Eric Cantona

Alain Delon, la Francia a destra 

Con Alain Delon scompare la sola persona mondialmente celebre che fosse vicina, inconsapevolmente, a Robert Brasillach (1909-1945), prigioniero nel carcere di Fresnes, presso Parigi. Non che il piccolo Alain, nato 1935, fosse anche lui tra i condannati a morte, ma perché la madre, risposata con un secondino, abitava accanto al carcere. Questa è la sola contiguità con un fascista che non sia stata mai rinfacciata a Delon.

 Il piccolo Alain aveva allora nove anni. Dieci ne aveva Brigitte Bardot, che cresceva però in un migliore ambiente (XVI arrondissement della capitale). Sono stati loro due i divi per eccellenza del cinema francese ed europeo a partire dall’epoca gollista, che proseguì oltre le dimissioni del Generale nel 1969 e la sua morte nel 1970, fino alla morte di Georges Pompidou (1974).

Quella salita al potere col generale Charles de Gaulle nel maggio 1958 era una destra orleanista, con venature bonapartiste e quindi con un forte senso dello Stato: una monarchia repubblicana. Forte il senso di sé anche della Bardot: lo dimostrò quando l’Oas metropolitana cercò di estorcerle denaro. Anche per questo la Bardot presterà il volto a Marianne, donna-simbolo della Francia, sui francobolli della République. Non risultano invece attriti tra l’Oas e Delon, reduce – si era arruolato a 17 anni in Marina – dalla guerra d’Indocina. Là si era allontanato dalla caserma con un veicolo di servizio ed era quindi stato congedato, previo qualche mese di reclusione.

Alain Cavalier doveva saperlo quando gli diede uno dei suoi primi ruoli da protagonista ne L’insoumis (letteralmente: il disertore), in Italia uscito nel 1964 come il ribelle di Algeri. Militare nella guerra di Algeria Delon sarà anche nel modesto Né onore né gloria di MarkRobson (1996), ispirato al romanzo di Jean LartéguyLes CenturionsEra un film di produzione americana la cui circolazione in Francia restò vietata per un decennio.

Questi personaggi gli vengono cuciti addosso quando Delon era ritenuto attore acerbo. A partire dalla collaborazione con Luchino Visconti per Rocco e i suoi fratelli(1960), il prestigio professionale di Delon sale, ma il periodo hollywoodiano, deludente come successo di pubblico, gli lascia addosso un personaggio importante per lui, quello nell’Ultimo omicidio di Ralph Nelson (1964), senza il quale forse Jean Pierre Melville non gli avrebbe dato nel 1967 la parte del sicario in Frank Costello, faccia d’angelo (in originale Le Samourai). Ci vorrà Michael Winner, col magistrale Scorpio (1973), a rimettere insieme – come nel Gattopardo di Visconti – Delon e Burt Lancaster. Ma non è notevole solo come film di attori: è forse l’unico film che mostri realisticamente gli ambienti dello spionaggio.

Nello stesso 1973 Delon produceva e interpretava Zorro di Duccio Tessari e sul set spagnolo si faceva fotografare con Léon Degrelle, fascista esule a vita dal suo Belgio.

Questa foto, quelle successive con esponenti delle destra francese, la collaborazione con Jean Cau (già sceneggiatore del Ribelle di Algeri e di Borsalino di Jacques Deray, 1970), intepretandone in teatro il suo Les Yeuxcrévés, sono alcuni dei rimproveri che certa giornalisti gli muovono anche post mortem. Ma sono impreparati e approssimativi. Dimenticano, per esempio, il legame professionale e amicale di Delon (e di Jean-Paul Belmondo) con José Giovanni, anche lui condannato a morte nel 1948 per fatti che cominciavano con la Collaborazione verso la Germania, ma graziato dal presidente della repubblica, Vincent Auriol; poi scarcerato dal presidente René Coty nel 1956.

Con Josè Giovanni, Delon ha girato drammi contro l’accanimento giudiziario come Due contro la città (1973) con Jean Gabin e Delon; e Il figlio del gangster (1976), con Delon e Michel Bouquet, dove il gangster riabilitato, col figlio scapestrato (quale Delon era stato) cercano la salvezza verso la frontiera con l’entroterra ligure, ma sono assassinati dal potere francese.

Strane cose succedevano sul grande schermo di fine ‘900. Un allievo di Visconti, a lui talora superiore, Valerio Zurlini, che aveva diretto Delon ne La prima notte di quiete (1972), girato a Rimini, diceva: “Purtroppo Delon non somiglia a suoi personaggi”. Come escluderlo? Del resto un attore che interpreta se stesso è un Nanni Moretti qualsiasi. A contare davvero  ci sono i buoni film che, senza Delon, non ci sarebbero stati.

@barbadilloit