrestri.
Incredibili congiunzioni e congiunture... (Per un’ottima ricostruzione dello
spirito di Pound a Pisa si veda il romanzo
documentario di Julio Navarro, La spia, Voland.)
Le lettere a Mary
rivelano il Pound al lavoro sulla sua opera più
significativa, che spiega ad esempio che un sottogruppo dei nuovi canti “dà un
riassunto della storia inglese e un sommario essenziale dello sviluppo della
metrica inglese”. Si tratta dei canti 80-82 (ovvero 80-83). Chi li conosce sa
che il canto 81 propone un “libretto” che invoca antichi musicisti e
cantori, cita Geoffrey Chaucer e continua la lezione
di metrica dicendoci che “Poi quasi nulla per 180 anni” (p. 1021): cioè fra Chaucer e Shakespeare e immediati precursori. E’ una dei
temi di Pound, l’alternarsi di periodi fiorenti ed
epoche buie, e i Cantos si sa vorrebbero
essere la registrazione e l’invito a studiare le epoche esemplari. Il Tempio
Malatestiano, Pier della Francesca, Leon Battista Alberti, Agostino di
Duccio... E goderne anche.
Nel 2010 la rivista “Paideuma” di Orono, Maine, ha
festeggiato Mary de Rachewiltz pubblicando testi
inediti e interviste, fra l’altro una scelta a cura di Richard Taylor delle
lettere scritte a Mary dal padre da Washington e riguardanti la composizione e
pubblicazione febbrile dei due volumi di canti “elisabettiani”, cioè scritti al
St. Elizabeths Hospital (si scrive così, senza
apostrofo), dove Pound viveva una delle sue epoche di
maggiore energia creativa. Queste lettere rivelano come Pound
chiami di nuovo Mary a svolgere un ruolo importante nella creazione fisica dei
due nuovi volumi di “cantares” (così nel titolo,
tanto per variare la denominazione: Rock-Drill
85-95 de los Cantares:
da Dante, diciamo, al Mio Cid). Dice anche che le
cifre romane gli paiono ormai troppo lunghe per i canti, meglio passare alla
numerazione araba. E vuole un libro compatto: “Un poema LUNGO, un vade mecum, parte di un libro
sacro, dovrebbe essere stretto e stare in tasca. Non si vuol portare in giro un
‘mazzo di carta bianca’ [in italiano, NdR]/ in
Inghilterra lo chiamano ‘printer’s fat’ ... E’ da quasi quarant’anni che combatto per una
pagina LUNGA”.
E poi ci sono gli
ideogrammi di diversi formati da inserire, e i disegni, e i neumi e i
geroglifici egizi e sumeri. Insomma un epistolario rivelatore. Addirittura Pound vorrebbe non ci fosse il suo nome per intero in
copertina, ma solo la sigla: “Vanni può mettere il nome per esteso sulla quarta
se pensa che E.P. (come nel Cavalcanti) potrebbe far
nascere qualche dubbio a chicchessia circa l’autore” (13 dicembre 1954).
Infatti sarebbe difficile attribuire a chiunque altro questo volume dei ‘cantares’ 85-95, con la sua fantasmagoria di segni e gesti.
In Mary e Vanni Scheiwiller Pound trovò i
complici ideali per questo suo gioco di settantenne. Vanni poteva garantire
l’assoluta qualità del risultato, data la collaborazione della Stamperia Valdonega di Giovanni Mardersteig.
E Mary e il marito Boris (coinvolto per i geroglifici e “la barca di Ra-Set” disegnata nel paradisiaco canto 91) seguivano ogni
fase della produzione, come anche a Washington Dorothy Pound
e la stralunata collaboratrice Sheri Martinelli, che
avrebbe dovuto fornire le iniziali per la sezione paradisiaca (91-95) e i
ritratti della ninfa Leucotea ma alla fine, e forse
fu una fortuna, non produsse quanto desiderato. “Non capisco il nervosismo intorno ai Cantares,” scrive E.P. a
operazione conclusa, il 7 novembre 1955, “lavoro eccellente e un bello
sberleffo a Possum & Co. che hanno stampato i
miei libri su carta igienica ecc. Se non ci sono proprio tutti i ‘fiocchi’ [in
italiano, NdR] è perché Sheri
non li ha prodotti, e col suicidio di suo fratello e coi vari calvari ecc. e
con la sua operazione, dentisti FINALMENTE ecc e passando il confine della
Virginia per prendere un nuovo studio per le ceramiche in uno scantinato quando
c’era un centimetro di polvere di marijuana in una bottiglia nel solo Stato
dove si beccano tre anni per il ‘possesso’...”.
Sheri Martinelli, come sanno i lettori di Fine al
tormento di H.D. (Archinto,
2013), era una delle muse di questo periodo, e diede al suo “maestro” parecchi
grattacapi ma forse fu in effetti la catalizzatrice della sua pressoché ultima
fiammata di poesia erotico-naturalistica, appunto il
paradiso dei canti 90-95, “Sheri’s Cantos” diceva lei. Come il vecchio poeta
dell’opera Elegy for
Young Lovers di W.H. Auden musicata da Hans Werner Henze, Pound si nutre degli
apporti di quanti gli stanno intorno per comporre l’opera a cui tutti
collaborano (e magari distrugge o abbandona qualcuno lungo la via).
Nelle lettere a Mary
compare anche la madre di lei, non seconda a nessuno come musa: “Oh bè, tua madre è comparsa ed era proprio bella, per non dire
elegante [looking quite
beautiful, not to say elegant]. E ho
brutalmente continuato a scrivere un nuovo canto, suppongo sia il 97...” (7
luglio 1955). Pare fosse questa la visita di Olga Rudge
a St. Elizabeths in cui ci fu un memorabile bisticcio
fra lei e l’indemoniata Sheri. Ma questo il canto 97
non lo registra.
Da una delle lettere
sopra citate si ricava che l’operazione Cantos
scheiwilleriani era uno sgarbo intenzionale nei
confronti degli editori tradizionali di Pound --
Eliot e Laughlin -- colpevoli di non avergli prestato
abbastanza riguardo e di aver pubblicato in modo indegno il “poema sacro”. In
realtà anche l’edizione milanese, a parte le copie speciali, è stampata su una
carta a grana grossa, meno buona direi dei canti della Faber.
Ma erano soprattutto le lungaggini che facevano spazientire Pound,
che avendo prodotto queste nuove “decadi” (come le chiamava), specie la prima,
non vedeva l’ora di vederle edite alla perfezione, con tutti o quasi i
“fiocchi”.
E già si parla di una
traduzione e Mary si mette coraggiosamente all’opera. Pound
non le lesina salutari e illuminanti critiche: “Mi spiace ma non penso tu abbia
colto il bersaglio con il 90/ e [...] dubito che tu possa fare il salto dalle
prime parti o da qualche punto nei primi 50 alla tecnica più compatta di una
sezione più tarda. Ho riveduto la prima pagina / ma non sono sicuro che le mie
revisioni siano italiano [...] E a lungo andare sarebbe certo meglio procedere
regolarmente attraverso i Cantos/ specialmente perché
85/95 hanno richiami/ echi/ il tutto funziona fugalmente...”.
La traduzione di Mary del Canto 90 apparve solo il 30 ottobre 1966 da Scheiwiller, con un’immagine di Giò
Pomodoro in copertina e la dedica caratteristicamente modesta “Il poco di mio
lo offro agli amici Sue & Ted – M de R”. Inizia: “Dal color la natura /
& dalla natura il segno!”. Già nel 1958 Roberto Sanesi
ne aveva incluso una versione nella sua massiccia antologia Poeti americani
(utilmente ristampata in forma ridotta da Bompiani nel 2014): “Dal colore
proviene la natura / & per la natura il segno!”. Chissà chi lo disse, e
chissà cosa vuol dire...
Così i nuovi cantares iniziavano il loro cammino. E Mary, seguendo il
saggio consiglio del padre, avrebbe seguito il percorso dei Cantos
senza bruciare le tappe. La voce sua e degli altri “giovani amanti” si
intrecciano nel grande poema, il quale dopo tutto, avverte Pound
citando tanto per cambiare l’amata una e molteplice, è musica “non di uno ma di
molti uccelli” (canto 75). “Studi Cattolici”, luglio-agosto 2015,
dall’inserto speciale per i novant’anni di Mary de Rachewiltz