L'ARTISTA | ||
Patrizia Rota, nata a Novi Ligure (AL), ha studiato con il maestro Sergio Saroni all'Accademia Albertina di Torino. Ha iniziato l' attività espositiva nel 1977 prima con collettive nella provincia di Alessandria, successivamente con varie personali a Genova nel 1979/82. Espone dal 1982/84 alla Galleria "Studio L" di Novi Ligure. Trasferitasi ad Asti nel 1986, continua l'attività artistica partecipando a diverse manifestazioni e collettive nell'ambito della provincia. Nel 1994 ha tenuto una personale presso il Centro Culturale "Cesare Pavese" di S. Stefano Belbo (CN). |
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Le sue recenti esposizioni personali sono state:
2010
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HANNO SCRITTO DI LEI |
VIAGGIO NELLA MAGIA DELLA NATURA:
Boschi visitati nella loro terrena meraviglia,
acque celate tra le foglie o ritratte nel mistero del loro fluire e,
successivamente ,chiome arboree più sfumate e diafane e il rosso
autunnale, esasperato e quasi trasparente nell’ultima rappresentazione
prima della morte invernale. Una pittura paesaggistica
che sembrava accentuare nel tempo una ricerca metafisica: questo, fino ad
un certo punto, il percorso di Patrizia Rota. Ma ecco irrompere nella
sua pittura la luce vivida delle nature morte. Mai aggettivo si è
rivelato tanto inadeguato a rappresentare i cachi deposti sull’umile
mensola di legno (“Diospiros”): pieni e carnosi catturano la luce e
essi stessi la emanano, come se emergessero dallo sfondo per sedurci a
gustare nella polpa scivolosa e zuccherina la vita profonda
dell’inverno. Ritorna con essi
l’infanzia al tavolo di cucina, la percezione delle gioie tangibili,
tattili: la superficie a tratti rasposa dei frutti e la deforme sfericità
che riempie il cavo della mano. C‘è una gioia intensa
negli umili frutti di una natura conosciuta e quotidiana: ci confortano le
pere “mostruose” (di gozzaniana memoria) accanto alla toma
matura che nella sua rugosità sprigiona le essenze della terra. Ma c’è
anche la malinconia del percorso al suo apice, perché nelle sensazioni
gustative e olfattive si consumerà e si estinguerà il piacere. Così in tutti
i quadri di
Patrizia Rota si coglie, nella luce che inonda i frutti, una nudità che
rivela la fragilità di ciò che è materiale. E allora la ricerca si
rinnova: l’uva bianca, che nell’umile cesto di legno imprigiona la
luce negli acini turgidi (“Sulla mensola”) appare su uno sfondo caldo
ma accentuato di ombre e, poi, si trasferisce sul tovagliolo drappeggiato
(“L’uva di Ester”) a divenire rappresentazione simbolica, come le
nespole sul drappo di seta e, ancora, l’uva e la zucca sulla colonna
parzialmente addobbata nell’ “Interno neoclassico”. Il cuore increspato delle
nespole, rivestite ancora delle foglie dipinte dall’autunno, ci richiama
alla natura, ma il drappo le pone oltre la stagione e le consegna alla
fruizione immateriale dell’arte. Così la rappresentazione
pittorica intende superare le scansioni dell’anno e del tempo, percorso
inevitabile verso la morte. E tale intento si svela
nei “Germogli di primavera”: sullo sfondo scuro (blu, però, non nero)
le cipolle, già trasformate e consunte nella loro essenza materiale,
rigenerano l’esistenza nei germogli verdi, brillanti, vividi, a
garantire la continuità della vita. Si crea, così,
nell’alternanza della vita e della morte un’esistenza percepita al di
là di questo limite, una vita che solo l’alchimia dell’arte può
realizzare. La zucca autunnale,
mostruosa e vitale nel suo profilo, mostra i semi del suo cuore spaccato
accanto ai pomodori turgidi e scivolosi di luce. Sul drappo le stagioni si
sono unite e la zucca, umile e cara alle favole dell’infanzia, rugosa
e ammaccata nel taglio ma calda nel colore, rinnova la nostra inesauribile
aspirazione a catturare il tempo e a unire in un indefinito presente le
stagioni che fuggono, le stagioni della nostra vita. Come si può osservare
anche nelle altre tele, c’è ancora ricerca metafisica nella pittura di
Patrizia Rota: ora si cela nella bellezza inquietante dei frutti e i
ritmi dell’anno e del tempo sono ricondotti dalla sua ispirazione
a una stagione ultratemporale, a una unica stagione del cuore. Forse la Pittrice è ben
rappresentata dalla peonia nella coppa di cristallo: trae la
vita dall’acqua e la emana nel colore che spicca sullo sfondo scuro,
esorcizzato dal luminosissimo piano d’appoggio; nella rappresentazione
sobria ed essenziale si crea l’armonia tra l’oscurità e la luce,
si coglie la segreta armonia dell’esistenza. Settembre 2007 Gabriella Cacciabue |
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UNA VOCE D'INFINITO
L'imprevedibile attimo dell'emozione, così è
l'opera d'arte, e per questa ragione all'artista è richiesta la sua
disponibilità a dare una risposta ai dubbi intimi dell'uomo. Il traguardo
della gioia di vivere resta impegnativo ed è irraggiungibile se l'uomo
non conosce il significato delle proprie inquietudini e dei propri dubbi.
Qui, la voce dell'artista si fa d'infinito, proprio perché la sua voce è
voce universale d'impegno morale, di risposta e di soluzione.
Il percorso nell'interiorità dell'artista tramandato
nei secoli dai “Suoni” di Kandinskij. E' con la consapevolezza di poter avvicinare l'uomo
al principio basilare della “gioia di vivere” che Patrizia Rota sa
cogliere ogni valore psicologico del colore ed è per questo che la sua
tavolozza è ricca di luminosità, di calde tonalità e di gioco
equilibrato nei contrasti di luci e di ombre. Ciò che si coglie nelle sue
opere è il costante, inflessibile controllo della qualità estetica e,
dunque, in esse si fondono classicismo carraccesco e realismo caravaggesco,
fusione che avvicina l'artista per valori morali, riflessività, rigorosità
ed equilibrio di contrasti a Guido Reni e per virtuosismo, capacità
di concentrazione, enigmatiche sfumature e varietà di toni a
Georges de La Tour e a Zurbaran. Ma Patrizia Rota sfugge ai cliché canonici delle
epoche e delle correnti; la sua arte non resta immobile: ieri, il
paesaggio; oggi, la natura morta; domani… chissà! La nostra artista non
ha confini nel trattare il colore. I suoi effetti di luce e di materia, il
cromatismo armonico, l'eloquenza delle sue pennellate, fanno di lei
un'artista che va al di fuori di ogni realismo, sia emiliano o lombardo o
veneziano o genovese, e che non è di appartenenza a nessuna scuola, né
spagnola né olandese né italiana. Lei è pittrice che non teme confronti, proprio per
la sua austera gamma cromatica, la sua luce intensa, la sua densità di
valori estetici e psicologici. Patrizia Rota è artista che sfugge a ogni
tentativo d'indagine, perché possiede la capacità di saper cogliere
nelle sue nature morte con l'uso di un suo esclusivo cromatismo
antitetico il fervore della vita un attimo prima del suo
disfacimento. La voce di questa nostra artista è la voce del realismo
silenzioso e dell'equilibrata armonicità delle forme. Ed è la voce dalle
misteriose tonalità dell'infinito. Infinito “Se mai ti ritrovassi/su questa terra/dai
mille colori,/davanti all'albero grigio/avvolto nell'urlo accorato/delle
rocce innevate,/ascolta in silenzio/la voce infinita degli abissi,/come
preghiera azzurra/di perdono”. Sono versi di una mia poesia di anni fa,
ed ora mi è caro accomunare alle opere di Patrizia Rota ciò che l'albero
grigio e spoglio di allora mi ha sussurrato in un chiaro giorno d'inverno.
Questi versi e le opere della pittrice sono l'incontro di anime che
cercano l'infinito nel silenzio, e non dimenticano; non dimenticano il
percorso difficile dell'uomo per arrivare alla meta della gioia di vivere.
Patrizia Rota raggiunge e fa raggiungere questa
meta con la luce rarefatta dei suoi colori, sfumati nelle tonalità
segrete dell'infinito. Agosto 2007 Enzo Schiavi |
NATURA IN POSA L’affettuosa familiarità degli oggetti apparentemente isolati nello spazio, sono l’esercizio tecnico che caratterizza l’interesse di Patrizia Rota per il tema della natura morta. Guardando con occhio più attento, esiste una poetica nell’esercizio tecnico, ovvero una valorizzazione della competenza raggiunta. I modelli selezionati dall’artista, non contengono nessuna strategia di persuasione sensoriale; l’apparente rifacimento della realtà può essere individuato come “imitazione”, mantenendo la propria autonomia testuale: l’artista vuole mantenere la distanza tra realtà e rappresentazione, fors’anche per sancire l’abilità interpretativa. Presenze naturalistiche, angoli domestici, mensole con oggetti diversi, costituiscono momenti di silenzio contemplativo, uno spirito fuori della realtà. I soggetti appartengono al quotidiano del tutto privo d’enfasi narrativa, Patrizia Rota dipinge senza troppi artifici, non mente, non simula, esprime la regola introiettandola naturalmente: la pennellata è compatta, lo spazio prospettico è ridotto, viene eliminata una qualsiasi azione; fonti luminose incerte o plurime, riflessi molteplici, creano interni dal cromatismo luminoso e talvolta acceso. Tra le pareti silenziose dello studio si compie il dialogo dell’artista tra oggetti e presenze naturali, istanti della vita, cercando una consistenza nell’imprendibile e incomunicabile esistenza umana Aprile 2006 Alberto Boldini |
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COLLOQUI IN INTERNO.
Interrogare la luce, valutarne l’intensità
misurandone le effrazioni in relazione all’incidenza atmosferica in un
campo visivo raccolto, in cui l’aria pare prosciugarsi, negando moti e
vibrazioni, per accogliere e rivelare nitide presenze vegetali: è la
sfida pittorica quotidiana di Patrizia Rota.
Tuttavia è anche la difficile scelta di affrontare
il vero della realtà, senza diaframmi, nel rigore di un’indagine
percettiva vigile, coltivata durante la frequentazione accademica torinese
presso l’Albertina nell’ambito di quell’inconfondibile linguaggio
sobrio ed essenziale che, da Boglione a Calandri a Saroni a Soffiantino,
permea le generazioni artistiche del Secondo Novecento, pur mai
dimentiche delle quinte raggelate di Carrà e della rarefatta sospensione
casoratiana.
Lungo il decennio Novanta nuove problematiche
affiorano nella ricerca pittorica di Patrizia Rota, incrinando certezze
compositive ormai consolidate nel motivo dello scorcio naturalistico
rielaborato in fitte sequenze di tersa chiarità tonale; emozione
lirica e tessitura cromatica si compenetrano, preludendo ad una
graduale interiorizzazione degli spazi boschivi rigogliosi e radure
arboree rigeneranti, quasi soste consolatrici all’errante esistenza
contemporanea.
Quell’urgenza di fisicità atmosferica così
tersa e catartica - non estranea alla tradizione novecentista di Eso
Peluzzi, Cino Bozzetti e quanto mai perseguita dagli ultimi divisionisti
alessandrini e rielaborata nelle stagioni chiariste lombarde tra le due
guerre – diviene complice nella recente ricerca di Patrizia Rota,
conducendola a riappropriarsi del reale quotidiano, a ritagliarsi
dimensioni circoscritte ( lo studio, il piano d’appoggio, la quinta di
fondo) su cui costruire il proprio colloquio con oggetti domestici,
ortaggi, frutta stagionali.
Il ritrovare presenze minime, che sappiano
attendere nella penombra della casa ed interroghino sui pensieri di giorni
laboriosi, diviene un’occasione di verifica interiore, di sollecitazione
ad assaporare, senza fretta, nuove linfe, misurandone le pennellate alla
luce, distillandone sulla tela i succhi più preziosi.
Si avvia così un cammino creativo inedito,
governato da calibrature spaziali e serrate volumetrie, ma sorretto da
salde conquiste tecniche che suggeriscono nuovi approdi espressivi.
Settembre 2004 Marida Faussone |
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EMOZIONE E POESIA DELLA NATURA
Nella pittura di Patrizia Rota, si avverte il sentimento della
natura che la circonda o di quella che l’ha circondata in altri
momenti: anfratti, viali sterrati, percorsi fluviali, alberi,
cespugli o fiori inattesi di giardini vibranti di emozioni.
Costituiscono momenti esistenziali autentici, in cui l’artista
ama perdersi e confondersi e, nei quali ama confondere la sua
essenza e il suo desiderio di vita e vitalità. I paesaggi di
Patrizia Rota, sono pervasi da vibrazioni di luce, i colori si
smorzano e si rinfrancano nell’abile gioco delle combinazioni
tonali e cromatiche. E’ una narrazione lieve, dove non compare
mai la figura umana, pur cogliendone la presenza tra le pieghe
del racconto che si rivela. L’artista partecipa al variare delle
stagioni, alla miriadi di luci, colori, profumi, che rendono
meno effimera la presenza umana. Lascia trapelare tra le voci
e i rumori spenti, l’ansia di trovare i luoghi del proprio
esistere, come il viottolo segnato dal passaggio dell’uomo.
Una linea vitale di sospesa malinconia pervade le atmosfere
che sono lo sfondo ritmico delle sue opere. Novembre 2002 Franco Castelli |
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OSARE IL VERDE Solo ad uno sguardo superficiale i quadri di Patrizia Rota possono sembrare semplici paesaggi; ad una considerazione più attenta, si scopre che sono il risultato di una opzione radicale, in un certo senso coraggiosa; Patrizia Rota sceglie il verde. E non è una scelta di retroguardia, ma di confine, dipingere il verde, colore principe di tutti i paesaggismi, senza ricorrere a stereotipi storicizzati, all'impressionismo del tocco o al tonalismo della macchia. Rota gioca invece con le sfumature del colore senza smarrire il senso concreto, quasi primitivo, dell'immagine: talvolta lo dispone ordinato in prati, fronde, cespugli, viali con una buona dose di personale naiveté; altre volte predilige orizzonti negati, schermi impenetrabili di boschi, come chi preso coscienza del superamento delle leggi della modernità e preferisce abbracciare la tesi di una felicità cromatica che si appaga e romanticamente si smarrisce nella maestosità della natura. Nessuna presenza umana turba la vista, rari accenni a un passaggio, a un'azione che si è svolta o che può accadere e sempre minimizzati; minuscola l'altalena ai margini dell'alto bosco, quasi nascosti il cancelletto d'un giardino o il muro senza colore di una casa...Tra le note biografiche di questa autrice bisogna sottolineare gli studi all'Accademia di Belle Arti di Torino dove è stata allieva di Sergio Saroni, la lunga frequentazione dello studio di Francesco Tabusso, gli anni di insegnamento di Disegno e Storia dell'Arte, e poi la scelta di vivere in un casale tra le colline dell'Astigiano. Tutto ciò suggerisce altri spunti di lettura del suo lavoro: innanzitutto quello di una creatività che oggi vuole scorrere all'unisono con l'ambiente, in un'Isola felice,(Isola d'Asti si chiama il luogo dove risiede) nell'incanto di un orizzonte che la tavolozza sommessamente, come un diario, racconta. E ancora una volta è una scelta non scontata, ma meditata attraverso una lenta autocoscienza, dagli studi accademici al confronto con altre carismatiche realtà creative. Da questa simbiosi nascono quadri-messaggio, che testimoniano di una immersione senza riserve nel verde, segnali di un modo spirituale di vivere la contemporaneità prima ancora che discorso stilistico.Patrizia Rota compone questa sua elegia con dedizione totale e sincerità, dando sostanza pittorica a un "pensiero positivo" che si lascia alle spalle per il tempo di una gratificante visione i grigiori della realtà, e che si allinea alle più recenti istanze per una nuova naturalità. 12 marzo 1997 Daniela Bellotti |
LA PITTURA, IL TEMPO E L’INGENUO
Ecco finalmente una pittrice autentica, lontana dal calcolo come da
ogni assopimento per troppo amore per le emozioni. Patrizia Rota sa
misurare e contenere lo spazio della pittura in un verace sentire senza
per altro avvertirvi alcuna costrizione. ANGELO PANERAI |
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