Wolf Bruno

Epidemia politica

Giorgio Agamben : A CHE PUNTO SIAMO? L'EPIDEMIA COME POLITICA. Quodlibet, 2020 | Bernard-Henry Lévy: IL VIRUS CHE RENDE FOLLI. La nave di Teseo, 2020

Mi sono imbattuto per la prima volta in Giorgio Agamben qualche decennio fa, all'epoca in cui uscì Stanze da Einaudi. Mi feci piacere il libro pur capendoci poco, i tempi favorivano quanto di più criptico procurava l'editoria. In seguito provvidi a rifornirmi di qualche altro suo testo ma con risultati ancora peggiori, benché fossi sensibile ai temi affrontati. Se ho avvicinato L'epidemia come Politica non lo devo quindi sicuramente a un ritorno di fiamma, bensì a qualche accenno appreso durante uno di quegli spettacolini televisivi di pedagogia politica (che se non ricordo male definivano l'autore come "il più grande filosofo italiano contemporaneo") interamente occupati dalla diffusione del contagio di coronavirus, dalle opinioni spesso contrastanti dei virologi, dall'encomio rivolto al buon comportamento della popolazione e dalla irragionevole sicumera di politici incoerenti.

Questa volta capii (o credetti di capire) e mi trovai d'accordo sull'enunciazione di fondo, vale a dire la denuncia della dolorosa sospensione delle ordinarie libertà in nome della salute (con contorno di apodittiche attribuzioni, come le farei io ignorantissimo, di forme religiose alla scienza). Ciò nondimeno mi sono posto una domanda che il grande pensatore sembra non essersi posto circa proprio la libertà, che dà l'impressione di considerare in senso metafisico come libertà assoluta, senza tener conto dei limiti che hanno gli uomini confinati, bello o brutto che sia, in questo mondo - a parte poi quelli determinati da istituzioni che volesse il cielo ci piacerebbe vedere scomparire. Ci sono situazioni difficili, questo intendo dire, nelle quali di buon grado si cedono porzioni di libertà a chi sembra in grado di portarcene fuori (ma nel nostro caso si tratta, ahimè, del governo). Nel corso della quarantena i cittadini potrebbero aver fatto questa scelta, una volta avvertita la minaccia virale che incombeva. Agamben invece ragiona, da filosofo qual è, sul senso della vita e condanna l'idea stessa della "nuda vita" colpevolizzando chi ci si abbandona per sopravvivere.

Un'ipotesi alternativa avrebbe potuto essere anche quella di una popolazione che si prendeva una vacanza dall'ossessione del consumismo legato soprattutto agli status symbol - ma non, come si è visto dalle esibizioni sui balconi, dall'emulazione - in attesa dei mesi più caldi per buttarsi in massa fra le onde marine. Sia come sia, su un piano non troppo diverso si è posto il "nuovo filosofo" (filosofo anche lui quindi) Bernard-Henry Levy ma con sensibili differenze di tono retorico: più o meno "francofortese", o giù di lì, per Agamben e smodatamente "repubblicano", con punte di comica e urlata "nobiltà", in Levy.

“fogli di via”, luglio 2020