Carlo Romano

Italia assassina

Gli omicidi seriali dei romanzi ci hanno così abituati alla loro ingegnosa depravazione che quelli reali sembrano solo dei farraginosi epigoni. Letteratura e realtà si rimescolano a tal punto da veder smarrire la commozione per le vittime nella meraviglia per le gesta assassine. Eroi di un mondo nel quale la malvagità è sempre altrove anche quando è in casa, sono i campioni della coazione a ripetere, le icone di magliette più ridicole che spaventose, il simulacro delle ribellioni che non si trovano.

Anche l’Italia ne ha la sua lista, meno chiassosa di quel che si addice al carattere nazionale, ma pur sempre cospicua. Gordiano Lupi - operoso poligrafo di Piombino – ne ha fatto la storia pubblicando, con l’Editoriale Olimpia, Serial Killer italiani, una filza di medaglioni che va dall’Ottocento ai giorni nostri (pp 296, E 16, 50). Ci ritroviamo Vincenzo Verzeni, la Cianciulli, Giorgio William Vizzardelli, Antonio Cianci, il duo Ludwig, Roberto Succo, Giancarlo Giudice, Maurizio Minghella, il “mostro di Firenze”, Gianfranco Stevanin, Donato Bilancia e tanti altri. Uno è il “vampiro di Bergamo, l’altra la “saponificatrice di Correggio; uno, quindicenne, si identifica con Al Capone, l’altro, sempre giovanissimo, con Jesse James. I “mostri” toponomasticamente si sprecano: c’è quello di Neroli e c’è quello di Posillipo, quello di Genova e quello di Torino, c’è il mostro di Leffe e c’è quello di Bolzano. Con ogni probabilità la baciatissima rima “Cicci il mostro di Scandicci”, riferita agli annosi misteri fiorentini, è nata dalle parti di Livorno. Il campanilismo è salvo.

Impressionante è la sequela di assassini, potenzialmente inesauribili, fermati al secondo delitto, il che confligge con l’idea di inefficienza che gli italiani attribuiscono ai corpi dello Stato. Si deduce, dal libro di Lupi, che tra i pluriomicidi italiani prevalgono, sulle psicologie malsane, i motivi del tornaconto, tanto per smentire la convinzione di un popolo inguaribilmente sentimentale. Lupi riesce, con particolare abilità narrativa, a condensare in ogni capitolo tutti gli elementi indispensabili, senza cadere nella burocratica prosa a “schede”, permettendosi  viceversa parecchie osservazioni che completano il quadro metodologico abbozzato nell’introduzione (per l’approfondimento consiglio il libro di Ruben De Luca, uscito anni addietro da Giuffrè, Anatomia del serial killer).

Ho parlato sopra di “operoso poligrafo”, ma non ho detto quanto. Per farla più breve che posso: Gordiano Lupi dirige una rivista, “Il Foglio letterario”,  che è anche una piccola casa editrice (ha pubblicato, fra l’altro, il thriller Via del Campo dell’imperiese Fabio Beccaccini); collabora alla casa editrice Profondo Rosso legata a Dario Argento; ha pubblicato, di suo, parecchia narrativa; ha scritto una biografia dello scrittore per ragazzi Aldo Zelli; si interessa alla cultura caraibica – ha pure dedicato un libro alla Santeria – e si impegna nel tradurre scrittori invisi al regime cubano; si è occupato dei registi cinematografici Ruggero Deodato e Joe D’Amato e da ultimo ha pubblicato, con profondo Rosso, un volume su Tomas Milian (che, devo dire, non è stato revisionato con la dovuta attenzione). Mi fermo qui, per quel che riguarda Lupi. Aggiungo invece che non c’è alcuna relazione segreta fra l’argomento di Serial Killer italiani e l’Editoriale Olimpia che lo pubblica, casa editrice specializzata in armi e caccia, la quale piuttosto si applica con piacevoli risultati, in una particolare collana, a interrogare svariati misteri (Gli Enigmi del Vaticano, Italia esoterica, Psicospie, Terrorismi e altro ancora).

Il secolo XIX”, 1 luglio 2005

 per accedere alle pagine web di Gordiano Lupi: www.infol.it/lupi