L’UMANESIMO E IL RINASCIMENTO

A partire dalla fine del ‘300 iniziò in Italia, con l’Umanesimo, una delle più grandi rivoluzioni culturali della storia. Se la cultura classica era servita nel Medioevo ad esprimere contenuti che le erano estranei, ora essa divenne modello di vita. Era stato Petrarca a proporre per primo la necessità di un ritorno agli autori antichi come esempi di virtù morale. Adesso si rintracciarono testi che si ritenevano perduti, si fecero grandi progressi nella conoscenza della lingua e della letteratura greca antiche, nacque con Valla la filologia. Un tema centrale dell’Umanesimo era quello della dignità dell’uomo e della rivalutazione dell’attività umana, cui si accompagnava una nuova visione dell’universo e una consapevolezza dei limiti dell’uomo. La visione umanistica si fondava su una profonda laicizzazione: le attività umane venivano ora valutate per se stesse indipendentemente da considerazioni metafisiche. L’Umanesimo permeò programmi e metodi d’insegnamento: una nuova pedagogia, fondata sullo sviluppo delle capacità critiche, portò all’abbandono dei metodi repressivi. Sul piano dei contenuti si affermò il carattere unitario della formazione (che comprendeva sia le discipline letterarie che le scienze della natura). All’Umanesimo si accompagnò la straordinaria fioritura delle arti e del pensiero cui si dà il nome di Rinascimento (termine che contiene l’idea di una rinascita dopo un Medioevo visto come epoca barbara e oscura). Nell’Italia di questo periodo, e soprattutto a Firenze, vi fu  una straordinaria concentrazione di ingegni, molti dei quali rivoluzionarono dalle fondamenta le loro discipline. E’ impossibile spiegare il fenomeno con una causa unica, ma occorre rifarsi ad un insieme di fattori: le condizioni di libertà delle città italiane, la concentrazione di attività artigianali “industriali”, lo sviluppo dello studio del diritto romano, la ricchezza di opere di autori antichi nelle biblioteche. Il fallimento della politica dell’equilibrio e l’invasione dell’Italia portarono, con Machiavelli e Guicciardini, ad una lucida indagine sui moventi che guidano l’operare degli uomini. Per Guicciardini la storia non è una elencazione di fatti ma una spiegazione intelligibile degli eventi umani. Machiavelli – la cui opera è alla base della riflessione politica moderna – cercò di individuare alcune leggi immutabili: gli uomini sono guidati soltanto dal proprio interesse, e dal loro agire è escluso ogni intervento divino; la virtù del politico consiste nella intelligenza dei comportamenti umani. Egli constatò l’assenza della morale nelle leggi che governano le azioni politiche ed esaltò la virtù come capacità di far prosperare lo Stato. La natura non fu più considerata come regno del peccato, bensì come splendida immagine di Dio. Benchè i progressi di una mentalità più razionale convivessero a lungo con credenze magiche, nel corso del Rinascimento si verificarono alcuni dei progressi fondamentali della scienza moderna; la teoria copernicana, ribaltando la posizione dell’uomo nell’universo, comportò anche una rivoluzione filosofica e mentale. La civiltà de Rinascimento fu opera di un gruppo assai ristretto di individui, la cui attività ebbe però importanza generale. Quasi unicamente maschile, questa èlite proveniva sostanzialmente da quattro regioni italiane. L’estrazione sociale dei suoi membri era varia, ma di fatto erano assenti gli ecclesiastici e i figli di contadini. Alla crescita economica dell’Italia si era accompagnata una parziale rivalutazione del lavoro dell’artigiano e dell’artista, sicché durante il Rinascimento la posizione sociale dell’artista conobbe però una notevole ascesa. Sebbene impregnata di valori laici, la cultura del Rinascimento non fu estranea alle problematiche religiose e rimase, nel complesso, all’interno di una concezione cristiana. Soprattutto nei paesi del nord Europa, i rapporti fra religione e cultura umanistica furono molto stretti. Nelle opere dell’olandese Erasmo da Rotterdam e dell’inglese Tommaso Moro si avverte l’esigenza di una conciliazione fra ragione e fede e di una nuova e più profonda religiosità. Il Rinascimento fu una rivoluzione culturale tanto più incisiva in quanto si accompagnò a una rivoluzione delle comunicazioni; questa ebbe inizio alla metà del ‘400  con l’invenzione della stampa da parte di Gutenberg, che aumentò enormemente il numero di libri in circolazione facendone calare i costi rispetto ai testi copiati dagli amanuensi. L’avvento della stampa trasformò profondamente le condizioni in cui i testi venivano prodotti e utilizzati: scomparvero gli errori nella versione di un testo dovuti alla ricopiatura, come scomparve la possibilità che un’opera andasse perduta per sempre; fu rafforzata l’introduzione di una mentalità sistematica con la diffusione dell’ordine alfabetico; la possibilità di disporre contemporaneamente e agevolmente di libri diversi favorì il confronto dei testi e dunque un modo di pensare più critico.

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