Wolf Bruno

Arte cruda 11

Un professore di antropologia ha richiamato alla memoria un episodio che gli toccò in Sudamerica quando a un gruppo di turisti sentì dire che le rovine incontrate erano frutto della furia distruttiva di manipoli di terroristi fuggiti alla dittatura di Pinochet. Massimo Canestrini, docente a Lucca, lo rammentò in un libro (Antropop, Bollati Boringhieri 2015) dove, a fronte di un sempre meno accattivante esotismo, evidenziava come le danze tribali si svolgano ormai nelle hall degli alberghi - per non dire dei souvenir "etruschi" fabbricati in Cina e venduti con perfetto accento fiorentino ai viaggiatori americani da un probabile senegalese residente in Toscana.

Il richiamo rivela come all'evidenza sensibile si cerchino di sostituire talvolta spiegazioni tanto assurde quanto apparentemente logiche, dimenticandosi nel caso specifico dell'azione del tempo sugli antichi siti archeologici. Il procedimento è lo stesso attraverso il quale ci si abbandona facilmente al sospetto e alla "dietrologia" fino alla loro configurazione in teorie vere e proprie dette "del complotto". Il bisogno di guardare nel modo più elementare alla realtà, ancorché le conseguenze possano inquietare, riguarda tutti, anche quando poi si concludono i ragionamenti con un fatalistico "chissà".

Richard Hofstadter - uno dei grandi intellettuali che si dedicarono a decifrare alcuni aspetti della mentalità americana, in un saggio pubblicato in origine sull'"Harper’s Magazine" (The Paranoid Style in American Politics) che oggi è un classico intorno al "complottismo" - era viceversa convinto che la faccenda riguardasse soltanto personaggi emarginati e movimenti politici deliranti. Gli studiosi successivi, come Rob Brotherton, specie in anni più recenti, aggiustarono il tiro e riportarono la questione all'ordinaria mentalità e ai suoi risvolti psicologici (si veda Menti sospettose, Bollati Boringhieri, 2017).

È norma, quando si affronta questo genere di argomenti, chiarire preventivamente che dal discutere certe "teorie" non discende la negazione di complotti e cospirazioni, che ovviamente ci sono e ci sono stati da sempre. Quando questi vengono alla luce, per quanta sensazione possano destare - e la percentuale di fantasia sfruttata nei diversi contesti storici - si somigliano tutti. Anche le "teorie del complotto" hanno evidenti basi comuni, ma ho le sensazione che più, molto di più, delle macchinazioni accertate, siano esse esposte ai bacini dell'imitazione e dell'influenza tipici del romanzo, con la necessità di piegare una materia in sé familiare sia a nuove e possibilmente sorprendenti soluzioni, sia a più convincenti trasfigurazioni del vecchio materiale.

Già col classico Protocolli dei savi di Sion ci fu chi pur dubitandone l'autenticità spostava l'attenzione (Julius Evola, per esempio) su una loro pretesa verosimiglianza. Il classico complotto ebraico oggi si esprime spesso dietro a informati intrecci di dati e persone sullo sfondo dei grandi affari finanziari, sfumando così i più vecchi e diretti libelli che combinavano ebraismo ed economia in un canovaccio anticapitalista. Ma in tempi più recenti le "teorie del complotto" si sono combinate a elementi derivati dalla letteratura fantastica, dall'ufologia, dalle dottrine New Age. Clamoroso è il caso delle teorie di David Icke che in libri e conferenze che durano ore e ore - con un seguito da stadio - vaneggia di un complotto ordito da alieni dall'aspetto "rettiliano" (gli "Arconti) i quali avrebbero trasformato, con la collaborazione di uomini di stato, scienziati e reggenti dell'economia, la realtà in uno spettro, portando guerra, miseria e sfruttamento laddove vigeva un'edenica era di pace e felicità.

Pur resistendo l'impostazione tradizionale, è mia impressione che le teorie cospirazioniste siano oggi concepite dagli interessati come tutte veritiere e scontate, così che serva solo infiocchettarle di nuovi inquietanti episodi, non importa quanto bizzarri, come per esempio la faccenda del "Pizzagate", consistita nell'indicare in un rispettabile locale di Washington il centro mondiale di un traffico di fanciulli destinati ai pedofili. Nella pizzeria vi si recò armato un integro e religioso padre di famiglia pensando di fare giustizia e liberare i piccoli schiavi, ma non trovò niente di quel che si aspettava. Processato, ammise la propria dabbenaggine.

Questi episodi hanno origine in Internet che dà una possibilità di moltiplicazione fino a non molto tempo fa impensabile, permettendo iniziative variabili, ma con esiti identici, che vanno da utenti che si considerano dei semplici burloni a veri e propri complottisti che pensano di poter diffondere elementi di panico. Centrale - anche per transazioni equivoche e traffici illegali - è quello che viene chiamato "profondo web" o "web oscuro", non privo di rischi per chi non è attrezzato, ma al quale teoricamente può accedere chiunque utilizzando appositi strumenti che rendono più difficoltoso risalire al loro computer. Con un seguito di adepti che ne propagano gli intrighi, da queste "profondità" della rete è emerso l'anonimo Q (Qanon), ma nel groviglio di idee minacciose e strampalate sono presumibilmente molti altri a muoversi senza arrivare ad esser segnalati dal sistema ufficiale dell'informazione. Più che di vere costruzioni erette su basi romanzesche, si tratta, mi pare, di spararle grosse in un effetto che si potrebbe definire "a collage".

Qualche decennio fa, quando lavorava alla posta di "Playboy", Robert Anton Wilson - che con Anthony Shea sarebbe diventato l'autore l'autore di una citatissima e non priva di aspetti comici trilogia sugli "Illuminati" - si incuriosì alle lettere che riceveva da dei fantomatici "Discordiani", sorta di neopagani che si dichiaravano adepti della dea del caos Eris. Vi si sosteneva, per esempio, che le eterogenee, non importa quanto strambe, versioni dell'omicidio del Presidente Kennedy fossero tutte vere. Wilson ne colse il lato ironico e da comunista che era stato si fece lui stesso "discordiano", in una soluzione che allora si sarebbe definita "underground" non senza, in seguito, delle ambiguità. Molto dell'attuale "cospirazionismo" sembra discendere da un identico atteggiamento dove però ciò che volgeva all'umorismo è andato convertendosi al veleno. Allo stesso modo mi pare di poter dire che ciò che poteva esser visto come allusivo all'alienazione in senso filosofico si sia definitivamente impiantato nel suo significato psichiatrico, ma da "furbi".

“fogli di via”, luglio 2020