L’ntervento di Massimo Bacigalupo letto in occasione della giornata “Pietro Berri, medico e musicologo. Nel 30° anniversario della scomparsa”, Rapallo, Auditorium delle Clarisse, sabato 10 gennaio 2009.

Massimo Bacigalupo

Pietro Berri e la cultura a Rapallo nel dopoguerra

Sono passati trent’anni dalla morte di Pietro Berri,  medico, musicologo e scrittore, nonché organizzatore culturale a cui la Liguria e Rapallo, dove visse dal 1934, devono molto. Berri era uno studioso ferrato sia in ambito storico che musicale. Lo dimostrano i libri che ha lasciato. Rapallo nei secoli è una raccolta di articoli piuttosto ampi e documentati su singole vicende e località della cittadina. Si tratta di vere e proprie ricerche originali, circostanziate nei dati ma alleggerite da una scrittura concisa dalla cui riserva trapela la passione e qualche frizzo umoristico. Si passa così dalle origini del turismo in Riviera, a uno storia delle alluvioni che da sempre funestano Rapallo, alle vicende del convento delle Clarisse (che non fu mai, apprendiamo, delle Clarisse, e fu al centro di vicende e contestazioni interminabili del tutto degne della Rapallo odierna)... Di “beghe” Berri parla anche in relazione alla storia dell’Ospedale cittadino, e dedica un capitolo alla sfortunata statua del Da Vico, altro illustre medico rapallese chiamato da papa Giulio II a Roma. Berri dedica inoltre un capitolo alla cartografia del regione (le illustrazioni del volume sono spesso rare e preziose), e un altro alla Porta delle Saline, l’unica conservatasi, davanti alla quale non vi furono solo le caratteristiche beghe ma veri e propri fatti d’armi. Donde la filastrocca “Rapallini sottaera gatti / sotto e porte di sordatti...” A questa filastrocca, Berri ricorda, il suo predecessore nelle ricerche di storia locale, l’instancabile Arturo Ferrretto, dedicò una dottissima delucidazione, e Berri ripercorre  rapidamente le vicende alluse. L’ultimo capitolo della prima edizione di Rapallo nei secoli è il più ridente e ci porta a San Martino di Noceto alla scoperta della Fons Gémina, monumentino di cui nessuno sembra aveva trattato prima di Berri, il quale ce ne fornisce la storia e ne trascrive e traduce le dotte epigrafi. In realtà questo capitolo è il racconto di una gita lungo la rotabile che sale a Ruta passando per S. Maria, ed è animato da un entusiasmo che ci dice molto sulla personalità di Berri, uomo non facile alle esternazioni sentimentali, ma ben sicuro nei suoi gusti e nelle sue convinzioni, come fermo e autorevole nello stile. Eccolo invece per un attimo confessare fra le righe il suo amore per questa vallata e per la fonte sulla quale ha lasciato traccia un vecchio arciprete latinista, per il quale evidentemente egli prova la simpatia del compagno di studi a distanza di decenni. Inoltre Berri accetta l’ipotesi del Ferretto che nei pressi della fonte, nella Villa Granello, si trovasse un’antica pieve ospite della quale sarebbe morto il Vescovo Onorio fuggiasco da Milano, il giorno 23 febbraio del 570. 1400 e passa anni fa, altro che Rapallo nei secoli! San Martino è intitolata al guerriero e poi vescovo di Tours che propro in Liguria nel IV secolo avrebbe diviso il mantello con un mendicante. Scopriamo che la frazione è sempre stata legata a Camogli per lo smercio dei prodotti agricoli e per la vocazione marinaresca degli abitanti, e che “i Camogliesi avevano ricambiato questa reciprocità di interessi e questa fraternità nell’aspro lavoro sulle tolde sbattute dalle onde, e, ai margini dell’antica via pedonale, occhieggiano tuttora tra il folto della vegetazione, le villette che i vecchi lupi di mare avevano fatto costruire sulle ombreggiate pendici”. Berri dimostra dunque di saper legare la precisione dell’osservazione e della documentazione alla capacità dello scrittore che fa parlare i particolari e improvvisamente quei villini acquistano un nuovo senso. Con un salto nei secoli ci porta al 25 aprile 1945, quando la rotabile ebbe il suo battesimo del fuoco in quanto fu utilizzata dalle forze alleate per aggirare le truopoe tedesche attestate a Ruta:

 

... centrato in pieno, dalla Violara, il primo carro armato degli Alleati che si  era affacciato al bivio di San Lorenzo della Costa (tutti  coloro che vissero quelle spasmodiche giornate lo avranno presente), e ostruita la galleria di Ruta, i mezzi motorizzati degli Anglo-Americani dovettero percorrere la strada di San Martino per prendere alle spalle il nemico. (160)

 

Non so dove sia la Violara, ma anche in questo brano parla lo scrittore-testimone di eventi che ormai pochi ricordano (io non c’ero ancora del resto). Le foto di San Martino sono firmate da Diotallevi, e lui sì che lo ricordo, il fotografo cui si portavano i nostri rullini, e che Berri convocava per fissare le immagini dei concerti che organizzava nel Salone del Comune sotto l’egida del Circolo Artistico-Culturale del Tigullio. Ancora posseggo alcune di queste foto, che ritraggono Ezra Pound, Salvatore Gotta e mia madre Frieda Bacigalupo Natali, che faceva parte del Direttivo del benemerito Circolo, di cui l’anima era tuttavia Berri. Fu attivo fino sullo scorcio degli anni ’60. Da musicologo e critico avveduto, Berri sceglieva il meglio della musica da camera, Segovia, Cortot, Ciani, Anda,Varga..., con i pochi mezzi messi a disposizione dall’Amministrazione comunale. Sedeva su una delle panche di legno sul lato della sala, e appena il pezzo finiva quando era contento faceva sentire un “Bravo” a mezza voce che sicuramente per il musicista doveva voler dire più di tanti applausi di routine. (Io certo ricordo quanto rimasi sconcertato la prima volta che in quella sala sentii un clavicembalo, strumento allora a me ignoto.) Ricordo una volta che venne il clarinettista jazz Bill (William O.) Smith, nato nel 1926 in California,  che offrì la scelta fra un programma jazz o classico, e Berri non ebbe dubbi nel preferire il jazz e incaricò me di accompagnare in giro i musicisti. Infatti a quei tempi il jazz era una mia passione. Quando cominciai a volermi procurare un po’ di grandi classici, nei primi anni ’60, chiesi come regalo di Natale gli ultimi Quartetti di Beethoven e mia madre si rivolse all’amico Berri per consigli sull’edizione e mi riferì il suo commento: “Massimo comincia subito proprio dal punto d’arrivo”. Ho ancora quei dischi del Julliard String Quartet, di opere che in effetti sono un traguardo insuperato (che si capiscono solo dopo tutta una vita).

    Il Circolo artistico-culturale del Tigullio curò dal 1946 al 1966 e oltre eventi musicali ma anche teatrali ( la Borsa di Arlecchino fu a Rapallo diverse volte) e conferenze. Con Berri nel comitato c’era Adolfo Pellegrini per il teatro, Fumel come segretario, Nino Palumbo per la letteratura e Frieda Bacigalupo, che prima di divenire pediatra si era laureata a Pittsburgh in letteratura francese,  per il coté internazionale e forse per avere almeno una donna nel direttivo. Fu un’esperienza che sarebbe difficile ripetere, come dimostra l’assenza attuale di un’iniziativa del genere. Ci vorrebbe un giovane studioso che avesse un po’ della tempra di Berri per ricostruirne la storia, raccogliere foto e recensioni.

    Berri era il primario dell’Ospedale di Rapallo, sicuramente molto impegnato sul versante professionale, e pioniere in diversi studi (gli si attribuisci la prima segnalazioni del pericolo del doping nello sport, in seguito a un mancamento sulla Ruta di un ciclista del Giro d’Italia). Ciò che riuscì a fare a latere è eccezionale. L’organizzazione dell’attività musicale era già un lavoro a tempo pieno. Gli scritti su Rapallo sono solo una divagazione rispetto all’intensa attività di ricerca dedicata a Nicolò Paganini, sui cui Berri divenne uno dei maggiori esperti viventi, anche perché il suo occhio di medico gli permetteva di distinguere vero e falso nelle tante leggende sul virtuoso genovese. I volumi su Paganini restano fondamentali e hanno il merito della chiarezza e della precisione trattando di argomenti ormai remoti (l’età napoleonica), per cui Berri dimostra una capacità di sintesi e approfondimento storico degno dello specialista. Il tutto poi senza far pesare la sua scienza, scrivendo cioè in maniera concisa e puntuale, cercando i fatti, i sintomi, da medico che ammira evidentemente il suo soggetto ma non lo idolatra e non sente la necessità di indignarsi davanti alle sue intemperanze e meschinità.

    La pagina di Berri resta così esemplare e sicura, un’altra qualità non sempre facile da trovare in coloro che scrivono di arte e musica, argomenti in cui la tentazione di “mitsingen”, cioè di far prova di virtuosismo critico o espressivo, è fortissima. Dalla scrivania di  Berri venivano prodotti oltre ai saggi, agli studi paganiniani, la corrispondenza con studiosi italiani e stranieri, i programmi accurati ed eleganti nella stampa (inimitabili infatti) dei concerti, anche il periodico “Rapallo”, frutto di collaborazione delle  migliori forze locali, curato dal Comune, ma probabilmente ispirato da Berri: basti dire che non vi era in queste pagina nulla al di sotto di una buona qualità e che nulla del genere si produce oggi. Nino Palumbo vi curò una discreta pagina letteraria, Luciano Bianciardi vi scrisse degli sketch strepitosi (uno dei quali inneggiante alla mia nonna toscana di Pistoia – la serie si chiamava “Carrugio Dritto”), e Berri vi pubblicò saggi e note (fra cui alcuni di quelli raccolti in Rapallo nei secoli).

    Nel 1965 scrisse su “Rapallo” una nota su Padre Chute, di cui era stato amico, figura caratteristica di sacerdote inglese residente a Rapallo. Chute, dice Berri,

 

fu magna pars di quel cenacolo artistico-letterario di anteguerra che si era formato attorno ad Ezra Pound. Ospiti illustri convenivano nella sua così accogliente dimora, intrattenendo egli attivi scambi con altrettanto illustri esponenti della cultura europea. La sua matita non rimaneva inoperosa, cogliendo anche di sorpresa ospiti  e amici, con disegni dalla linea pura... Lavorava anche la penna con le cronache dei concerti organizzati da Ezra Pound e per altri scritti, e non riposavano le dita sulla tastiera del pianoforte nel ricreare musiche antiche e nuove di grandi maestri. (“Rapallo” 8.2, marzo-aprile 1965, p. 14)

 

Berri ricostruisce così con pochi tratti una figura della Rapallo della prima metà del secolo. La segnalazione è importante perché il Circolo Artistico-Culturale del Tigullio animato da Berri fu in effetti erede degli “Amici del Tigullio”, come si chiamava il gruppo poundiano dell’anteguerra, anch’esso attivissimo nella vita musicale, anche se con intenti più poundianamente sperimentali. (Esecuzioni dei quartetti di Bartok nel 1937... Chissà se a Rapallo si sono più sentiti da allora?) Allora era Ezra stesso che a volte presentava le musiche, frutto di ricerche archivistiche, brani antichi riscoperti, o faceva eseguire tutta una serie di quartetti o duett (a volte in case private) per far capire un autore. Pound insisteva che un concerto dovesse avere un senso musicale facendo vedere, intuire, rapporti fra antico e nuovo. Sulle pagine del “Mare” ricordava esecuzioni in pubblico o nella Villa Andreae e ne spiegava le ragioni e rivelazioni.

 

 

Devo alla generosità dell’amica Silvia Berri il dono di una lettera che Ezra Pound inviò a Pietro Berri dall’Ospedale di St. Elizabeths di Washington dove era “ricoverato” dopo la guerra, lettera datata “Altro mondo, 9 novembre, anno 22 della degradazione degli S.U.A.” (cioè dal 1932 quando divenne presidente Roosevelt, che nei Cantos poundiani è quello che è Bonifacio VIII  nelle cantiche dantesche). Pound era sempre discolo e bastian contrario, e pagò caramente le sue monellerie politiche. Comunque nel 1954 scrive a Berri per rallegrarsi dell’attività del  Circolo Artistico-Culturale del Tigullio:

 

Caro Berri,

    Leggo con vivacissima soddisfazione che il tentativo degli Amici del Tigullio dello scomparso regime, porta frutta (sic) adesso e continua sotto la Vostra solerte tutela...

 

E continua raccontando come fosse venuto in mente a lui di organizzare concerti e un certo tipo di concerti, cioè tenuti da musicisti stanziali che creassero un cenacolo e compissero ricerche. Questo avvenne a Rapallo grazie a Pound e grazie alla presenza di Olga Rudge e Gerhart Munch, su cui Pound si sofferma nella stessa lettera, e di un pubblico di cultori e critici, come appunto Chute, Basil Bunting, lo stesso Pound e altri. Pound continua dicendo di essere “contentissimo che IL MARE riprende”, infatti ci fu un breve tentativo di farlo tornare in edicola nel formato dell’anteguerra nel 1954, e perfino T.S. Eliot inviò una lettera di rallegramenti in cui si augurava di poter tornare a Rapallo e ritrovarvi il suo amico caduto in disgrazia. Mai a corto di idee, Pound scrive anche a Berri che il nuovo “Mare” potrebbe ristampare dei pezzi dal Supplemento letterario che egli stesso curò negli anni 1930, dimostrando quanto fosse in anticipo sulle mode del dopoguerra...

    Berri seppe dunque continuare  un’attività culturale notevolissima dandovi la sua impronta certo meno pittoresca e genialoide di quella poundiana, ma solida e altrettanto produttiva. Quando nel 1977 il compositore e musicologo canadese R. Murray Schafer curò un’edizione in inglese di tutti gli scritti musicali di Pound, fu Berri che lo aiutò a identificare i musicisti italiani di cui il poeta parlava nelle sue recensioni e nei programmi. E chissà quante altre informazioni che oggi sarebbero preziose aveva raccolto nella sua lunga vita di osservatore. Ma ciò che Berri ha lasciato è sufficiente a dare la misura della sua personalità rigorosa e generosa e i suoi studi, anche se di ambito circoscritto, non perdono la loro attualità, legata al loro rigore, alla precisione e alla serietà. Che un professionista impegnato come Berri trovasse nella musica un mondo creativo inesauribile, da studiare, conoscere e amare con lo stesso impegno del medico che contempla l’umanità, fa la diagnosi e se può guarisce, è un fenomeno abbastanza eccezionale, ed esemplare, nel senso che ci indica una via non facile che però conduce a uno straordinario arricchimento.