Wolf Bruno
l’autoritratto
James Hall: L'AUTORITRATTO.
Una storia culturale. Einaudi, 2014
Sulla
carta era il libro che mi ci voleva. Ne avevo atteso l'arrivo dal libraio col
proposito di tuffarmi nell'atmosfera intellettuale che mi era parso potessero
assicurare titolo, recensori, note editoriali e voglia di una lettura
istruttiva. Lasciando da parte ogni precauzione, pensavo di dovermi imbattere
in una di quelle storie alla Gombrich perfettamente
congrue all'impegnativo argomento annunciato ma non aridamente sistematiche,
infervorate piuttosto dai bei modi del racconto in quanto tale, da una sapienza
non minacciosa, da uno specialismo davvero speciale,
abbordabile e di buon gusto. Avrei dovuto fare attenzione a come erano
assemblate le note, stampate in un corpo illeggibile e distribuite su tre
colonne - ancorché questo, per quanto deleterio, sia solo un aspetto editoriale
- ma spigolare fra le pagine mi convinse facilmente. Non mi resi dunque conto
di quanto stessi sbagliando.
Già
il primo capitolo ("Le origini medievali") finii col non leggerlo
tutto. Non andò meglio con quelli successivi, ordinati sulla base del consueto
ordine cronologico della storia dell'arte. Perlomeno la visione storica
dell'autore era salva. Nel trattare il Rinascimento faceva, com'era giusto
facesse, una stupefazione quantitativa dei sedici autoritratti di Dürer, ma, con giudizio, citava prima di loro il monumento
a Giotto e i tre autoritratti di Mantegna, così che non solo gli italiani tutti
si sentissero risarciti, ma la spocchia dei fiorentini lusingata e una città
oggi provinciale come Mantova non dovesse prendersela a male. Geniale!
Gli
impedimenti che provai li attribuisco oggi, a mezza (e nemmeno tutta) lettura
avvenuta, al gap di intelligenza che dev'esserci fra
me e l'autore. Non ero in errore quando spigolavo queste pagine acute:
l'affollarsi dei nomi, delle immagini, delle citazioni era quella giusta. Il
limite era il mio che, debole di intelletto, non sapevo tener dietro a una
bella e ordinata scrittura facendola apparire ai miei recettori come un
pasticcio illeggibile.
“Fogli di Via”, novembre
2014