L'ARTISTA

Patrizia Rota, nata a Novi Ligure (AL), ha studiato con il maestro Sergio Saroni all'Accademia Albertina di Torino. Ha iniziato l' attività espositiva nel 1977 prima con collettive nella provincia di Alessandria, successivamente con varie personali a Genova nel 1979/82. Espone dal 1982/84 alla Galleria "Studio L" di Novi Ligure. Trasferitasi ad Asti nel 1986, continua l'attività artistica partecipando a diverse manifestazioni e collettive nell'ambito della provincia. Nel 1994 ha tenuto una personale presso il Centro Culturale "Cesare Pavese" di S. Stefano Belbo (CN).

Le sue recenti esposizioni personali sono state:

2010
Fiera d'arte di Forlì (contemporanea)
2009
Banca Popolare di Milano ( Bologna )
Fiera d'arte di Forlì (contemporanea)
2008
Circolo di lettura " 1894 " ( Tortona )
2007
- Società Comunale Carezzano (AL)
2006
- Palazzo Comunale Castiglion dei Pepoli (BO)
2005
- Banca "CARISBO SANPAOLO" Bologna
2004
- Galleria Masotti Luciana Bologna
- Tenuta "La Mercantile" Castagnole M.Ferrato (AT)
2003
- Gallery “Denis Conley”Akron U.S.A.
- Banca “UNICREDIT”Bologna
- Galerie d’art “M.F.F.”Saint Paul de Vence France
2002
- Gallery “Denis Conley”Akron U.S.A.
- Agriturismo “Il Girasole“Camerano Ancona
- “ROLO BANCA”Bologna
- Galleria “Novantatrè”Bologna
- Galerie d’art “M.F.F.”Saint Paul de Vence France
- “LE CAVE” Sirolo Ancona
- NUMANA Ancona
- Fiera d'arte di Forlì (Contemporanea)
2001
- Gallery “Denis Conley” Akron U.S.A.
- Galleria “Novantatrè” Bologna
- Hotel Monteconero Sirolo
- Fiera d'arte di Forlì (contemporanea)
- Galerie d’art “M.F.F.”Saint Paul de Vence France
- Agriturismo“ Il Girasole” Camerano Ancona
2000
- Ancona arte
- Fiera d’arte contemporanea“Arte Padova”
- Hotel Monteconero Sirolo
- Galerie d’art “M.F.F.”Saint Paul de Vence France
- Banca Popolare Milano (Bologna)
- Galleria Clio Alessandria
- Galleria Novantatrè Bologna
1999
- Galerie d’art “M.F.F.”Saint Paul de Vence France
- Reggio in arte
- Galerie d'art “Les amis de l'art” (Montecarlo)
- Hotel Monteconero Sirolo
- Fiera d'arte contemporanea “Arte Padova”
- Galleria Novantatrè Bologna
- Fiera d'arte di Forlì (contemporanea)
1998
- Reggio in arte
- Galleria Novantatrè Numana (An)
- Fiera d'arte contemporanea “Arte Padova”
- Galleria Novantatrè Bologna
- Fiera d'arte di Forlì (contemporanea)
1997
- Galleria d'arte “Cavour”, Moncalieri (TO)
- Galleria d'arte "Novantatrè", Bologna
- Galleria d'arte "Novantatrè", Numana (AN)
- Fiera d'arte contemporanea "Arte Padova"
- Premio nazionale pittura contemporanea "Santhià"
- Fiera d'arte di Forlì (contemporanea)
1996
- Fiera d'arte contemporanea di Pordenone
- Galleria "Il Saggiatore", Roma
- Fiera d'arte città di Montichiari (BS)
- Galleria "Piccolo San Michele", Sirmione (BS)
- Fiera di Bari
- Lions Club International di Chianciano Terme
- Fiera d'arte contemporanea "Arte Padova"

 

 
HANNO SCRITTO DI LEI

VIAGGIO NELLA MAGIA DELLA NATURA:
IN CAMMINO CON PATRIZIA ROTA

Boschi visitati nella loro terrena meraviglia, acque celate tra le foglie o ritratte nel mistero del loro fluire e, successivamente ,chiome arboree più sfumate e diafane e il rosso autunnale, esasperato e quasi trasparente nell’ultima rappresentazione prima della morte invernale. Una pittura paesaggistica che sembrava accentuare nel tempo una ricerca metafisica: questo, fino ad un certo punto, il percorso di Patrizia Rota. Ma ecco irrompere nella sua pittura la luce vivida delle nature morte. Mai aggettivo si è rivelato tanto inadeguato a rappresentare i cachi deposti sull’umile mensola di legno (“Diospiros”): pieni e carnosi catturano la luce e essi stessi la emanano, come se emergessero dallo sfondo per sedurci a gustare nella polpa scivolosa e zuccherina la vita profonda dell’inverno. Ritorna con essi l’infanzia al tavolo di cucina, la percezione delle gioie tangibili, tattili: la superficie a tratti rasposa dei frutti e la deforme sfericità che riempie il cavo della mano. C‘è una gioia intensa negli umili frutti di una natura conosciuta e quotidiana: ci confortano le pere “mostruose” (di gozzaniana memoria) accanto alla toma matura che nella sua rugosità sprigiona le essenze della terra. Ma c’è anche la malinconia del percorso al suo apice, perché nelle sensazioni gustative e olfattive si consumerà e si estinguerà il piacere. Così in tutti i quadri di Patrizia Rota si coglie, nella luce che inonda i frutti, una nudità che rivela la fragilità di ciò che è materiale. E allora la ricerca si rinnova: l’uva bianca, che nell’umile cesto di legno imprigiona la luce negli acini turgidi (“Sulla mensola”) appare su uno sfondo caldo ma accentuato di ombre e, poi, si trasferisce sul tovagliolo drappeggiato (“L’uva di Ester”) a divenire rappresentazione simbolica, come le nespole sul drappo di seta e, ancora, l’uva e la zucca sulla colonna parzialmente addobbata nell’ “Interno neoclassico”. Il cuore increspato delle nespole, rivestite ancora delle foglie dipinte dall’autunno, ci richiama alla natura, ma il drappo le pone oltre la stagione e le consegna alla fruizione immateriale dell’arte. Così la rappresentazione pittorica intende superare le scansioni dell’anno e del tempo, percorso inevitabile verso la morte. E tale intento si svela nei “Germogli di primavera”: sullo sfondo scuro (blu, però, non nero) le cipolle, già trasformate e consunte nella loro essenza materiale, rigenerano l’esistenza nei germogli verdi, brillanti, vividi, a garantire la continuità della vita. Si crea, così, nell’alternanza della vita e della morte un’esistenza percepita al di là di questo limite, una vita che solo l’alchimia dell’arte può realizzare. La zucca autunnale, mostruosa e vitale nel suo profilo, mostra i semi del suo cuore spaccato accanto ai pomodori turgidi e scivolosi di luce. Sul drappo le stagioni si sono unite e la zucca, umile e cara alle favole dell’infanzia, rugosa e ammaccata nel taglio ma calda nel colore, rinnova la nostra inesauribile aspirazione a catturare il tempo e a unire in un indefinito presente le stagioni che fuggono, le stagioni della nostra vita. Come si può osservare anche nelle altre tele, c’è ancora ricerca metafisica nella pittura di Patrizia Rota:  ora si cela nella bellezza inquietante dei frutti e i ritmi dell’anno e del tempo sono ricondotti dalla sua ispirazione a una stagione ultratemporale, a una unica stagione del cuore. Forse la Pittrice è ben rappresentata dalla peonia nella coppa di cristallo: trae la vita dall’acqua e la emana nel colore che spicca sullo sfondo scuro, esorcizzato dal luminosissimo piano d’appoggio; nella rappresentazione sobria ed essenziale si crea l’armonia tra l’oscurità e la luce, si coglie la segreta armonia dell’esistenza. 

Settembre 2007 Gabriella Cacciabue

UNA VOCE D'INFINITO

L'imprevedibile attimo dell'emozione, così è l'opera d'arte, e per questa ragione all'artista è richiesta la sua disponibilità a dare una risposta ai dubbi intimi dell'uomo. Il traguardo della gioia di vivere resta impegnativo ed è irraggiungibile se l'uomo non conosce il significato delle proprie inquietudini e dei propri dubbi. Qui, la voce dell'artista si fa d'infinito, proprio perché la sua voce è voce universale d'impegno morale, di risposta e di soluzione. Il percorso nell'interiorità dell'artista tramandato nei secoli dai “Suoni” di Kandinskij. E' con la consapevolezza di poter avvicinare l'uomo al principio basilare della “gioia di vivere” che Patrizia Rota sa cogliere ogni valore psicologico del colore ed è per questo che la sua tavolozza è ricca di luminosità, di calde tonalità e di gioco equilibrato nei contrasti di luci e di ombre. Ciò che si coglie nelle sue opere è il costante, inflessibile controllo della qualità estetica e, dunque, in esse si fondono classicismo carraccesco e realismo caravaggesco, fusione che avvicina l'artista per valori morali, riflessività, rigorosità ed equilibrio di contrasti a Guido Reni e  per virtuosismo, capacità di concentrazione, enigmatiche sfumature e varietà di toni  a Georges de La Tour e a Zurbaran. Ma Patrizia Rota sfugge ai cliché canonici delle epoche e delle correnti; la sua arte non resta immobile: ieri, il paesaggio; oggi, la natura morta; domani… chissà! La nostra artista non ha confini nel trattare il colore. I suoi effetti di luce e di materia, il cromatismo armonico, l'eloquenza delle sue pennellate, fanno di lei un'artista che va al di fuori di ogni realismo, sia emiliano o lombardo o veneziano o genovese, e che non è di appartenenza a nessuna scuola, né spagnola né olandese né italiana. Lei è pittrice che non teme confronti, proprio per la sua austera gamma cromatica, la sua luce intensa, la sua densità di valori estetici e psicologici. Patrizia Rota è artista che sfugge a ogni tentativo d'indagine, perché possiede la capacità di saper cogliere nelle sue nature morte  con l'uso di un suo esclusivo cromatismo antitetico  il fervore della vita un attimo prima del suo disfacimento. La voce di questa nostra artista è la voce del realismo silenzioso e dell'equilibrata armonicità delle forme. Ed è la voce dalle misteriose tonalità dell'infinito. Infinito “Se mai ti ritrovassi/su questa terra/dai mille colori,/davanti all'albero grigio/avvolto nell'urlo accorato/delle rocce innevate,/ascolta in silenzio/la voce infinita degli abissi,/come preghiera azzurra/di perdono”. Sono versi di una mia poesia di anni fa, ed ora mi è caro accomunare alle opere di Patrizia Rota ciò che l'albero grigio e spoglio di allora mi ha sussurrato in un chiaro giorno d'inverno. Questi versi e le opere della pittrice sono l'incontro di anime che cercano l'infinito nel silenzio, e non dimenticano; non dimenticano il percorso difficile dell'uomo per arrivare alla meta della gioia di vivere. Patrizia Rota raggiunge  e fa raggiungere questa meta con la luce rarefatta dei suoi colori, sfumati nelle tonalità segrete dell'infinito.

Agosto 2007 Enzo Schiavi

 

NATURA IN POSA

L’affettuosa familiarità degli oggetti apparentemente isolati nello spazio, sono l’esercizio tecnico che caratterizza l’interesse di Patrizia Rota per il tema della natura morta. Guardando con occhio più attento, esiste una poetica nell’esercizio tecnico, ovvero una valorizzazione della competenza raggiunta. I modelli selezionati dall’artista, non contengono nessuna strategia di persuasione sensoriale; l’apparente rifacimento della realtà può essere individuato come “imitazione”, mantenendo la propria autonomia testuale: l’artista vuole mantenere la distanza tra realtà e rappresentazione, fors’anche per sancire l’abilità interpretativa. Presenze naturalistiche, angoli domestici, mensole con oggetti diversi, costituiscono momenti di silenzio contemplativo, uno spirito fuori della realtà. I soggetti appartengono al quotidiano del tutto privo d’enfasi narrativa, Patrizia Rota dipinge senza troppi artifici, non mente, non simula, esprime la regola introiettandola naturalmente: la pennellata è compatta, lo spazio prospettico è ridotto, viene eliminata una qualsiasi azione; fonti luminose incerte o plurime, riflessi molteplici, creano interni dal cromatismo luminoso e talvolta acceso. Tra le pareti silenziose dello studio si compie il dialogo dell’artista tra oggetti e presenze naturali, istanti della vita, cercando una consistenza nell’imprendibile e incomunicabile esistenza umana

Aprile 2006 Alberto Boldini

COLLOQUI IN INTERNO.

Interrogare la luce, valutarne l’intensità misurandone le effrazioni in relazione all’incidenza atmosferica in un campo visivo raccolto, in cui l’aria pare prosciugarsi, negando moti e vibrazioni, per accogliere e rivelare nitide presenze vegetali: è la sfida pittorica quotidiana di Patrizia Rota. Tuttavia è anche la difficile scelta di affrontare il vero della realtà, senza diaframmi, nel rigore di un’indagine percettiva vigile, coltivata durante la frequentazione accademica torinese presso l’Albertina nell’ambito di quell’inconfondibile linguaggio sobrio ed essenziale che, da Boglione a Calandri a Saroni a Soffiantino, permea le generazioni artistiche del Secondo  Novecento, pur mai dimentiche delle quinte raggelate di Carrà e della rarefatta sospensione casoratiana. Lungo il decennio Novanta nuove problematiche affiorano nella ricerca pittorica di Patrizia Rota, incrinando certezze compositive ormai consolidate nel motivo dello scorcio naturalistico rielaborato in fitte sequenze di tersa chiarità tonale;  emozione lirica e tessitura cromatica si  compenetrano, preludendo ad una graduale interiorizzazione degli spazi boschivi rigogliosi e radure arboree rigeneranti, quasi soste consolatrici all’errante esistenza contemporanea. Quell’urgenza di fisicità atmosferica così tersa e catartica - non estranea alla tradizione novecentista di Eso Peluzzi, Cino Bozzetti e quanto mai perseguita dagli ultimi divisionisti alessandrini e rielaborata nelle stagioni chiariste lombarde tra le due guerre –  diviene complice nella recente ricerca di Patrizia Rota, conducendola a riappropriarsi del reale quotidiano, a ritagliarsi dimensioni circoscritte ( lo studio, il piano d’appoggio, la quinta di fondo) su cui costruire il proprio colloquio con oggetti domestici, ortaggi, frutta stagionali. Il ritrovare presenze minime, che sappiano attendere nella penombra della casa ed interroghino sui pensieri di giorni laboriosi, diviene un’occasione di verifica interiore, di sollecitazione ad assaporare, senza fretta, nuove linfe, misurandone le pennellate alla luce, distillandone sulla tela i succhi più preziosi. Si avvia così un cammino creativo inedito, governato da calibrature spaziali e serrate volumetrie, ma sorretto da salde conquiste tecniche che suggeriscono nuovi approdi espressivi. 

Settembre 2004 Marida Faussone

EMOZIONE E POESIA DELLA NATURA

Nella pittura di Patrizia Rota, si avverte il sentimento della natura che la circonda o di quella che l’ha circondata in altri momenti: anfratti, viali sterrati, percorsi fluviali, alberi, cespugli o fiori inattesi di giardini vibranti di emozioni. Costituiscono momenti esistenziali autentici, in cui l’artista ama perdersi e confondersi e, nei quali ama confondere la sua essenza e il suo desiderio di vita e vitalità. I paesaggi di Patrizia Rota, sono pervasi da vibrazioni di luce, i colori si smorzano e si rinfrancano nell’abile gioco delle combinazioni tonali e cromatiche. E’ una narrazione lieve, dove non compare mai la figura umana, pur cogliendone la presenza tra le pieghe del racconto che si rivela. L’artista partecipa al variare delle stagioni, alla miriadi di luci, colori, profumi, che rendono meno effimera la presenza umana. Lascia trapelare tra le voci e i rumori spenti, l’ansia di trovare i luoghi del proprio esistere, come il viottolo segnato dal passaggio dell’uomo. Una linea vitale di sospesa malinconia pervade le atmosfere che sono lo sfondo ritmico delle sue opere.

Novembre 2002 Franco Castelli

OSARE IL VERDE

Solo ad uno sguardo superficiale i quadri di Patrizia Rota possono sembrare semplici paesaggi; ad una considerazione più attenta, si scopre che sono il risultato di una opzione radicale, in un certo senso coraggiosa; Patrizia Rota sceglie il verde. E non è una scelta di retroguardia, ma di confine, dipingere il verde, colore principe di tutti i paesaggismi, senza ricorrere a stereotipi storicizzati, all'impressionismo del tocco o al tonalismo della macchia. Rota gioca invece con le sfumature del colore senza smarrire il senso concreto, quasi primitivo, dell'immagine: talvolta lo dispone ordinato in prati, fronde, cespugli, viali con una buona dose di personale naiveté; altre volte predilige orizzonti negati, schermi impenetrabili di boschi, come chi  preso coscienza del superamento delle leggi della modernità e preferisce abbracciare la tesi di una felicità cromatica che si appaga e romanticamente si smarrisce nella maestosità della natura. Nessuna presenza umana turba la vista, rari accenni a un passaggio, a un'azione che si è svolta o che può accadere e sempre minimizzati; minuscola l'altalena ai margini dell'alto bosco, quasi nascosti il cancelletto d'un giardino o il muro senza colore di una casa...Tra le note biografiche di questa autrice bisogna sottolineare gli studi all'Accademia di Belle Arti di Torino dove è stata allieva di Sergio Saroni, la lunga frequentazione dello studio di Francesco Tabusso, gli anni di insegnamento di Disegno e Storia dell'Arte, e poi la scelta di vivere in un casale tra le colline dell'Astigiano. Tutto ciò suggerisce altri spunti di lettura del suo lavoro: innanzitutto quello di una creatività che oggi vuole scorrere all'unisono con l'ambiente, in un'Isola felice,(Isola d'Asti si chiama il luogo dove risiede) nell'incanto di un orizzonte che la tavolozza sommessamente, come un diario, racconta. E ancora una volta è una scelta non scontata, ma meditata attraverso una lenta autocoscienza, dagli studi accademici al confronto con altre carismatiche realtà creative. Da questa simbiosi nascono quadri-messaggio, che testimoniano di una immersione senza riserve nel verde, segnali di un modo spirituale di vivere la contemporaneità prima ancora che discorso stilistico.Patrizia Rota compone questa sua elegia con dedizione totale e sincerità, dando sostanza pittorica a un "pensiero positivo" che si lascia alle spalle per il tempo di una gratificante visione i grigiori della realtà, e che si allinea alle più recenti istanze per una nuova naturalità.

12 marzo 1997   Daniela Bellotti

LA PITTURA, IL TEMPO E L’INGENUO

Ecco finalmente una pittrice autentica, lontana dal calcolo come da ogni assopimento per troppo amore per le emozioni. Patrizia Rota sa misurare e contenere lo spazio della pittura in un verace sentire senza per altro avvertirvi alcuna costrizione.
Sarà dunque, questa, una pittura in cui domina il colore ed un colore intensamente voluto secondo un'osservazione naturale compiuta e percepita in uno struggente sentimento del tempo. Il tempo infatti è signore e padrone in queste composizioni solo apparentemente improntate ad un disattento rifacimento del naturale.
Un sentimento del tempo, dicevo, inteso quale tentativo generoso di fermare sulla tela un'emozione rapinosa come un giorno d'autunno. Compariranno frutti di stagione, campi in colore, fronde rigogliose ricostruite in un amalgama cromatico che canta il dominio della sensazione su ogni rigore razionale.
Eppure come ogni sensazione importante, anche il fuggire del tempo è dall'autrice lungamente meditato e di sovente riproposto secondo schemi canonici che possiamo qui riassumere. Quasi fosse un telo o un vetro colorato o lenti poste per acuire la vista, un tonalismo soppesato quanto permette l'emozione avvolge nell'unico lembo della tela l'intero compositivo.
Si avranno, dunque, richiami continui tra i soggetti-oggetti dei quadro quasi la natura avesse un volto atteggiato ad un'unica espressione. E ancora distingueremo i dipinti in due o tre piani, secondo l'occasione. Un primo inteso quale luogo dell'osservatore oppure quale oggetto precipuo della composizione in cui ancora l'osservatore può immedesimarsi; un secondo costituito da un contro oggetto, quasi un pre-sfondo oltre il quale si staglia altissimo il terzo e ultimo piano: il cielo o la parete in efficace concordanza con quel primo popolato di frutti consumando, di noi stessi. E non abbiamo suddiviso così il quadro per amore di qualche spiegazione geometrizzante, ma per meglio illustrare quella interpretazione temporale che in principio giusticavamo come asserto.
Se nel primo piano, l'autrice immagina di vedere noi e se stessa, uomini, finire nel fruire delle cose, più oltre un ampio cielo o un fondo ancora indistinto eppure come nebuloso manifesta una fissità intensa. Nella natura morta compaiono frutti di stagione, ma su di un tavolo e in una stanza che non si apriva alla luce da anni. Così il cielo pare, nel giorno che passa, non avere mai fine.
E’ una pittura di tocco, questa, rapita nella rapidità del gesto ad un vivere Intenso le cose ed un vivere drammaticamente se stessi. Questa dunque è la magia e la particolare intuizione di Patrizia Rota, autrice inventiva, ma vicina ad una poesia del farsi più che del fare, ad una poesia cioè che tende a valutare le cose non per rappresentarle ma per sentirle. E averle rappresentate vuoi dire soltanto sentirle ancora. E soprattutto sentirne l'emozione.

ANGELO PANERAI
Da QUADRI & SCULTURE
febbraio-marzo 1996

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