Apparso
sul n, 157 di "Cinema", la rivista illustrata fondata da Ulrico
Hoepli e diretta da Vittorio Mussolini, l’articolo sorprende nell’avvio, se si
pensa che era il 1943. A parte questo, che non crediamo fosse un esercizio di
cinismo, l’esercizio è soprattutto “di scrittura”, ma è da prendere anche come l’apprezzabile
testimonianza di un letterato che proveniva da studi musicali e che nella
critica specifica si distinse. Gli articoli sulla musica nei film sono sempre
stati d’altra parte una merce rara.
Bruno
Barilli
Problema cinematografico (la musica nel film)
Non crediamo tanto facilmente all'esistenza dei
problemi in genere. Ce ne propongono troppi ormai. Ogni giorno uno nuovo. Ma
quello della musica nei film è un vero problema, e insoluto nel più dei casi. E
i casi son sempre diversi.
Scrivere la musica di un film: ecco qualcosa dio un
ordine nuovo. Ecco un cimento rischioso, delicato, una pratica difficile, come
un'operazione delicata.
Qui non vale nessuna ricetta. È una questione di
diagnosi. Di taglio, di cucito. Sbagliando l'operazione c'è da ammazzare il
film.
Un film deve essere voltato, rivoltato e lavorato fino
al midollo, benchè alla fine dei conti non ne risulti che la superficie.
La superficie: un nastro labile, sensuale,
trasparente, chilometrico, che trema e corre, animato dalla trasmissione
sonora.
Però, a tempo e luogo, la musica può far saltare i
personaggi come castagne sul fuoco. Quel che riesce specialmente quando gli
attori sono negri. E questi, li puoi chiamare i film alcolizzati della musica.
Un film sembra non essere altro che una successione di
immagini. Nondimeno ha un corpo con tutti i suoi organi vitali.
Poi non servirà che la pelle, che di solito si vende
in anticipo: come quella dell'orso.
E la musica non vuole essere inserita brutalmente nel corpo
del film a furia di iniezioni. Questa della stringa non è un metodo da
infliggere al film che non è poi malato, e che lo farà ammalare. Quanti sono i
film che soggiaciono alla corruzione, all'avvelenamento della musica?
Foruncoli, eruzioni cutanee fan presto a venir fuori,
a esplodere a fior di epidermide.
Perchè non bisognerà mai dimenticare che si tratta
d'una tenue pellicola. E infiammabile, per giunta.
In certi film nostrani la musica sembra far parte del
grossolano “maquillage”cinematografico.
(Una depurazione sull'altra).
Su certi altri la musica vien applicata con
retrospettiva civetteria – come un neo sotto il naso di una duchessa, o peggio,
come un cerotto del mediconzolo di campagna.
In altri ancora, musica e olio santo fan tutt'uno,
oppure l'olio è di ricino addirittura. Scioglie il film e lo fa cadere
d'urgenza sul sedile del gabinetto.
Nei malinconici raduni di bracaloni bianchi che nelle
serate estive fan trincea sul marciapiede di Via Veneto, e davanti al caffè
Rosati, si discute molto di problemi cinematografici, ma del contributo
musicale, ma dell'aiuto sonoro, non si parla né molto né poco.
“Passività e attività della musica nei film”.
Questo è un libro mastro che non si finirebbe mai di
redigere. Anche se a un certo punto la musica diventa un elemento tempestivo ed
efficace del film, si dovrà constatare, in innumerevoli casi, la vanità d'uno
sforzo i cui risultati sono crudelmente negativi, o deleteri addirittura.
Non è possibile che l'occhio goda quando l'orecchio
soffre, e viceversa. La pioggia, la ruota, la cavalleria, il treno, la fontana,
il proiettile di cannone e il maestrale, diffondono e trascinano seco la loro
voce ai limiti dello spazio.
Similmente dai suoni continui e differenti nasce
l'idea del moto, dell'ubicazione, del luogo: e dal silenzio nasce l'idea della
fissità verticale.
Alla vista della saetta, i nostri timpani vibrano come
i vetri d'una casa.
L'occhio e l'orecchio, ecco i due avvertitori che si
avvicendano fedelmente al posto avanzato: binomio di scambio, corpo ed ombra
dei sensi, bilancia di precisione. Quel loro moto d'altalena fa nascere
scrosciando le dimensioni.
La cinematografia non è un recipiente da colmare fino
all'orlo di sonorità orchestrali.
Queste partiture ponderose, abbondanti,
strabocchevoli, dove una musica da “potpourri” procede a marce forzate, per
prendere la testa su tutto, per essere sempre la prima, ingannano il risultato
visivo, tradiscono l'effetto del giuoco.
In qualsivoglia film la musica è importante, senza
dubbio, ma non si deve dare dell'importanza, né ostentare la propria presenza.
Più è nascosta, più agisce per il bene di tutti quanti.
Infiltrazione, veicolo sottocutaneo, come il sangue
che rinnova la vita, la musica non la devi avvertire, per quanto sia
essenziale. La musica pulsa come una sorgente riposta, scava sotto, e gira
attorno alle immagini come intorno a un pilone d'un ponte, le riflette
ravvivate e vibranti.