Massimo Bacigalupo

chi era Essad Bey? Ovvero, l’ebreo che scelse lIslam

Dal giugno 2006 un nuovo oleodotto BP di 1170 chilometri porta un milione di barili di  petrolio al giorno da Bakù sul Caspio, capitale dell’Azerbaijan, alla turca Ceyhan sul Mediterraneo, donde il petrolio parte via mare per i serbatoi delle nostre auto. Ed è a Bakù che inizia la storia di Lev Nussimbaum (1905-42), un personaggio sufficientemente importante e misterioso, cui il giornalista newyorkese Tom Reiss ha dedicato un’intrigante ma deludente biografia, L’orientalista. L’ebreo che volle essere un principe musulmano (traduzione di Sara Caraffini, Garzanti, pp. 517, €19,60).

     Figlio di un petroliere ebreo che finì i suoi giorni  a Treblinka, Nussimbaum visse sulla propria pelle i traumi del comunismo e del fascismo. In seguito alla rivoluzione d’ottobre perse il patrimonio e la patria idealizzata, quella Bakù dove arabi ebrei e occidentali convivevano camminando nei campi trasudanti petrolio (ancora oggi il bagno curativo di petrolio vi viene praticato). Fuggì avventurosamente col padre e la governante tedesca attraverso Istanbul fino a riparare a Berlino, dove si convertì all’Islam e si fece chiamare Essad Bey. (“Essad” , “leone”, non è che una traduzione di Lev, “Bey” è un titolo onorifico.) Con questo nome scrisse in tedesco una fitta serie di bestseller internazionali, da Petrolio e sangue nel Caucaso (1929) ad Allah è grande: caduta e ascesa del mondo islamico (1936), a biografie di Nicola II, Lenin e Stalin (che aveva conosciuto). Tutte opere che restano fonti di prima mano per la storia di un’epoca cruciale.

    Lev era un intellettuale e lavoratore indefesso, e nel 1937 pubblicò il romanzo Alì e Nino, romantica storia di guerra, politica e religione (il protagonista è un principe arabo di Bakù, Nino una fanciulla cristiana georgiana). Ma Nussimbaum ne beneficiò poco. I nazisti avevano scoperto che l’anticomunista Essad Bey era in realtà un ebreo, sicché Alì e Nino uscì con un altro pseudonimo, Kurban Said (nome col quale Alì e Nina (sic) è stato ancora ristampato nel 2000 dal Saggiatore). Lo stesso Lev si era ritirato a Positano, dove trascorse in miseria i pochi anni restanti, afflitto da un terribile male simile alla lebbra, e dove fu sepolto sotto un cippo a forma di turbante rivolto verso la Mecca.

      Nell’ultimo periodo Lev fu soccorso da una dama di Rapallo, Pima Andreae (1873-1953), grande amica di letterati e artisti, soprattutto del drammaturgo Gerhart Hauptmann. Questi le segnalò che il famoso autore di Petrolio e sangue languiva a Positano. La Andreae ricorda che avendo in quei giorni natalizi ricevuto in dono dal fratello un assegno, lo girò al malcapitato. Fu l’inizio di una fitta corrispondenza. Lev non rivelò mai la sua vera identità, ma inviò a Pima un intero romanzo epistolare ora dattiloscritto, ora in una calligrafia minuta e maniacale, mettendola a parte di tutti i suoi sentimenti, fra l’altro augurando una prossima vittoria dell’Asse... Pima interessò al caso anche Ezra Pound, sempre sensibile alla sorte degli scrittori bisognosi, e molto colpito dai libri di Essad Bey (I segreti del Caucaso è citato in un frammento dei Canti postumi). Pound si adoperò perché Essad fosse assunto dai servizi di propaganda di Roma a cui egli stesso collaborava, e pare che un’auto blu giungesse a Positano per portare Lev negli studi di Via Veneto pochi giorni dopo la sua morte.

         Tom Reiss ha il merito di aver richiamato l’attenzione su un personaggio notevole e patetico, ma non l’ha capito e non riesce mai a farlo vivere sulla pagina. New York è troppo lontana da Bakù e dall’Europa infuocata e ambigua degli anni fra le due guerre. Su Lev Nussimbaum rimane da scrivere una vera biografia, di quelle che sapeva comporre lui.

“Il Secolo XIX”, 9 marzo 2007