Sandro Ricaldone
arte in Albania prima e dopo il 1990
“I regimi totalitari
hanno risposte pronte per tutte le domande. In Albania, quando studiavo, alla
domanda sulla società, la risposta era il Comunismo. Alla domanda sull'arte, la
risposta era il Realismo Socialista: un'arte tradizionale, didattica, che
doveva essere figurativa nella forma e socialista nel contenuto". Così
Adrian Paci, 40 anni, forse il più noto degli artisti albanesi delle ultime
generazioni, descrive la situazione culturale del suo paese alla vigilia del
ritorno alla democrazia con le elezioni del 1991.
La distanza fra la produzione artistica albanese di quel periodo e le ricerche
attuali si può misurare oggi confrontando fra loro le opere presentate nella
mostra "Così vicina. Così lontana. Arte in Albania prima e dopo il
1990" allestita a Genova dal Museo di Villa Croce. Nel percorso della
rassegna, ordinato attorno ai temi della città, del lavoro, della
comunicazione, della donna, della condizione dell'artista, accanto ai dipinti
della collezione di Realismo Socialista della Galleria Nazionale d'Arte di
Tirana, sono infatti esposte opere di autori della scena attuale, che agli
schemi dogmatici dei loro predecessori contrappongono una impostazione
fortemente problematica. Contrariamente al forzato ottimismo ideologico dei
primi, volti a tradurre in immagini la retorica del regime, "i lavori
degli artisti contemporanei, particolarmente degli ultimi anni - osserva in
catalogo Rubens Shima - "suscitano dubbi, pongono domande, ironizzano,
documentano un'amara realtà, cercano di penetrare nella psiche oscura
dell'individuo".
Così al quadro del 1976 di Pandi Mele che raffigura un partigiano nell'atto di
comunicare da Radio Tirana la notizia della liberazione fa da contrappunto il
video di Gentian Shkurti, "Patriotic Lyrics" (2004) dove l'artista
declama versi che si dis-solvono in un rumore incomprensibile. E, analogamente,
allo stereotipo progressista della coppia effigiata da Clirim Ceka in "Noi
lavoriamo e studiamo" (1969) si giustappongono le coppie interscambiabili
di Elsa Martini ("Votate la vostra coppia preferita", 2005).
Un'antitesi consimile si coglie fra l'epica concitazione che caratterizza i
"Lavoratori petroliferi", (1984) di Agim Shami e il video "Marinza
Project" (2008) che documenta l'inquinamento prodotto dall'omonimo campo
di estrazione, mentre una più sottile dialettica anima "Da grande,vorrei
fare l'artista" (2007) di Driant Zeneli che attraverso le vicende del
padre, pittore di regime, e del figlio, autore del video, evidenzia le radicali
diversità fra gli orientamenti artistici di due epoche.
Se in questo raffronto risiede l'asse concettuale della mostra non va
sot¬taciuto che, nonostante le pesanti ipoteche costituite dai contenuti ideologici
e da un modello formale definito negli anni '30 e non più aggiornato, le opere
del Realismo Socialista esposte in questa occasione manten¬gono una vitalità
insospettabile, discosta dai clichés oleografici cui si è soliti apparentarle e
memore invece della tradizione impressionista e primonovecentesca che secondo
Ekaterina Degot' ne rappresentano le varianti stilistiche più diffuse nel contesto
dell'Est europeo. (2 dicembre 2009)
“tr@ct” 28, luglio 2010