Bianconiglio
e Gegeniglia
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SPIGOLATURE FERROVIARIE "E l'Uomo inventò il Treno"
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INTRODUZIONE Sono nato nel dicembre del 1962 e la passione per le ferrovie è sicuramente per me un caso di imprinting visto che (non a memoria mia ma a quella della nonna) salii sul primo treno della mia vita due settimane dopo la nascita per andare con i nonni a Ospedaletti (IM) per le feste di fine anno. Col senno del poi mi sarebbe piaciuto essere nato nel 1952, sì da poter godere all'età giusta della vista delle ultime locomotive a vapore in servizio regolare, nonché della fine della storica trazione trifase (vedere "Storia delle ferrovie in Italia" su Wikipedia)... tutti eventi peraltro che avrei potuto vivere anche nascendo nel '62 se solo avessi avuto un carattere meno schivo e più intraprendente: fu imprinting anche quello, dovuto ad una nonna-molto-troppo-protettiva... pazienza. Il primo treno su cui salii fu quindi un Milano-Ventimiglia che partì da Milano Centrale trainato molto probabilmente da una locomotiva elettrica E.636 o E.646 a corrente continua alla tensione di 3 kV ed eseguì sicuramente un cambio di trazione a Ronco Scrivia a favore probabilmente di una locomotiva elettrica E.431 a corrente alternata trifase 3,6 kV, 16⅔ Hz (frequenza ferroviaria) poiché tutta la linea del Ponente ligure era elettrificata con questo sistema. A Genova Sampierdarena ci sarebbe stata un'altra sosta per portare la locomotiva all'altra estremità del treno, dovendosi effettuare un'inversione di marcia. Il viaggio durava anche sei ore, per percorrere circa 270 km... Ferma restando l'inversione a Genova, il cambio di trazione sarebbe stato effettuato a Ronco sino al 1964, anno in cui venne spostato a Savona in quanto tutta la tratta da Milano a Genova nonché la Genova-Savona vennero convertite alla corrente continua; nel 1967 anche la Savona-Ventimiglia venne convertita in cc e la trazione trifase sarebbe stata relegata alle linee delle Langhe e del Monferrato fino a quello storico 25 giugno 1976 in cui la trifase venne spenta per sempre e iniziarono a circolare, sotto il bifilare in via di rimozione a favore del conduttore unico, locomotive a cc con pantografi temporaneamente modificati. A proposito dell'epopea del trifase, voglio ricordare l'epilogo di questo originale sistema con un'immagine di un complesso "anfibio" di ALe.840 + LeBc.840, costituito da un'elettromotrice a corrente continua accoppiata ad una rimorchiata con a bordo un convertitore ca-cc posizionato sottocassa, in transito sotto il bifilare trifase, un escamotage che permetteva di evitare i cambi di trazione in caso di relazioni tra città le cui stazioni avessero sistemi di alimentazione differenti: che meraviglia sarebbe stato vedere quel mondo dal vivo... Comunque, per un'infinità di anni salii su quel direttissimo Milano-Ventimiglia per scendere a Ospedaletti e, appena uscito dalla stazione, trovarmi alla Pensione Savoia. Fu triste quando i direttissimi saltarono il piccolo paese, costringendoci a scendere a Sanremo e prendere il filobus: il traffico passeggeri non giustificava la fermata se non dei locali. "La leggenda" vuole che mio nonno, durante le sue lunghe trasferte di lavoro, fosse andato con amici al Casinò di Sanremo e la sera, essendo inavvicinabili gli hotel sanremesi, la combriccola prese un treno scendendo a Ospedaletti e trovando alloggio al Savoia: era il 1948 e da allora il nonno divenne grande amico dei proprietari Omero e Alda, passando pressoché tutte le vacanze estive e invernali il quel luogo, nonna e me compresi... Dalle finestre della camera e dalla sala ristorante ovviamente si vedeva la ferrovia e tutte le sere alle 20 mia nonna mi rincorreva con il piatto della cena perché io volevo veder passare il Trans Europ Express "Ligure" allora esercìto con le eleganti automotrici Breda 442/448 dalla vivace colorazione TEE rosso-giallo che spiccava in un mondo di locomotive marroni e carrozze grigie... e fu amore per quel rotabile, e fu amore per il Treno. Se non proprio amore, è sicuramente passione, di cui una buona parte è stata trasmessa da me anche alla Gegeniglia (malgrado lei, in ferrovia, ci lavori...) e grazie a ciò tra i nostri viaggi in moto talvolta intercaliamo o inseriamo una giornata ferroviaria. Della NOMENCLATURA dei rotabili ferroviari Questa è una pagina di quelle pignole, da "Mignolo e Prof", con cui non si desidera insegnare nulla ma si vuol fare un po' d'ordine sul modo in cui chiamare propriamente i rotabili ferroviari, e perché no si vuol lasciar libera la mente a spaziare nell'evoluzione della tecnica ferroviaria italiana "buttando lì" un po' di pensieri personali senza assolutamente sostituire il gran numero di pubblicazioni presenti nell'editoria ma casomai andando a colmare parzialmente la lacuna sull'evoluzione della nomenclatura stessa. Ci dice chiaramente Wikipedia che "Treno" deriva dal dal latino "trahere" (trainare) attraverso il francese "train", ad indicare nell'ambito ferroviario un complesso di veicoli agganciati insieme, di cui almeno uno motore, atto a trasportare persone e/o merci... ovvio no? Rimandando alla citata pagina di Wikipedia sugli albori della nascita del treno su rotaia, non essendo necessario inventare nuovi vocaboli i veicoli destinati al trasporto di persone vennero chiamati carrozze (come quelle trainate dai cavalli) e quelli destinati al trasporto di merce carri (idem). Ed il veicolo motore? Ovviamente doveva essere una macchina in grado di muoversi da sé da un luogo all'altro, e da "luogo" e "muovere" nacque la macchina locomotiva. Ecco qui accanto la "Bayard", accreditata d'essere stata la prima locomotiva marciante sul suolo "italiano", lungo la linea Napoli-Portici del Regno delle Due Sicilie: in realtà la macchina che trainò il treno inaugurale fu la sorella "Vesuvio". Più avanti l'aggettivo verrà sostantivato e si parlerà genericamente di locomotiva, intendendo per default una locomotiva a vapore, il tipo che per oltre cento anni dominò incontrastato il mondo ferroviario, visto che non esistevano altre fonti artificiali di energia meccanica installabili su un veicolo. Quando l'elettricità inizierà ad essere impiegata in via sperimentale per la realizzazione di locomotive, si parlerà curiosamente di carri automotori elettrici prima che venga coniato il termine locomotore, alternativo a locomotiva elettrica. Nel gergo non propriamente tecnico si parlerà di motrice (ma a dire il vero ne parla anche la Prefazione Generale all'Orario di Servizio di RFI...) e verrà creato da chissà quale mente perversa anche l'orribile termine locomotrice: non usatelo MAI ! Per le locomotive a motore endotermico si usano le diciture locomotiva/locomotore Diesel. Con una macchina locomotiva (o una motrice) ed un certo numero di carrozze e/o di carri si possono comporre treni passeggeri, treni merci o treni misti: questi ultimi ormai scomparsi, a parte le "autostrade viaggianti", ma in Riviera Ligure si vedevano carri chiusi agganciati ai direttissimi, per portare i fiori freschi dalle serre alle grandi città. Le carrozze si diversificheranno quasi subito in diverse classi e da esse nasceranno veicoli specializzati quali carrozze ristorante, carrozze letto, carrozze a cuccette nonché veicoli accessori come bagagliai e postali; i carri merce conosceranno una specializzazione ancor più variegata a seconda del tipo di carico che dovrà essere trasportato. La composizione dei treni è ovviamente funzione del traffico tra le stazioni della relazione ferroviaria, al fine di disporre del numero adeguato di posti a sedere e in piedi... i pendolari schiacciati come sardine nei treni del mattino e della sera mi malediranno. Per questa e per altre ragioni, sia di esercizio che tecnologiche, alla domanda "come sostituire un treno formato da un mezzo di trazione e da solo una/due carrozze", a qualcuno venne in mente di eliminare la locomotiva e di installare l'apparato motore sulla carrozza: nacquero così le carrozze automotrici: le prime ad essere realizzate in Italia furono propulse da motori elettrici, trifase per le macchine dell'Esperimento Valtellinese e a corrente continua 650 V a terza rotaia (baldanzosamente i primi prototipi della Milano-Varese-Porto Ceresio portavano sui longheroni del telaio l'indicazione a caratteri cubitali "carrozza automotrice elettrica a terza rotaia") per l'Esperimento Varesino, e venne fatto anche qualche fallimentare esperimento di automotrici a vapore per le linee non elettrificate che, dopo un periodo di esercizio, vennero smantellate conservando la sezione motrice e creando quel piccolo lotto di locomotive denominate "Cubo" per la loro forma. Le prime carrozze automotrici elettriche avevano l'aspetto di una carrozza ferroviaria, dalla quale di fatto si differenziavano per avere i carrelli motorizzati e l'equipaggiamento elettromeccanico nel sottocassa, oltre che le prese di corrente. Ho nitidi ricordi di queste automotrici elettriche "di generazione zero", delle loro carrozze pilota e delle rimorchiate intermedie "attrezzate" in quanto per anni viaggiai sulle E.623 proprio sulla linea Milano-Varese: erano le "Varesine" del 1931 convertite dai 650 V ai 3 kV negli anni '50. Inoltre alla "Stazione Nord" (Milano Cadorna) è stato normale vedere in circolazione le vecchie E.700 per tutti gli anni '90 Fu negli anni '30 del XX Secolo che si svolse il periodo d'oro della tecnica ferroviaria italiana, con la realizzazione delle automotrici a motori endotermici (anche qui, l'aggettivo venne sostantivato). Accantonate le automotrici a vapore per le prestazioni miserrime, vennero progettate e realizzate automotrici con motore a benzina o a nafta (ed anche a gas di gassogeno, in periodo autarchico) su progetti completamente nuovi: anziché partire dalla base di una carrozza ferroviaria si svilupparono veicoli dalla linea aerodinamica, estremamente leggeri e veloci grazie all'impiego di tecnologie aeronautiche: essi univano i vantaggi di un notevole confort interno e di marcia e della bassa aggressività verso il binario grazie al limitato carico assiale, facendone così veicoli adatti alle relazioni sulle linee secondarie della rete ferroviaria italiana dell'epoca, che era un collage di diverse linee realizzate ed esercite da svariate società prima della nazionalizzazione del 1905 e alla creazione delle Ferrovie dello Stato. Nacquero così le automotrici leggere (AL). La propaganda di regime fece propria l'immagine di modernità e velocità dei nuovi mezzi e venne coniato il termine "Littorina" che, originariamente destinato alle primissime ALb48, ALB64 e ALb80, venne esteso a tutte le automotrici della prima generazione ed entrò talmente nell'immaginario collettivo che ogni successivo tipo di automotrice continuò (e continua, a volte) ad essere chiamato così. Intanto, per le automotrici elettriche venne coniato il termine elettromotrici. Sia per le automotrici termiche che per quelle elettriche vennero introdotte innovazioni come il comando multiplo, ovvero la possibilità di accoppiare due-tre automotrici comandate dal banco di manovra di una di esse, e il comando a distanza introducendo le (carrozze) rimorchiate semipilota/pilota, veicoli con la stessa cassa (o simile) delle automotrici e dotate di banchi di manovra ma non di motori, realizzando composizioni più capienti con la potenza adatta alla linea da percorrere. Un'evoluzione logica di queste composizioni fu la realizzazione di treni automotori, ovvero di complessi inscindibili di più casse di automotrice integrantisi nei diversi servizi di bordo: il primo treno automotore italiano fu il FIAT ATR.100 del 1935 a tre casse su quattro carrelli di cui quelli di estremità motori, e la crasi del nome "treno automotore" portò alla nascita del termine autotreno (ATR = AutoTreno Rapido), ovviamente da non confondere con l'omonimo mezzo stradale. Anche questo veicolo venne esaltato dal regime, e la propaganda ne magnificò le caratteristiche accreditandolo di una potenza installata di 1000 CV (in realtà 800 poi ri-tarata a 750) e di una velocità di 170 km/h, ma già a poco oltre 130 km/h le vibrazioni dei carrelli motori di estremità portavano alla precoce rottura dei tubetti di adduzione della nafta ai motori, con conseguente facilità di innesco di incendi, che in effetti furono la causa dapprima della limitazione di velocità a 120 km/h e poi della prematura dipartita di questi treni nel 1961, dopo soli 25 anni di esercizio. Allo stesso modo, sulla base delle Automotrici Leggere elettriche (ALe) di prima generazione venne realizzato dalla Breda un treno automotore elettrico anch'esso a tre casse su quattro carrelli, ma con potenza distribuita su tutti i carrelli, o elettrotreno, con sigla ETR.200 (ElettroTreno Rapido). Al contrario dei coevi autotreni, l'ETR.200 fu un veicolo di grande successo grazie alle prestazioni eccezionali ed all'estetica che lo rendeva IMHO uno dei più bei treni in circolazione nel mondo grazie al musetto detto "a testa di vipera". Progettato per la velocità di 200 km/h, rispose alle aspettative e stabilì anche un record di velocità media, il 20 luglio 1939, percorrendo la tratta Firenze-Bologna-Milano (316 km) in 115 minuti (meno di due ore) alla media di 165 km/h e con una velocità di punta di 203 km/h tra Pontenure e Piacenza. Per la bontà del progetto, gli ETR.200 furono sottoposti a migliorie negli anni '60 per prolungarne la vita utile che arrivò a tutti gli anni '80, con la riclassificazione in ETR.220 e ETR.240. Nel dopoguerra vennero realizzati da Breda altri tipi di elettrotreni, come gli ETR.300 "Settebello" e gli ETR.250 "Arlecchino", e negli anni '70 FIAT realizzò, con l'ETR.400 "Pendolino" il primo treno a cassa oscillante di effettivo impiego pratico, da cui derivarono i vari ETR.4x0 e 600 attuali, ma l'ETR.200 entrò talmente nell'immaginario dei ferrovieri e degli appassionati da meritarsi l'articolo determinativo e l'iniziale maiuscola: l'ETR.200 è stato, e sempre sarà, "L'Elettrotreno". Da un certo punto in poi la nomenclatura comune perde la coerenza con il rotabile a causa del marketing (una volta era propaganda, oggi si chiama così, sempre marchette sono): caso emblematico, l'ETR.500 "Frecciarossa": non si tratta di un elettrotreno perché è un complesso scindibile in due locomotive di estremità ed un numero variabile di carrozze, specializzate sì, ma pur sempre carrozze, intercalate per variarne la composizione. E' invece un elettrotreno l'ETR.1000 che dovrebbe entrare in esercizio in quest'anno 2014, ma anche qui l'iperbole dei marchettari ha interrotto la serie "delle centinaia" che a rigor di logica lo avrebbe fatto classificare come ETR.700. Poi ci sono i casi di elettrotreni per servizi vicinali che sono classificati come elettromotrici, come i TAF e i TSR, ma questo grazie alla loro modularità (esiste il precedente delle ALe.883 e dei rimorchi Le.883, utilizzati per treni bloccati elettrici Ale+Le+Ale). Comunque, da quando si è separato il gestore dell'infrastruttura dal gestore del trasporto (esempio: RFI e Trenitalia) e, in particolare, i rotabili non vengono più progettati dal Servizio Materiale e Trazione di FS ma direttamente dall'Industria Privata, si è perso quel rigore delle vecchie FS, a cui ripenso con nostalgia specie osservando l'uniformità dei rotabili attuali, che si differenziano solo per verniciature più o meno bizzarre... Chiudo la pagina come l'ho introdotta, ricordando le automotrici ALn.442/448 Breda del 1957 ed i loro prematuramente dimenticati rimorchi intermedi Ln.60. Concepite per il servizio TEE, il cui capitolato fissava la qualità dei servizi di bordo ma non la tecnologia del rotabile, così che ogni amministrazione aderente sviluppò un suo progetto, vennero realizzate come coppie di automotrici a comando multiplo con un eventuale rimorchio intermedio a formare un treno bloccato Aln+Ln+Aln. Purtroppo i motori risultarono sottodimensionati per il traino del rimorchio su rampe acclivi, e nel servizio TEE le Alpi o gli Appennini andavano sempre valicati, così l'originaria capienza di un treno da 150 posti a sedere venne ridotta a 90, "rinforzando" il treno con altre automotrici o elettromotrici nel tratto italiano: il "Ligure" per Marsiglia o Avignone viaggiava accoppiato, fino a Sanremo, tipicamente con una Ale.601 ed una Le.660 (ah, le ALe.601, meriterebbero anch'esse una pagina...) Ebbi l'onore ed il piacere di viaggiare su un esemplare di TEE Breda in due occasioni durante servizi speciali amatoriali negli anni'80, in particolare sull'ultimo complesso in ordine di marcia all'epoca, nel frattempo riclassificato ALn.460/448.2008 dopo la cessazione dei servizi TEE, amorevolmente accudito dalle maestranze del DL di Treviso, l'ultimo che lo ebbe in carico fino all'accantonamento. Voglio ricordare questo bellissimo treno con una foto ufficiale di fabbrica che lo ritrae nella composizione a tre elementi, con la speranza che l'ultimo esemplare sopravvissuto, proprio il 2008 attualmente accantonato, possa essere rimesso in ordine di marcia. PS: come sempre un ringraziamento a Wikipedia, ma non faccio sempre il vampiro: ho contribuito a migliorare qualche voce e, in particolare quella che parla dei rodiggi: tutta la sezione degli esempi di rodiggi espressi in notazione UIC è mia. |
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