Charles de Jacques
Fate e streghe surrealiste
Whitney Chadwick: LE ARTISTE E IL MOVIMENTO
SURREALISTA. Scheiwiller, 2023
“Whitney cominciò a lavorare su quello che poi sarebbe diventato Le artiste e il movimento surrealista nel 1980, quando la maggior parte delle sue protagoniste
erano ancora vive e vegete anche se, di fatto, spesso dimenticate”. Leonora
Carrington, Frida Kahlo, Dorothea Tanning, Remedios Varo, Leonor Fini sono fra queste protagoniste. Uscito per Thames & Hudson nel 1985 questo
importante studio non ebbe alcuna traduzione italiana. Ci fu, pubblicata da Chêne un’edizione francese, per la verità di prezzo assai
elevato. Da noi si tenne tuttavia nel 1980 al
Palazzo Reale di Milano, con un
seguito di imitazioni, una grande mostra ideata da
Lea Vergine dedicata a L’altra
metà dell’avanguardia 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle
avanguardie storiche che per le donne
surrealiste presentava, con qualche licenza, Romaine Brooks, Georgia O'Keeffe,
Valentine Hugo, Kay Sage, Toyen, Eileen Agar, Nusch, Dora Maar, Milena Pavlović Barilli, Jacqueline Lamba, Frida Kahlo, Meret Oppenheim, Remedios Varo, Leonora Carrington, Dorothea Tanning, Gisèle Prassinos, Valentine Penrose, Ithell Colquhoun. Una raffigurazione dunque
piuttosto ampia. Al tema che percorre un po’ tutto Le artiste e il movimento surrealista, le idee surrealiste sulla donna (femme-fleur, femme-fruit, femme-enfant, femme fatale, fée
et sorcière) Paola Decina Lombardi apparecchiò ormai diversi anni fa per Mondadori una superba antologia, La donna, la libertà, l’amore.
Il libro della Chadwich che esce finalmente in italiano rimanda alla sua più
recente edizione, ampiamente rivista (anche nelle biografie delle artiste e
nella bibliografia ad opera di Verity Mackenzie) e arricchita da una prefazione di Dawn Ades la quale, ancorché breve, lo colloca nell’opportuno contesto. Accurata e non
scialba è la scelta, per altro succulenta, delle immagini. Non è rappresentata Meret Oppenheim per sua stessa richiesta poiché
riteneva limitante confinare la sua opera nel femmineo dal momento che la
considerava androgina (tema questo che la Chadwich riconduce opportunamente anche all’inglese e poco perlustrata Ithell Colquhoun). Del resto
- quando le altre artiste erano poco o niente
considerate e alcune oggi mediaticamente logore, come Frida Kahlo, del tutto ignorate - la Oppenheim sembrava essere percepita, specialmente negli anni Settanta, come la donna artista surrealista per eccellenza.
La scansione dei capitoli, con Muse
e tradizione ermetica, inchieste sulla sessualità e dottrina surrealista, è
rilevante per gli intrecci che evidenzia fra biografie, teoria e opere. In
questa direzione si apprendono curiosità, come quella rivelata dalla studiosa
di Sade, poetessa e radicale Annie Le Brun a proposito di Toyen
(con Štyrský e Teige fondatrice del gruppo “Front Rouge” in Cecoslovacchia) che
sembra amasse da ultrasettantenne seguire la programmazione dei cinema a luci
rosse. Naturalmente una studiosa
ancorché appassionata e vicina alla sensibilità surrealista deve fare i conti con
dichiarazioni come quella di Benjamin Péret nell’Anthologie de l'amour sublime:
“Una donna è bella nella misura in cui incarna più completamente le segrete
aspirazioni di un uomo”. Cosa non facile pur pensando
a una perfetta unione di corpi e di spiriti e all’asocialita alla quale sarebbe condannata dalla nostra società.