Massimo Bacigalupo
Notizie dal Bloomsday Genova
“Per il dodicesimo anno consecutivo il 16
giugno 2017 il Centro storico di Genova ospita le peregrinazioni di Leopold
Bloom, protagonista dell’Ulisse di James Joyce, e dei comprimari
Stephen Dedalus, studente, e Molly Bloom, cantante adultera: Ulisse, Telemaco,
Penelope. L’evento è realizzato da decine di volontari che animano i diciotto
episodi dall’alba a mezzanotte in luoghi corrispondenti a quelli dublinesi,
dalla Torre di Stephen (si pronuncia /stiven/!) alla camera da letto di Molly
(passando da osterie, biblioteche, aule, cimiteri, strade e lupanari). E’
un’occasione unica di confrontarsi in tempo reale col capolavoro più umano del
Novecento e di scoprire una Genova nota e ignota, che il 16 giugno, Bloomsday,
si sovrappone a Dublino e a tutte le città (e i mari) del mondo”.
Questo sta
scritto sul programma del Bloomsday Genova (o Genoa) 2017, una variante della
presentazione dell’evento proposta nel decennio e oltre precedente. C’è anche
sul foglio una citazione dall’episodio della “Biblioteca”: “Ogni giorno è una moltitudine di
giorni, un giorno dopo l’altro. Noi camminiamo attraverso noi stessi,
incontrando ladroni, spettri, giganti, vecchi, giovani, mogli, vedove, fratelli
adulterini, ma sempre incontrando noi stessi”. Lo dice Stephen, filosofeggiando
romanticamente e eloquentemente. Date queste premesse, come si è svolto
effettivamente questo dodicesimo Bloomsday?
Intanto a qualcuno può interessare
come nasce l’idea. Nel febbraio 1982 se ben ricordo mi trovai a Zurigo, città
di vocazione joyciana (lo scrittore vi è sepolto e qui esiste da sempre un
importante centro studi joyciani diretto dallo stralunato e acuto free lance
Fritz Senn). Era il compleanno di Joyce e il 60° anniversario della
pubblicazione dell’Ulisse, ed era appena uscita una nuova brillante
traduzione tedesca. Bene, quel giorno Zurigo ospitò una lettura itinerante
dell’Ulisse in vari luoghi e mi capitò di seguirne qualcuna. Poi di sera
in un teatro un ottimo attore (lo stesso traduttore) lesse l’episodio di Nausicaa
con straordinario effetto. Tornato a Genova, proposi all’allora assessore
Attilio Sartori di ripetere l’esperienza a Genova. L’idea gli piacque ma
concluse che se l’avesse realizzata “mi darebbero del pazzo” (docente nelle
scuole, era già criticato per le innovative e coraggiose iniziative culturali).
Solo nel 2006 quando mi
capitò di proporre la stessa idea a Claudio Pozzani del Festival Internazionale
di Poesia di Genova l’idea fu accolta come un evento del Festival, e da allora
l’appuntamento non è mai venuto meno, con un seguito costante se non crescente.
I 18 episodi sono affidati ad altrettanti lettori o gruppi di lettori, fra cui
si contano studenti insegnanti giornalisti appassionati teatranti dilettanti e
professionisti. Alcuni gruppi ricorrono di anno in anno, magari spostandosi da
un episodio all’altro, o perfezionando un particolare momento... Evento rodato,
per cui la preparazione è divenuta col tempo abbastanza agevole, anche se fino
all’ultimo ci sono cambiamenti, rinunce, aggiunte, proposte, quel dato
musicista, quella nuova lettrice dell’ultimo episodio, Penelope, con cui
occorre accordarsi per una rapida verifica sul testo... Il mio studio al Dipartimento
di Lingue è aperto almeno una volta alla settimana a coloro che vogliono
proporsi o confrontarsi sulla pagina. Tutti portano la traduzione scelta, se
qualche passo risulta poco chiaro proviamo a confrontare l’originale.
Siamo finalmente al 16 giugno
2017, giornata splendida di tarda primavera, moderatamente fresca. Quest’anno
per la prima volta il primo episodio, La torre-Telemaco, è ospitato
sulla terrazza del Castello D’Albertis. Alle ore 9 siamo lì, con un piccolo
gruppo di ascoltatori già pronti all’avventura. Sotto di noi è tutta Genova, il
porto, il mare, “Thalassa thalassa!” griderà fra pochi minuti Luca-Buck
Mulligan. Ma prima un nuovo partecipante, Alessio, suonerò qualche nota su
un’arpa irlandese e una sua amica canterà alcune strofe di una canzone
irlandese. Il momento è commosso in questo inizio di giornata campale così
tranquillo e sereno. Entrano in fila i lettori, e Buck “solenne e paffuto”
salmodia “Introibo ad altare dei”. Il primo episodio è fra i più coinvolgenti
prologhi che io conosca: struggente e comico, con tutta la tristezza del
ricordo della madre di Stephen morta con i suoi piccoli ricordi e abitudini, e
il fantasma che perseguita il ragazzo, e Stephen che canta una ballata di Yeats
a lei morente... Questo contro il gioco goliardico, l’invettiva, il dialogo
irridente, il sogno pagano di Buck. Valerio, Antionio, Alberto e i loro
compagni sono interpreti magistrali di un testo grandioso. Arriva la lattaia e
si intrattiene nella sua semplicità con i giovani saccenti e Joyce chiaramente
ama questa vecchia umile e saggia che ha appena munto la sua vacca... Quante
voci si intrecciano. E’ un inizio degno del capolavoro.
Ma come nell’Ulisse
così nel Bloomsday i tre episodi della Telemachia si svolgono in
contemporanea ai primi tre episodi dell’Odissea. Alle 9 mentre Stephen e
Buck dialogano nella Torre, un certo Leopold Bloom sta preparando la colazione
per la moglie Molly al piano terreno della loro casetta dublinese, parla al suo
gatto, esce un attimo per comprare dei rognoni, sale al piano di sopra con il
vassoio e conferisce con Molly, è già arrivata la posta e ci sono lettere dalla
figlia Milly in vacanza al mare e (per Molly) dall’impresario e futuro amante
Blazes Boylan, che fissa un appuntamento per il pomeriggio. Molly cela
prontamente la lettera sotto il guanciale. Poi Bloom esce in giardino entra
nella latrina, si tira giù i calzoni e va di corpo mentre legge un raccontino
sul giornale e pensa che anche lui potrebbe scriverne... Dunque alle 9 mentre
Blazes intona “Thalassa!” al Museo D’Albertis al Mercato del Carmine si legge Calipso
– La colazione. Scendo dalla collina e riesco a sentire la fine
dell’episodio. Il mercato è un grande edificio con tavolini, alcuni banchi, un
certo numero di ascoltatori seduti, due lettori che convincono. Qui c’è
umorismo, tenerezza, mangiare, liberarsi lo stomaco, la famiglia, la
“metempsicosi” (parola che Molly chiede a Bloom di spiegarle in relazione
all’oleografia Il bagno della ninfa che sta sopra il letto
matrimoniale). L’itinerario prosegue alle 10 con Antonio che nel chiostro di
Santa Fede legge con una signora Lotofagi, cioè l’uscita di Bloom che si
dirige ai bagni pubblici per un lavacro lenitivo (il loto) prima di affrontare
il funerale che sarà letto alle 11 a Staglieno e che purtroppo perdo causa
avvisi scioperi degli autobus. Ma alle 10 nella Biblioteca di Lingue di Palazzo
Serra, sede del mio Dipartimento, sento un brano di Nestore letto dalla
studentessa Caterina, l’insegnante Adriana, e la lettrice Annamaria che da
qualche anno si ripropone con gusto. Così alle 11 sono alla Libreria
Feltrinelli per l’episodio Proteo-La spiaggia letto da un folto gruppo
Feltrinelli-Teatro della Tosse guidato al solito da Pietro. Proteo è un
soliloquio con qualche breve inserto descrittivo, Stephen passeggia sulla
spiaggia, ricorda, riflette, rimugina. Un grande coro lo fa parlare. La saletta
della Feltrinelli è raccolta, strapiena... La giornata si sta mettendo più che
bene. C’è perfino un’amica romana giunta apposta per l’occasione.
Da qui il racconto procederà
lineare per i successivi dodici episodi. Alle 12 siamo come da molti anni nella
redazione del “Secolo XIX”, in una saletta intorno a un tavolo, ascoltatori in
piedi, tre attori professionali, Ernesto, Federica e Valentina, rendono il gran
tumulto di chiacchiere nella redazione del “Freeman’s Journal”. Passa Bloom
(che è una sorta di pubblicitario di mestiere), passa Stephen che racconta una
storia paradossale di due vecchiette che salgono sulla colonna di Nelson, il
direttore sbraita, tutti vanno poi in un pub. Siamo a Piazza Piccapietra e
nella via principale di Dublino, O’Connell Street (fra l’altro il grande
“iberatore” morì proprio a Genova). Alle tredici ci trasferiamo a La
Passeggiata-LibroCaffè, una libreria-ristorante, dove sentiamo brani del Pranzo-Lestrigoni scelti e letti da
Ginni, Lilla e altri. C’è un medaglione (si dice così) di Michael, noto
anglista, che legge nel suo inglese l’inizio e la fine dell’episodio e fa
qualche commento nel suo italiano. Poi alle 14, inevitabilmente, nella
Biblioteca Universitaria ex-Hotel Colombia per La biblioteca-Scilla e Cariddi, proposto da giovani studiosi di
Shakespeare e altro (visto che in questo episodio Stephen fa sfoggio della sua
teoria shakespeariana). Viene benissimo, i lettori sanno cosa fanno. Hanno
operato dei tagli per rientrare nell’ora. Ma il brano su incontrare sempre e di
nuovo sé stessi l’hanno lasciato.
Per Le Strade (ore 15) torniamo al Mercato
del Carmine: quest’anno è un gruppo nuovo, Parolediterra, numeroso e abile. Si
dividono alcune delle scenette di cui è composto l’episodio, in modo assai
efficace. Alle 16 tocca alle Sirene,
quest’anno ospitate nella Sala del Minor Consiglio di Palazzo Ducale. Tre
lettrici, Luisa, Marta e Lidia, accompagnare da Alessio e cantante, ne rendono
alcuni brani, il cicaleccio delle bariste, le angustie di Bloom che sa che alle
16 Molly lo tradirà con Blazes. Alle 17 l’immancabile appuntamento all’Osteria
Moretti per Il Ciclope con L’Agave di
Chiavari, gruppo ormai specializzato in questo
debordante spassosissimo episodio, così attuale nella sua satira del
nazionalismo e razzismo. Un antro umido, grandi botti, pubblico assiepato,
lettori ispirati. Da qui alle 18 al Museo del Mare per Nausicaa, il povero Bloom che spia la giovane Gerty sulla spiaggia.
Gli amici di Genovapiedi ne danno conto con passione e partecipazione. Alle 19
siamo alla Sociteà di Storia Patria di Palazzo Ducale per un’eccellente resa
dell’Ospedale-Mandrie del Sole a cura
di L’Atelier Gruppo Teatrale (Bloom ci va per avere notizie di una partoriente
e trova una combriccola di studenti rumorosi, fra cui Stephen).
Alle 20 Stephen con un amico, seguito dal protettivo
Bloom, va nel bordello di Bella Cohen e noi andiamo nella Libreria L’Antico
Portale, uno stanzone vagamente neogotico assai adatto all’episodio, con
lettori impegnati fra cui Rossella reclutata fra i trans che lavorano nei
pressi. E’ un episodio sterminato, fra sogno e realtà, i lettori (guidati da
Carlo di GenovaVoci) ne danno una versione convincente. Finisce con Stephen che
esce dalla casa, viene pestato da un soldato e soccorso dal sempre paterno
Bloom (Ulisse che in Stephen trova il figlio perduto). A Via Garibaldi bravi
studenti di recitazione (La Quinta Praticabile) leggono davanti a Palazzo Rosso
Il rifugio-Eumeo, un episodio
volutamente “noioso” di cui rendono ampie mirabili sezioni. Siamo ormai alla
fine e andiamo nello Spazio Pinelli di Piazza Pinelli, antica dimora di una
famiglia legata addirittura a Cristoforo Colombo. Nell’atrio Mapy e Angelo,
persone di scienza, leggono spassosamente il catechismo di Itaca. Quindi ci spostiamo nella sala interna dove Franca Mapy
Silvia e Orietta leggono ciascuna alcune pagine di Penelope, il grande monologo conclusivo. Anche qui la sala è colma,
le lettrici impegnate e innamorate del personaggio. Molly sul vaso da notte.
Conta le ore che battono, pensa ai cinesi che si stanno già alzando, passa in
rassegna tutte le case in cui ha abitato con lo stravagante marito, ricorda
Gibilterra dove è nata. Tutta una vita, e i suoi amori. Bloom le ha parlato di
Stephen e Molly ci fa un pensiero: potrebbe insegnarle l’italiano (lei è
cantante), magari diventare suo amante. Non come quel volgarone di Blazes che
l’ha strapazzata nel pomeriggio. Ascoltiamo commossi questo flusso di pensieri
dove gli amanti si sovrappongono (lei dice sempre solo “lui”), da quel primo
bacio da ragazzina precoce “sotto il muro moresco” fino al giorno in cui Molly
portò Bloom a dichiararsi. Era sul promontorio di Howth (si pronuncia /houth/),
di cui abbiamo sentito parlare dagli studenti sulla Terrazza quindici ore fa.
In fondo Molly è Penelope in quanto col pensiero torna sempre a Bloom, alle sue
fisime e alle sue indubbie qualità. “Eppure questo mi piace di lui, è gentile
con le donne...” I personaggi hanno una caratterizzazione spiccata, li
conosciamo bene dopo tante ore in loro compagnia, ma le loro esperienze sono
comuni a tutti, sicché riescono a unire il fascino dell’unicità al gusto
dell’identificazione, il senso di un comune destino umano. Dei giorni tutti
diversi e tutti uguali. Fra questi sentimenti comuni, almeno nella storia che
ricordiamo, sembra esserci quello del sublime, il senso che si abbraccia tutta
una vita, grandi spazi di tempo e di spazio. Joyce ne fa uso esplicito nel suo
finale che si vale anche della figura della catalogazione caotica, come un
fiottare ininterrotto di immagini, in cui si inserisce il “thalassa” del
prologo, una visione dello Stretto a volo di uccello: “e oh quel pauroso
torrente laggiù in fondo oh e il mare il mare qualche volta cremisi come il
fuoco e gli splendidi tramonti e i fichi nei giardini dell’Alameda sì e tutte
quelle stradine curiose e le case rosa e azzurre e gialle...”. Pauroso e
meraviglioso. La Molly di Joyce è una grande oratrice, anche una cantante
d’opera, un’Isotta con il suo canto d’amore e di morte, o di vita. Tutti sanno
come poche righe dopo la sua grande aria si conclude. (Del resto l’Isotta
wagneriana diceva proprio che voleva naufragare “nel vivente tutto”.)
Il miracolo dell’evento si è ripetuto sabato 16 giugno 2018, iniziando come
nel 2017 sulla terrazza (La torre)
del Castello Museo D’Albertis, con la città e il mare ai nostri piedi.
Splendido e commovente grazie alle vecchie volpi di GenovaVoci e
all’accompagnamento di canto e arpa irlandese. E continuando con nuove
scoperte. Per esempio, Lotofagi è
stato letto nel Giardino dei Semplice della Commenda da un altro gruppo di
GenovaVoci comprendente un “farmacista” che preparava la famosa saponetta che
Bloom acquista per la moglie, e ne distribuiva esemplari (molto profumati) al
pubblico. Staglieno (Il funerale, ore
11): sono riuscito ad ascoltare Daniela e i suoi amici davanti al Tempio
Evangelico, leggere quelle pagine impressionanti dove Bloom riflette sulla
nostra morte corporale, vicini alle statue recentemente restaurate dei due
residenti inglesi vittoriani. Bellissimo. Una benvenuta novità è stata la
partecipazione di studenti del Liceo Mazzini, che hanno data prova eccellente
nel non facile episodio del Giornale
al “Secolo XIX” (guidati da Francesco) e nelle Strade, che per la prima volta è stato ospitato al Suq del Porto
Antico, affiancando gli amici di Parole di Terra. Ho suggerito agli studenti di
leggere i tre quadretti dove appaiono dei ragazzini, le povere sorelle di
Stephen che cercano di trovare da mangiare e il piccolo Patrick Dignam orfano
recente che si specchia in una vetrina nell’abito da lutto. Che tristezza, ma
che gioia sentire i ragazzi capire
quelle pagine. Per Il pranzo alla
Passeggiata LibroCaffè (Sarzano) è tornato fra i lettori il vecchio amico
Riccardo, un semiprofessionista, sicché l’episodio è stato ben organizzato
mentre gli ascoltatori si facevano servire delle insalate, per nulla disgustati
dalle meditazioni di Bloom su quanto ingeriamo e sulla forfora, “il pranzo più
a buon prezzo”. L’atrio di Casa Mazzini ha ospitato La biblioteca, operazione complessa ben condotta da due nuovi
amici, Mauro e Daniela. Una dottoranda russa, Natasha, con le amiche polacche
del Bar Kowalski, è stata una Sirena
allegra ancorché frammentaria. La scoperta maggiore doveva arrivare con L’ospedale al Luzzati Lab di Vico
Amandorla grazie al gruppo Feltrinelli-Tosse di Pietro. Una ventina di lettori
biancovestiti da ospedalieri in cerchio intorno al pubblico in una grande sala
luminosa con vetrate hanno raccontato gli eventi di quella cena nei cento stili
parodiati da Joyce e poi hanno cominciato a girare e vorticare intorno agli
ascoltatori mentre il discorso si dissolveva in babele. È qui che ho colto la
frase: «questa micragnosa onninclusiva farraginosissima cronaca» (una bella
definizione ironica dell’Ulisse!).
Insomma una regia degna di uno spettacolo studiato a fondo per un testo che
come sempre regala rivelazioni a ogni pagina. (È impossibile ricordarne tutte
le trovate sicché ci colpiscono come nuove.) Si va poi presso Satura di Piazza
Stella nel Bordello, molto tagliato
visto che la lettura integrale richiederebbe tre ore. Ma si capisce quanto sia
folle questo episodio, e alchemico, cioè a parte la comicità c’è uno sfondo
occultistico. Fra il pubblico una coppia di Pavia, lei mi dice che insegna, ha
studiato a Genova, e ha scritto proprio la tesi sulla ricezione italiana di
questo Bordello-Circe. Sono venuti a
Genova apposta, come anche una coppia di Reggio, un lettore di Torino… A Via
Garibaldi il gruppo Genovapiedi ha scandito bene grazie anche a un microfono Il rifugio-Eumeo, fra l’altro sono
risuonate le parole tempestive di Stephen: “Non possiamo cambiar patria. Allora
cambiamo argomento”. Ma ho controllato l’originale, che dice: “We can’t change the country. Let us change the
subject”. Cioè la frase ha piuttosto il senso di cambiare la patria da com’è
fatta (impossibile perché immutabile), non sostituirla con altra (impossibile
perché non possiamo cambiare luogo di nascita), o perlomeno è ambigua. Possiamo
cambiare la patria? Il “cambiamento” era appunto uno slogan di quei giorni.
Joyce è pessimista.
Purtroppo non ho potuto assistere
agli ultimi due episodi, ospitati nell’associazione Schegge del Mediterraneo a
Via Ponte Calvi. So che Itaca è
andato benissimo. I lettori, Sara Barbara Roberto e Claudio, hanno pronunciato
il loro catechismo (cioè le domande e risposte su cosa Stephen e Bloom fanno
eccetera eccetera) e hanno avuto l’idea felice di far leggere alcune delle
domande agli astanti. E le quattro lettrici di GenovaVoci che con la padrona di
casa Consuelo hanno impersonato Penelope-Molly
sono state eccellenti, una fra l’altro sostituita all’ultimo momento, uscita
dal pubblico.
Uno di questi anni, se altri
Bloomsday ci saranno, si potrebbe provare a far leggere una parte del
soliloquio a un maschio. Consuelo, con cui ho “provato” il suo paragrafo
(quello dove Molly dice dei suoi seni rassodati dal gradasso Blazes “a forza di
succhiarli in quel modo che mi faceva venir sete”), quando gliene leggevo un
paio di frasi con il tono giusto commentava: “Ora sì che si capisce”.
Chissà se col nostro Bloomsday
Genova arriveremo al 2022, centenario della pubblicazione dell’Ulisse. Certo per ora nessuno ha gettato
la spugna, dimostrazione dell’inesauribile vitalità del capolavoro.
Arrivederci dunque domenica 16
giugno 2019. “God willing”, come dicono gli irlandesi.
(Una versione più
breve di questo testo è uscita su “Xenia. Trimestrale di letteratura e cultura”
3.3, settembre 2018)