Maurizio Cabona

il gioco degli specchi di Woody Allen nella NY del ‘50

Nell’autunno 1942, mentre il fratello cade a El Alamein, Luchino Visconti gira Ossessione, trasferendo la vicenda del romanzo di James Cain - adulterio proletario con assassinio – dai dintorni di Los Angeles a quelli di Ferrara. Ossessione rimane nella storia del cinema, così come il suo rifacimento borghese che Michelangelo Antonioni gira a Milano nel 1950, Cronaca di un amore. Sono questi i maggiori archetipi del nuovo film di Woody Allen, La ruota delle meraviglie, che poi sarebbe la ruota panoramica del parco dei divertimenti di Coney Island, New York. Un film che esce sotto le feste natalizie come un antidoto per altri spettacoli densi di melassa.

Nella Ruota delle meraviglie, come in Ossessione, si è tra povera gente; e come in Cronaca di un amore, si è in una metropoli del 1950. Tutto pare scorrere sereno sulla spiaggia e nei locali del lido newyorkese, all’ombra della grande ruota che sovrasta questa parte di Coney Island. La spiaggia è affollata, i bagnini sono per lo più reduci dalla guerra in Europa e in Asia, finita meno di cinque anni prima. E’ un periodo di stagnazione economica proprio perché le industrie hanno smesso da tempo di produrre per la guerra. Un western di Anthony Mann, Winchester ’73, esce nei cinema e indica che si è dopo il 7 giugno. I titoli dei giornali, ancora da tempo di pace, indicano indirettamente che non è ancora scoppiata la guerra in Corea. Siamo dunque prima del 25 giugno: è insomma un periodo che pare sospeso in una serenità effimera, dove le infelicità dei singoli non spariscono ancora nell’infelicità collettiva, che significherà però ripresa economica per gli Stati Uniti e anche per l’Italia, perché già allora si era globalizzati.

Così, come un breve incanto, deve aver vissuto quel periodo Woody Allen, nato nel 1935, quindi adolescente che – nel 1950 - andava, come tanti, a svagarsi a Coney Island. Nulla negli eventi e nei personaggi della Ruota delle meraviglie è dunque casuale. Essi appartengono al “prima” che Allen cominciasse la carriera nel mondo dello spettacolo (radio, tv, teatro, cinema) e salisse di vari scalini rispetto a giostrai, bagnini e cameriere, per entrare nell’élite del Greenwich Village e dei palazzi con vista sul Central Park: ovvero la “bella gente” che scrive testi o li recita a Broadway. Qui avrebbe voluto recitare il personaggio principale del film, una cameriera quarantenne (Kate Winslet) che forse ce l’avrebbe fatta, ma crede di aver compromesso la carriera di attrice tradendo il marito, anche lui attore, e che si è poi unita a un giostraio (Jim Belushi), un brav’uomo senza arte né parte, incapace di dare un’emozione così ambita dalle donne come l’amore.

Così, in quel giugno 1950, lei s’invaghisce – tra un mal di testa da astinenza sessuale e l’altro – di uno studente di arte drammatica, di buona famiglia, ma che fa il bagnino (Justin Timberlake) per pagarsi i corsi, cercando lo spunto – nei classici che legge in attesa che qualcuno chieda “aiuto!” -  per una storia che lo imponga come autore. E’ un idillio estivo il loro, ma lei vuole credere che durerà. Mentre lui è in cerca di esperienze da trasferire in un racconto, lei si aspetta da lui l’amore della vita e il riscatto sociale, così trascura un ragazzino - il suo – quando arriva, disperata, la figlia (Juno Temple) del giostraio. E’ una venticinquenne sbandata, minacciata di morte per aver lasciato e tradito – nelle forma peggiore: con la polizia - un gangster che si è presa per marito, anche lei per avere dalla vita il lusso che vedeva solo al cinema…

Passioni e tradimenti sono la quintessenza della realtà. Di tanto in tanto Allen vi aggiunge, nei suoi film, la nostalgia per quello che lui era quando era giovane, ma non famoso. E in questi film manca il lieto fine. La ruota delle meraviglie è, soprattutto per questo, un film europeo a sfondo americano, un dramma condotto coi ritmi briosi della commedia brillante.  Oltre ai riferimenti taciti a Visconti e a Antonioni (con Ingmar Bergman, il modello cinematografico per Allen), il film è denso di citazioni di Eugene O’Neill. Drammaturgo, premio Nobel nel 1936, O’Neill è stato impersonato sul grande schermo da Jack Nicholson in un film dai vari Oscar, Reds di e con Warren Beatty (1981), il cui direttore della fotografia era lo stesso de La ruota delle meraviglie: Vittorio Storaro.

Ispirato dalla tragedia greca, da Ibsen e Nietzsche, affascinato da Lenin, O’Neill nel 1950 aveva la sua opera dietro di sé. Nel 1943 la figlia Oona ha sposato Charlie Chaplin, nato molti anni prima da una madre così simile – nelle disavventure - alla cameriera di Kate Winslet. Chaplin è stato il primo di Hollywood a miscelare dramma e commedia. Nel 1952 Oona seguirà Chaplin quando la Commissione per le attività anti-americane gli negherà, come suddito del Regno Unito, l’ingresso negli Stati Uniti. La ruota delle meraviglie aveva fatto ancora un giro…

“la Verità”, 12 dicembre 2017