Renato Venturelli
Aldo Viganò (1941-2024). "La
Repubblica", 26 maggio 2024
È mancato venerdì sera
Aldo Viganò, critico cinematografico e teatrale, per tanti anni insegnante di
storia e filosofia amatissimo dai suoi studenti, organizzatore del leggendario
cinema Centrale anni '60, poi colonna del Teatro Stabile e figura cruciale della
cultura genovese, anche se era nato a Milano (nel 1941). Allo Stabile aveva
curato pubblicazioni, attività culturali e i sempre affollatissimi appuntamenti
del lunedì, oltre a insegnare alla scuola del teatro. Quanto al cinema, ha
vissuto da protagonista tutta la storia della cinefilia genovese, fin da quando
giovanissimo era stato coinvolto nel Colombianum di
Padre Arpa, dove aveva stretto amicizia con Gianni Amico, futuro regista e
collaboratore di Bernardo Bertolucci. Ma l'incontro decisivo fu quello con
Sandro Ambrogio, insieme al quale rivoluzionò completamente la cultura
cinematografica locale (e non solo) ispirandosi alle novità provenienti dalle
riviste parigine dei primi anni '60, guardando ai Cahiers e a Présence du cinéma,
facendola finita con le analisi tematiche e ideologiche per guardare invece al
linguaggio e al piacere per il cinema in sé. Nella sua lunghissima attività di
critico cinematografico, prima sul Secolo XIX e poi su Filmdoc,
Viganò era noto per il rigore teorico, la chiarezza espositiva, la coerenza
morale, la nitidezza con cui puntava al nucleo estetico dei film, ma anche per
le posizioni mai accademiche, per l'attenzione verso quel cinema hollywoodiano
e di genere un tempo disprezzato perché "commerciale" ("mainstream" dicono gli accademici di oggi).
Il suo storico libro su
Dino Risi (1977) ribaltò tutto un modo di vedere il cinema italiano, i volumi
sul western e sulla commedia italiana per l'editore Le Mani testimoniano non
solo due suoi grandi amori ma due esemplari terreni su cui portò la sua
personale "rivoluzione dello sguardo". Un'altra monografia
fondamentale è quella dedicata a Claude Chabrol, il regista della Nouvelle Vague amato per la sua coerenza espressiva ed etica, ma
anche per la sua volontà di realizzare un film dopo l'altro, senza rinchiudersi
in torri d'avorio. E se tra i suoi grandi amori c'era Erich Rohmer,
non bisogna dimenticare come nei suoi ultimi lavori abbia affrontato in modo
originale anche Vittorio De Sica e Raoul Walsh: per
De Sica ponendo al di sopra di tutto proprio l'attore e il caratterista
(anziché il regista “neorealista”), per Walsh
elogiando "non l'artista che ripete solo sé stesso, ma l'artigiano che
racconta delle storie". Per quindici anni presidente del Gruppo Ligure
Critici Cinematografici, Viganò è sempre stato una fondamentale figura di
riferimento, la persona cui rivolgersi per discutere o segnalare un film appena
visto, il critico incurante delle mode e dei preconcetti. Rigoroso
nell'analisi, libero nel giudizio. E senza mai dimenticare come una persona
dall’aspetto così austero fosse straordinariamente amata dai suoi studenti. Da
un paio d'anni i problemi di salute gli avevano precluso la frequentazione
delle sale cinematografiche, e quindi era già da qualche tempo che aveva cominciato
a mancarci: lunedì alle 10.30 l'ultimo saluto, presso l’ingresso lato fioristi
del cimitero di Staglieno. Ma il dialogo con quello che ha scritto e col ricordo dei suoi interventi alla Stanza del cinema
prosegue per tutti.