Massimo
Bacigalupo
morte di un commesso viaggiatore
Regia di Elio De
Capitani -Teatro dell'Elfo
Genova / Teatro della
Corte 25 febbraio-1 marzo 2015
Di cosa parla Morte di un commesso
viaggiatore? Elio De Capitani, regista e protagonista, ne ha fatto un
dramma dell’illusione e della progettualità virtuale, anche un dramma della
persona. Il pubblico ama e compatisce Willy Loman come Edipo e Falstaff e ogni
altro grande mostro teatrale, riconoscendosi nelle sue follie e nella sua
pochezza e grandezza.
Al solito il Teatro dell’Elfo è teatro-circo, con un
turbinio di azioni, salti, lotte, nudi, spintoni, duelli, amoreggiamenti. Il
tutto efficace e ben controllato da una regia solida che regge uno spettacolo
molto lungo (tre ore e passa intervallo compreso) che anziché stancare diviene
via via più appassionante: quando, secondo una ferrea struttura teatrale,
l’azione dei Loman, ancora proiettati verso un futuro roseo nonostante i tuoni
premonitori, si scontra nel secondo atto con un fallimento su tutti i fronti e
riemergono i traumi che hanno tarpato in nuce le loro fantasie di grandezza.
Accanto a un De Capitani che riesce quasi ad
apparire vecchio e ingrassato ma non esita a spiccare un salto di
molti metri attraverso la scena, gestisce magnificamente il
palcoscenico Cristina Crippa, la moglie che tutto capisce e che è insieme personaggio
e coro e a un certo punto strappa l’applauso dopo aver monologato a lungo,
senza un attimo di stanchezza o routine. Dei due figli Biff è un
Angelo Di Genio molto in parte, una parte quasi da protagonista, che lascia
inevitabilmente in ombra il fratello minore “puttaniere”, Happy (Marco
Bonadei), per quanto si dia da fare a essere volgare. Fra l’altro la traduzione
di Masolino d’Amico continua a servire ottimamente. Abbiamo rivisto con piacere
Federico Vanni nella parte del vicino di casa Charley (l’uomo
normale che non può non arrendersi davanti al detestabile Willy, come Vanni si
arrendeva davanti a Eros Pagni sindaco del Rione Sanità). Bernard,
il figlio secchione di Charley, è un ottimo Andrea Germani, agilissimo come del
resto tutta l’instancabile compagnia. La regia ha dato spazio al ruolo
dell’amante di Willy, che Alice Redini non ha difficoltà a rendere provocante.
Il boss di Loman, il giovane carrierista Vincenzo Zampa, tiene la scena in
quello che è forse l’inizio della fine di Willy, che merita la sua punizione.
Ma dopo tutto spiace vederlo costretto a un mortale risveglio. Del resto non
smetterà di sognare e farneticare fino all’ultimo. Grazie a Elio De Capitali e
ai suoi collaboratori (scene e costumi di Carlo Sala), Arthur Miller esce in
una versione sorprendentemente fresca e sfacciata, comunque vitale, a cento
anni dalla nascita, e a 66 anni dalla prima newyorkese: quando Willy Loman
iniziò il suo viaggio sulle scene mondiali. Dunque questo Commesso
viaggiatore del Teatro dell’Elfo va assolutamente visto per riscoprire
il miglior teatro del Novecento ricreato con passione folle quasi come quella
di Willy Loman.